martedì 20 agosto 2013

Tamburi, anno 2013

Ilva, rispunta l’oblio

La legge in questione è il decreto “salva Ilva bis”, convertito appunto in legge il 4 agosto 2013. L’atto legislativo che, nei fatti, ha eliminato la figura del Garante ed ha rinviato l’attuazione, a decorrere dal 2 agosto, dei tempi tecnici previsti dall’Aia per la messa a norma degli impianti dello stabilimento Ilva di Taranto. Da allora, sembra essersi attenuata la morsa della cittadinanza sulle tematiche inerenti l’inquinamento ed i conseguenti lavori per l’ambientalizzazione del centro siderurgico tarantino.
Dopo oltre un anno dall’inizio dell’inchiesta “Ambiente svenduto” della Magistratura, nella quale la stessa ha additato la responsabilità di disastro ambientale alla famiglia Riva ed agli allora responsabili dell’Ilva, i Riva sono nuovamente a piede libero (in virtù del termine delle misure cautelative degli arresti domiciliari prima del processo) ed a Taranto, in particolar modo al quartiere Tamburi, si continua a morire per malattie correlate all’inquinamento.
A distanza di poche settimane dalla conversione in legge del decreto legge, abitanti e commercianti del quartiere Tamburi mostrano perplessità su come possa evolvere la situazione, se effettivamente si riuscirà a contemperare le ragioni dell’ambiente e della salute con quelle del lavoro e dell’occupazione.
A far aumentare i malumori anche le recenti dichiarazioni del commissario Ilva, Enrico Bondi, (seppure ridimensionate e smentite dal diretto interessato). Dichiarazioni, quelle secondo le quali l’alta mortalità a Taranto per tumore sarebbe correlata ad un maggiore abuso di alcol e tabacco, potrebbero indurre persone male informate a giungere alla conclusione che il quartiere in questione, dati alla mano sulla mortalità per tumore, sarebbe popolato da incalliti fumatori ed alcolisti sin dalla tenera età.
Al contrario, quello dei Tamburi è un quartiere di lavoratori, gente umile, abituata a convivere con la presenza del “Mostro” e costretta a subire, con rassegnazione, gli eventi.
Francesco Semeraro, proprietario di un’edicola in via Orsini, pensa che «andrà a finire tutto in una bolla di sapone». Intervistato sulle ragioni di questo silenzio calato sull’intera vicenda all’indomani delal conversione del decreto in legge, dichiara che «la classe politica tarantina ed il sindacato non hanno la forza di imporsi nei confronti di Riva, e la città è ostaggio di questo industriale. A ciò va aggiunto – prosegue – che la stampa sta mollando un po’ la presa, così come i cittadini, nei quali è subentrato un po’ di rassegnazione visto che, dopo tanto clamore, hanno notato che i risultati, ad oggi, non sono arrivati».
Nicoletta Lo Mazzo, commerciante di un noto panificio di via Galeso, riscontra, fra la sua clientela che «serpeggia del malumore, misto alla poca fiducia. Sono le solite cose – prosegue – che accadono qui da noi: cattiva amministrazione, poca partecipazione di queste nelle questioni importanti della città, che gravano sul cittadino che ha poco potere in queste cose». La sorella Nicoletta, alla domanda sulle cause di questo silenzio, ha una sua opinione ben precisa: “«Si è voluto mettere tutto a tacere; chi in passato si è arricchito le tasche con questa faccenda si è ora tirato indietro». Carmelo Di Maglie, proprietario di un conosciuto caseificio in via Galeso, sulla questione della minore attenzione riscontrata ultimamente dalle istituzioni e dall’Arpa nell’evidenziare le eventuali anomalie, sostiene che «in verità non c’è mai stato tutto questo daffare che dicono; l’Arpa e le istituzioni si sono sempre disinteressate della salute degli abitanti del quartiere e francamente non vedo differenze. Sì, se ne è parlato un po’ – prosegue – all’inizio della questione dell’inquinamento ma poi, tutto è rimasto com’era e così sarà. L’attenzione di noi cittadini è sempre alta sulla questione, il problema è che mai nessuno ci darà retta».
Ida, una casalinga del quartiere Tamburi, afferma il fatto che «una volta fatta la legge, tutto è caduto nel dimenticatoio. Spesso mi domando – sostiene – come mai, proprio adesso che i cittadini dovrebbero ribellarsi, si è bloccato tutto?».
Per Adele, giovane neolaureata del rione Tamburi, «in passato c’è stata l’intenzione di esprimere il proprio dissenso in modo pacifico. Visto che la popolazione – dichiara – una volta appreso che questi metodi non hanno fatto approdare a nessun risultato e dato che evidentemente la cittadinanza non sente ancora forte quella spinta per usare dei metodi più drastici al fin di riuscire ad essere ascoltata, le istituzioni approfittano di questa inerzia dei cittadini, succubi su queste tematiche». (Corgiorno)

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