Ilva, Rapporto Ambiente e Sicurezza 2010
Legambiente: “Ilva cita i nostri dati in modo omissivo e tendenzioso”
"È positivo che dopo anni di silenzio Ilva per il secondo anno presenti il suo rapporto ambientale, ma le citazioni dei nostri dati sono davvero omissive e tendenziose". È questo il commento sul contenuto del Rapporto Ambiente e Sicurezza 2010 di Ilva, presentato la scorsa settimana, che Legambiente esprime in una nota congiunta firmata da Stefano Ciafani, responsabile scientifico dell'associazione, Francesco Tarantini, presidente regionale, e Lunetta Franco, presidente del circolo di Taranto.
“Ilva nel suo secondo Rapporto - ricordano i tre dirigenti di Legambiente - riporta una grande mole di dati, molti dei quali, vale la pena sottolinearlo, di origine aziendale, che descrivono le performance dello stabilimento siderurgico di Taranto in seguito agli interventi impiantistici fatti negli ultimi anni. Ma abbiamo trovato davvero fuorviante la citazione dei dati della nostra campagna 'PM10 ti tengo d’occhio' in cui Taranto risulta essere al 62° posto tra le città capoluogo in Italia, informazione che, ovviamente, non smentiamo. Limitarsi infatti a citare quel dato è un modo furbesco di occultare il quadro che Legambiente negli ultimi anni ha delineato a proposito della situazione ambientale di Taranto, su cui gravano in modo rilevante le attività del polo siderurgico”.
Perché l’azienda non ha citato le informazioni contenute nel dossier “Mal’aria industriale” presentato a Taranto nel gennaio 2009 nel rione Tamburi dove erano appese ai balconi migliaia di lenzuola della nostra storica campagna anti-smog? In quel dossier Legambiente elaborò i dati riportati nel registro Ines sulle emissioni dei grandi impianti industriali relative al 2006 da cui risultava che lo stabilimento siderurgico tarantino era l’impianto più impattante in Italia per ben 10 inquinanti, per l'emissione in atmosfera di 32 tonnellate di Ipa (pari al 95% del totale nazionale delle emissioni dei grandi impianti industriali censiti dall’Ines), 92 grammi di diossine e furani (92%), 74 tonnellate di piombo (78%), 1,4 tonnellate di mercurio (57%), 231 tonnellate di benzene (42%), 366 kg di cadmio (42%), 4 tonnellate di cromo (31%), 540mila tonnellate di monossido di carbonio (80%), 43mila tonnellate di SOx (15%) e 30mila tonnellate di NOx (11%). Perché omettere la più recente classifica stilata la scorsa primavera da Legambiente, in occasione dell'approvazione della direttiva europea sulle emissioni dei grandi impianti industriali, elaborando quanto riportato dal nuovo registro E-Prtr (European pollutant release and transfer register)?
Secondo quella classifica, stilata sulla base di dati relativi al 2008, l'Ilva conserva sostanzialmente tutti i non invidiabili primati dell'Ines. Solo per citare alcuni dati, è il primo impianto in Italia per emissioni di monossido di carbonio (248mila tonnellate) e secondo in Europa (su un totale di 582 siti produttivi censiti a livello europeo), e' il primo impianto in Europa per emissioni di Pcb (31 kg circa) su un totale di 56 siti produttivi nei 27 paesi europei ed è il primo impianto emettitore di diossina nel nostro Paese (97 grammi) e il quinto in Europa (su un totale di 209 siti produttivi censiti). Certo dopo il 2008, grazie alla Legge regionale “antidiossina” sono stati effettuati interventi significativi per l’abbattimento delle emissioni di diossina, prima con l’impianto urea e poi con il sistema di iniezione di carbone negli elettrofiltri i cui effetti dovrebbero vedersi a partire dal prossimo anno, ma rimane il nodo irrisolto del tenore di ossigeno nei fumi oggetto delle misurazioni e del campionamento in continuo degli stessi che l’Ilva continua a procrastinare a data da destinarsi pur essendo esplicitamente previsto dalla legge regionale.
”Non crediamo sia utile fare allarmismo, ma descrivere Taranto come il Paese delle meraviglie è assolutamente inaccettabile - concludono Ciafani, Tarantini e Lunetta Franco - Sarebbe utile che da Ilva non arrivassero più segnali contraddittori: se infatti da una parte si fanno interventi sugli impianti, anche grazie alla pressione del popolo inquinato e degli enti locali, dall'altra non si contribuisce economicamente alla realizzazione della rete esterna di monitoraggio del benzo(a)pirene come invece hanno fatto Eni e Cementir. Un sistema di monitoraggio adeguato alle dimensioni dell’impianto tarantino e soprattutto controllato da un ente terzo come l’Arpa è l’unica garanzia per cittadini e lavoratori che gli interventi effettuati dall’Ilva siano realmente efficaci e inequivocabilmente misurabili. Ilva dimostri una volta per tutte di aver voltato pagina rispetto al passato, dotando l’impianto di agglomerazione del campionatore in continuo delle diossine e procedendo in tempi brevi ad ulteriori interventi impiantistici sulle cokerie, a prescindere dal colpo di spugna del decreto legislativo 155/2010, anche alla luce dei risultati preoccupanti delle elevate concentrazioni di benzo(a)pirene nell’aria ambiente dei primi mesi del 2010”.
L’ufficio stampa 328.7569809
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