mercoledì 6 aprile 2011

Fuga da Taranto

“Sono fuggito da Taranto per salvare la mia famiglia”

Taranto. Quartiere Tamburi. A poche decine di metri di distanza l’una dall’altra, una delle più grandi acciaierie d’Europa, l’Ilva dei fratelli Riva, la Cementir, le raffinerie Eni, gli inceneritori. Ovvero inquinamento dell’aria, dell’acqua e del suolo. In una sola parola, ‘veleni’: polveri e micro gocce di benzo(a)pirene ma anche un cocktail di PCB (policlorobifenili), diossine e furani che si accumulano nel suolo e nei campi. E’ di questo che ci si ammala e si muore a Taranto. Come ci racconta Francesco Fanelli. Francesco si trasferisce nel 1959, con i suoi genitori, nel rione Tamburi, perché lì, rispetto alla città nuova, era ancora possibile respirare aria buona e proprio lì venivano portati bambini affetti da problemi respiratori. Il 9 luglio 1960 però inizia quella che lui stesso definisce “la tragedia della mia famiglia”: viene posata la prima pietra del centro siderurgico. 1978: il padre di Francesco viene stroncato in soli sette mesi da un cancro ai polmoni. 1984: “incontro la bellissima ragazza che segnerà un altro capitolo importante della mia vita. Nasce subito l’amore”. Ma una forma tumorale rara, il Sarcoma di Ewing, in tre anni si porta via la compagna di Francesco. 1997: un tumore ai reni mette fine alla vita della madre di Francesco. Nel frattempo lui è riuscito a sposarsi e mettere al mondo due bambine. Il lavoro va a gonfie vele e con l’attuale moglie ristruttura casa. Quando la serenità sembra essere tornata, la famiglia di Francesco vive un momento terribile: la primogenita Annachiara si ammala di leucemia mieloide. Come lei tanti altri bambini del quartiere Tamburi. Francesco decide di lasciare, dopo 50 anni, Taranto. È costretto a svendere la sua casa appena ristrutturata, a causa del deprezzamento degli appartamenti del quartiere: tutti fuggono da lì, la vecchia oasi tarantina. Francesco e famiglia lasciano “quel quartiere nefasto per trasferirci a Leporano, un paese a 30 chilometri di distanza, il più lontano possibile da Ilva, Eni e Cementir, i tre ecomostri fatti sorgere da mani e menti improvvide. Non avrei mai immaginato di sottoscrivere alla mia età un mutuo di 100.000 euro da pagare in 20 anni”. Annachiara lotta contro la leucemia. Fino ad ottobre dovrà effettuare la terapia chemioterapica di mantenimento. Francesco ora però vuole sapere, conoscere la verità sulle neoplasie che hanno colpito suo padre, sua madre, la prima moglie e ora la figlia. Colletti bianchi, una parte di politica connivente e medici negazionisti vogliono gettare fumo su quella che Marco Pannella chiama “la strage dei popoli”, in questo caso una strage silente di innocenti, di bambini. PeaceLink, le associazioni di pediatri e la Società Chimica Italiana hanno spiegato cosa significa per un bambino respirare un nanogrammo di benzo(a)pirene a metro cubo. Equivale a fumare oltre 750 sigarette all’anno. Se poi si considera che il benzo(a)pirene è sempre associato ad altri cancerogeni, si arriva a un impatto equivalente a 2.750 sigarette annue. Nel solo biennio 2007-2008 l’Ilva, in base ai dati autocertificati dalla stessa azienda e comunicati al registro europeo E-PRTR (Registro europeo integrato delle emissioni e dei trasferimenti di sostanze inquinanti), ha immesso nell’aria che si respira a Taranto 6892 tonnellate di PM10, 3043 tonnellate di Ipa (Idrocarburi policiclici aromatici), 26601 tonnellate di ossidi di zolfo. Francesco è presidente dell’‘Associazione Tamburi 9 luglio 1960’ che, come altre associazioni ambientaliste e di malati di tumori e patologie croniche, si batte da anni perché le istituzioni pongano un freno all’avvelenamento della loro terra e chiede che i dati sulle patologie da inquinamento vengano resi noti. Con delibera di Giunta regionale n.1500 dell’Agosto 2008 è stato istituito il Registro Tumori Puglia. L’attività della Asl è iniziata a gennaio 2010. Tuttavia, ad oggi, ancora nessun risultato. Il dr. Sante Minerba, responsabile dell’Unità Operativa Statistica Epidemiologica della Asl 1 di Taranto e del gruppo di lavoro sui tumori, raggiunto telefonicamente, ha dichiarato: “I primi dati, relativi al triennio 2006-2008, saranno resi noti tra un paio di mesi. La maggiore difficoltà che si incontra in queste analisi è l’utilizzo dello stesso metodo di monitoraggio ed elaborazione dati utilizzati dagli altri gruppi di ricerca dell’Airtum (ndr Associazione Italiana Registro Tumori)”. Aspettando i dati, la gente continua ad ammalarsi e morire. Senza un perché.
Valentina Stella

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