Sabato 30 aprile dalle 19 in poi in piazza IV novembre a Lizzano
Tanta musica, condivisione e informazione sono gli ingredienti della serata di sensibilizzazione per la tutela all’ambiente e per i beni comuni dal titolo “Per la Nostra Terra” organizzata dall'associazione attivalizzano in collaborazione con il comitato provinciale "Cittadini di Taranto e Provincia in Mobilitazione", il Comitato Referendario "2 SI per l'Acqua Bene Comune Taranto" e il "Coordinamento Provinciale Antinucleare". Alcuni momenti di riflessione sulla strategia rifiuti zero, sulla riconversione del territorio e informazioni sui referendum del 12 aprile si alterneranno alla buona musica. sul palco saliranno i malarazza trio che a ritmo di tamburello apriranno la serata. subito dopo il giovane cantautore emanuele barbati e socio di attivalizzano ci farà ascoltare i suoi ultimi brani e il suo singolo scacco matto che impazza da circa un mese nei circuiti delle radio nazionali. per concludere il concerto del grande mimmo cavallo che per l'occasione torna ad esibirsi a lizzano, suo paese natale, con i suoi brani che l'hanno reso famoso anni fa. mimmo è noto per aver scritto canzoni per artisti italiani come Mia Martini, Mariella Nava, Gianni Morandi, Zucchero, Syria, Loredana Bertè, Ornella Vanoni, Al Bano, Fiorella Mannoia. suoi i testi degli ultimi singoli di zucchero fornaciari "vedo nero" e e di albano "gloria". emanuele avrà l'onore di eseguire alcuni brani del grande mimmo insieme all'autore: un connubio, dove, il talento di artisti di lizzano si sprigiona per lizzano e con lizzano.
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Associazione di Cittadini Attiva Lizzano
Via Canova 9, 74020 Lizzano (TA)
email: attivalizzano@gmail.com
http://cittadinanzaattivalizzano.blogspot.com/
venerdì 29 aprile 2011
giovedì 28 aprile 2011
San Raffaele del Mediterraneo, la sanità malata tra pubblico e privato
Venerdì 29 Aprile ore 18, alla Cooperativa Controra, via Acclavio 88, Taranto: Un altro punto di vista - Colloqui sul presente. 3° convegno.
Radio Popolare Salento, Associazione Arcinota, c.s. Cloro Rosso, Associazione Babele, Cooperativa Robert Owen e Associazione Labuat presentano:
"San Raffaele del Mediterraneo, la sanità malata tra pubblico e privato"
La Regione Puglia ha deciso di costruire a Taranto l’ospedale “San Raffaele del Mediterraneo”: sarà un progetto realizzato da una fondazione costituita dalla regione assieme al San Raffaele Monte Tabor di Don Luigi Verzè.
È un investimento per il quale la giunta ha già deliberato un finanziamento di 60 milioni di euro. La nascita del “San Raffaele del Mediterraneo” comporterà probabilmente la chiusura dei due ospedali pubblici tarantini, il Santissima Annunziata ed il Moscati.
Su tutto questo un gruppo di associazioni invitano a riflettere e a proporre.
Introduce e modera: Marcello Galati (Radio Popolare Salento).
Partecipano: Tonio D’angelo (Cittadinanza Attiva – medicina democratica), Mino Bellanova (segretario Prov. Funzione Pubblica CGIL), Silvana Stanzione (Coord. Reg. Tribunali di Diritti del Malato), Pasquale Convertino (Emergency Valle d’Itria) e Filomena Principale (Segr. CGIL). Venerdì 29 Aprile ore 18, Cooperativa CONTRORA, via Acclavio 88, Taranto. Ingresso libero.
EVENTO SU FACEBOOK:Ilva: cosa succederebbe in caso di incidente?
Comunicato stampa
La sentenza sulla ThyssenKrupp di Torino e i suoi riflessi su Taranto
“La speranza ha due bellissimi figli: lo sdegno e il coraggio. Il primo di fronte a come vanno le cose; il secondo per cambiarle” è la massima di Sant’Agostino di Ippona che ci è tornata in mente leggendo la lettera prot. n. 0005066 del 20.04.2011, pervenutaci il 26 da VVF - Direzione Regionale Puglia, sulle questioni del “Certificato Prevenzione Incendi” e del “nulla osta inerente il rischio di incidente rilevante” per lo stabilimento Ilva di Taranto.
Per il caso specifico da noi posto, è grande lo sdegno per come vanno le cose anche in un ambito importante che coinvolge le responsabilità dei Vigili del Fuoco, Soccorso Pubblico e Difesa Civile. Di contro, però, ci pare che scarseggi il coraggio di cambiare le cose.
Il tema merita di essere riassunto brevemente. Nel mare magnum delle norme italiane sulla sicurezza degli insediamenti industriali ci sono due capisaldi, il “Certificato Prevenzione Incendi” e il “nulla osta inerente il rischio di incidente rilevante”. Qualunque cittadino li comprende e li apprezza a scatola chiusa, certo che nessuno stabilimento può essere autorizzato a entrare in funzione e a restare in funzione se privo di entrambi quei documenti. Chiunque abbia avuto a che fare con l’installazione di un nuovo impianto ha constatato, e in fondo apprezzato, con quale serietà fattuale operino, in tali frangenti, le Istituzioni preposte. E quando in un impianto in esercizio capita un incidente, superata la fase del pronto intervento e dei soccorsi, i molteplici organismi di vigilanza e controllo vanno a “vedere le carte” e talvolta sono dolori per gli inadempienti. Bene, per ammissione della stessa Direzione Regionale Puglia VVF, constatiamo che lo stabilimento Ilva di Taranto è ancora privo di Certificato Prevenzione Incendi. Noi aggiungiamo che questo stato di cose dura da parecchi anni, prima ancora che iniziasse la procedura per l’ottenimento dell’AIA, come risulta dall’esame di due documenti ufficiali del Corpo dei VVF del 2008 e 2009, reperibili sul sito di Minambiente.
Da semplici cittadini non entriamo nel merito delle ragioni tecniche o burocratiche, esposte nella citata lettera della Direzione Regionale dei VVF, che hanno portato a questa situazione. Ci limitiamo a porre alcune domande da uomini della strada. Le varie Autorità di vigilanza e controllo (VVF, ASL/SPESAL, ISPESL, Ispettorato del lavoro, ARPA, NOE, Polizia provinciale, Polizia municipale, ecc.) e le Autorità competenti per i vari benestari e autorizzazioni (statali, regionali, provinciali, comunali) permetterebbero l’avvio e il funzionamento di un impianto pronto ma ancora privo di “CPI” e di “nulla osta inerente il rischio di incidente rilevante”? Possibile che non ci sia nessuna autorità tecnica, amministrativa, giudiziaria che senta il dovere civico, più ancora di quello professionale/istituzionale, di neutralizzare, per elementari motivi precauzionali, le ambiguità normative e l’insufficiente impegno dell’azienda su temi così importanti che consentono per anni l’esercizio di impianti privi di CPI e di nulla osta? E’ mai possibile che si lasci che un insediamento industriale enorme, complesso e pericoloso come lo stabilimento Ilva di Taranto, continui a funzionare senza che nessuno dica o faccia niente, pur essendo da anni privo di quei certificati, quasi a dimostrare che sono solo “pezzi di carta” di mera burocrazia, del tutto trascurabili?
Per parte nostra, in ambito AIA abbiamo già scritto alle Autorità interessate, informando anche il Procuratore della Repubblica di Taranto, che all’Ilva di Taranto deve essere negata l’AIA se priva di “CPI” e di “nulla osta inerente il rischio di incidente rilevante” e che lo stabilimento deve essere fermato immediatamente per il tempo necessario a metterlo a posto per la sicurezza dei lavoratori e dei cittadini, fermi restando tutti gli altri impegni per la riduzione dell’inquinamento ambientale che sono altrettanto importanti per la salute umana.
Giova a tal proposito ricordare la tragedia avvenuta alla ThyssenKrupp di Torino e il recentissimo e pesantissimo giudizio della Magistratura. Stando ai resoconti giornalistici, è stato accertato che “la ThyssenKrupp non aveva ancora il certificato di prevenzione incendi. I suoi manager prendevano tempo con i vigili del fuoco posticipando la data in cui effettuare una serie di interventi richiesti”. Inoltre, potranno “chiedere al tribunale civile la liquidazione del danno biologico” il sopravvissuto alla strage e “gli altri 33 operai costituitisi parte civile per il rischio corso in quello stabilimento, reso insicuro dalla politica aziendale, in vista della chiusura, di effettuarvi sempre meno manutenzione straordinaria degli impianti e ridurre a zero gli investimenti sulla sicurezza". Di eccezionale importanza sono le parti del giudizio che comportano sia l’apertura di una seconda indagine penale a carico di altre persone tra cui un ingegnere “che finisce nei guai per avere redatto l’ultimo piano di valutazione dei rischi”, sia una terza inchiesta “nei confronti di una buona parte degli ispettori ASL che dovevano vigilare, e non l’hanno fatto, sulle gravi carenze antinfortunistiche dello stabilimento”. A Torino la Magistratura ha sancito, ahimè a seguito di una tragedia, che il CPI e il “nulla osta inerente il rischio di incidente rilevante” non sono “pezzi di carta” burocratici di cui si può tranquillamente fare a meno. A Taranto non è così? Sarebbe terribile scoprirlo a seguito di un incidente che nessuno vorrebbe che si verificasse mai.
Altamarea, Coordinamento cittadini e associazioni, Taranto 27 aprile 2011
La sentenza sulla ThyssenKrupp di Torino e i suoi riflessi su Taranto
“La speranza ha due bellissimi figli: lo sdegno e il coraggio. Il primo di fronte a come vanno le cose; il secondo per cambiarle” è la massima di Sant’Agostino di Ippona che ci è tornata in mente leggendo la lettera prot. n. 0005066 del 20.04.2011, pervenutaci il 26 da VVF - Direzione Regionale Puglia, sulle questioni del “Certificato Prevenzione Incendi” e del “nulla osta inerente il rischio di incidente rilevante” per lo stabilimento Ilva di Taranto.
Per il caso specifico da noi posto, è grande lo sdegno per come vanno le cose anche in un ambito importante che coinvolge le responsabilità dei Vigili del Fuoco, Soccorso Pubblico e Difesa Civile. Di contro, però, ci pare che scarseggi il coraggio di cambiare le cose.
Il tema merita di essere riassunto brevemente. Nel mare magnum delle norme italiane sulla sicurezza degli insediamenti industriali ci sono due capisaldi, il “Certificato Prevenzione Incendi” e il “nulla osta inerente il rischio di incidente rilevante”. Qualunque cittadino li comprende e li apprezza a scatola chiusa, certo che nessuno stabilimento può essere autorizzato a entrare in funzione e a restare in funzione se privo di entrambi quei documenti. Chiunque abbia avuto a che fare con l’installazione di un nuovo impianto ha constatato, e in fondo apprezzato, con quale serietà fattuale operino, in tali frangenti, le Istituzioni preposte. E quando in un impianto in esercizio capita un incidente, superata la fase del pronto intervento e dei soccorsi, i molteplici organismi di vigilanza e controllo vanno a “vedere le carte” e talvolta sono dolori per gli inadempienti. Bene, per ammissione della stessa Direzione Regionale Puglia VVF, constatiamo che lo stabilimento Ilva di Taranto è ancora privo di Certificato Prevenzione Incendi. Noi aggiungiamo che questo stato di cose dura da parecchi anni, prima ancora che iniziasse la procedura per l’ottenimento dell’AIA, come risulta dall’esame di due documenti ufficiali del Corpo dei VVF del 2008 e 2009, reperibili sul sito di Minambiente.
Da semplici cittadini non entriamo nel merito delle ragioni tecniche o burocratiche, esposte nella citata lettera della Direzione Regionale dei VVF, che hanno portato a questa situazione. Ci limitiamo a porre alcune domande da uomini della strada. Le varie Autorità di vigilanza e controllo (VVF, ASL/SPESAL, ISPESL, Ispettorato del lavoro, ARPA, NOE, Polizia provinciale, Polizia municipale, ecc.) e le Autorità competenti per i vari benestari e autorizzazioni (statali, regionali, provinciali, comunali) permetterebbero l’avvio e il funzionamento di un impianto pronto ma ancora privo di “CPI” e di “nulla osta inerente il rischio di incidente rilevante”? Possibile che non ci sia nessuna autorità tecnica, amministrativa, giudiziaria che senta il dovere civico, più ancora di quello professionale/istituzionale, di neutralizzare, per elementari motivi precauzionali, le ambiguità normative e l’insufficiente impegno dell’azienda su temi così importanti che consentono per anni l’esercizio di impianti privi di CPI e di nulla osta? E’ mai possibile che si lasci che un insediamento industriale enorme, complesso e pericoloso come lo stabilimento Ilva di Taranto, continui a funzionare senza che nessuno dica o faccia niente, pur essendo da anni privo di quei certificati, quasi a dimostrare che sono solo “pezzi di carta” di mera burocrazia, del tutto trascurabili?
Per parte nostra, in ambito AIA abbiamo già scritto alle Autorità interessate, informando anche il Procuratore della Repubblica di Taranto, che all’Ilva di Taranto deve essere negata l’AIA se priva di “CPI” e di “nulla osta inerente il rischio di incidente rilevante” e che lo stabilimento deve essere fermato immediatamente per il tempo necessario a metterlo a posto per la sicurezza dei lavoratori e dei cittadini, fermi restando tutti gli altri impegni per la riduzione dell’inquinamento ambientale che sono altrettanto importanti per la salute umana.
Giova a tal proposito ricordare la tragedia avvenuta alla ThyssenKrupp di Torino e il recentissimo e pesantissimo giudizio della Magistratura. Stando ai resoconti giornalistici, è stato accertato che “la ThyssenKrupp non aveva ancora il certificato di prevenzione incendi. I suoi manager prendevano tempo con i vigili del fuoco posticipando la data in cui effettuare una serie di interventi richiesti”. Inoltre, potranno “chiedere al tribunale civile la liquidazione del danno biologico” il sopravvissuto alla strage e “gli altri 33 operai costituitisi parte civile per il rischio corso in quello stabilimento, reso insicuro dalla politica aziendale, in vista della chiusura, di effettuarvi sempre meno manutenzione straordinaria degli impianti e ridurre a zero gli investimenti sulla sicurezza". Di eccezionale importanza sono le parti del giudizio che comportano sia l’apertura di una seconda indagine penale a carico di altre persone tra cui un ingegnere “che finisce nei guai per avere redatto l’ultimo piano di valutazione dei rischi”, sia una terza inchiesta “nei confronti di una buona parte degli ispettori ASL che dovevano vigilare, e non l’hanno fatto, sulle gravi carenze antinfortunistiche dello stabilimento”. A Torino la Magistratura ha sancito, ahimè a seguito di una tragedia, che il CPI e il “nulla osta inerente il rischio di incidente rilevante” non sono “pezzi di carta” burocratici di cui si può tranquillamente fare a meno. A Taranto non è così? Sarebbe terribile scoprirlo a seguito di un incidente che nessuno vorrebbe che si verificasse mai.
Altamarea, Coordinamento cittadini e associazioni, Taranto 27 aprile 2011
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martedì 26 aprile 2011
L'acciaio "beve" acqua potabile!
Comunicato stampa
L’ACQUA DEL SINNI VADA ALL’AGRICOLTURA
E’ in atto un altro braccio di ferro tra Regione Puglia e Ilva SpA in merito all’uso dell’acqua del Sinni. Il problema viene da lontano: il progetto di sostituire nel Centro siderurgico l’acqua del Sinni con l’acqua affinata proveniente dall’impianto di depurazione Bellavista di Taranto stava andando in porto quasi una ventina di anni fa, quando la proprietà del siderurgico era pubblica e dichiarava di essere disponibile a farsi carico degli interessi della comunità. Sarebbe istruttivo, oggi, conoscere le vere ragioni che impedirono a quei tempi di realizzare il progetto, non tanto per indagare sull’ennesima “incompiuta” di questo territorio, quanto per sapere se le responsabilità del fallimento del progetto furono del “padrone pubblico” di Ilva, aduso anch’esso ad abusare di una certa posizione dominante pure nei confronti degli Enti Locali, oppure se a prevalere fu l’incartarsi di una burocrazia tentacolare, spesso in contrasto con il buon senso e con lo stesso bene pubblico che invece sarebbe suo compito tutelare ad ogni costo. Tornando all’attualità, pare che il “padrone privato” di Ilva intenda, legittimamente, avvalersi di contratti tuttora in vigore e, quindi, non recedere dalla sua posizione di chiusura ad ogni trattativa per modificare lo statu quo anche a rischio di pagare un’addizionale sull’acqua prelevata dalla Basilicata rispetto a quella dovuta agli agricoltori e per l’uso potabile. Ricordiamo, però, che l’Ilva non perde occasione per ripetere, a parole, che assolve alla propria responsabilità sociale mentre, nei fatti, si comporta come se fosse padrona dell’acqua prelevata dai fiumi, dal mare, come dell’aria che respiriamo tutti e del sottosuolo presente nella sua area di pertinenza. Chiediamo, per l’interesse pubblico, che si trovi il modo di indurre Ilva al rispetto, nei fatti, del fine sociale dell’impresa fissato dalla Costituzione Italiana, che si ottenga, cioè, che l’azienda intervenga nei costi della gestione da parte AQP dell’impianto di depurazione garantendosi implicitamente la qualità di quelle acque. A Ilva è stato dato tempo 60 giorni per “accettare la proposta della Regione Puglia di utilizzare per scopi industriali le acque provenienti dall’impianto di depurazione Bellavista di Taranto, liberando così le acque del Sinni da destinare alla diga del Pappadai, in cambio di un contributo fisso per la gestione dell’impianto”. Si tratta di cifre che modificano sensibilmente il bilancio plurimiliardario dell’azienda? O la resistenza negativa di Ilva è solo un altro modo di ricordare agli Enti Pubblici, soprattutto in momenti delicati come questi, quanto “pesa” l’azienda e quanto “conta” in alto loco?
In caso di perdurante risposta negativa o di non risposta da parte dell’azienda entro la scadenza fissata, ci aspettiamo uno scatto di dignità da parte delle Amministrazioni Pubbliche, che chiudano d’imperio i contatori e i rubinetti dai quali Ilva attinge l’acqua del Sinni, anche a costo di innescare l’ennesima lite giudiziaria in cui Ilva metterà in campo i suoi collaudatissimi avvocati, maestri nel trovare appigli giuridici che consentano comunque l’esercizio degli impianti come vogliono loro. L’auspicio è che finisca il tempo dell’uso indiscriminato del nostro territorio. Chiediamo alle Istituzioni locali e regionali di tenere ferma la loro posizione in difesa degli interessi del territorio e della dignità dei cittadini che amministrano.
Taranto 25 aprile 2011
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Altamarea, Coordinamento cittadini e associazioni
L’ACQUA DEL SINNI VADA ALL’AGRICOLTURA
E’ in atto un altro braccio di ferro tra Regione Puglia e Ilva SpA in merito all’uso dell’acqua del Sinni. Il problema viene da lontano: il progetto di sostituire nel Centro siderurgico l’acqua del Sinni con l’acqua affinata proveniente dall’impianto di depurazione Bellavista di Taranto stava andando in porto quasi una ventina di anni fa, quando la proprietà del siderurgico era pubblica e dichiarava di essere disponibile a farsi carico degli interessi della comunità. Sarebbe istruttivo, oggi, conoscere le vere ragioni che impedirono a quei tempi di realizzare il progetto, non tanto per indagare sull’ennesima “incompiuta” di questo territorio, quanto per sapere se le responsabilità del fallimento del progetto furono del “padrone pubblico” di Ilva, aduso anch’esso ad abusare di una certa posizione dominante pure nei confronti degli Enti Locali, oppure se a prevalere fu l’incartarsi di una burocrazia tentacolare, spesso in contrasto con il buon senso e con lo stesso bene pubblico che invece sarebbe suo compito tutelare ad ogni costo. Tornando all’attualità, pare che il “padrone privato” di Ilva intenda, legittimamente, avvalersi di contratti tuttora in vigore e, quindi, non recedere dalla sua posizione di chiusura ad ogni trattativa per modificare lo statu quo anche a rischio di pagare un’addizionale sull’acqua prelevata dalla Basilicata rispetto a quella dovuta agli agricoltori e per l’uso potabile. Ricordiamo, però, che l’Ilva non perde occasione per ripetere, a parole, che assolve alla propria responsabilità sociale mentre, nei fatti, si comporta come se fosse padrona dell’acqua prelevata dai fiumi, dal mare, come dell’aria che respiriamo tutti e del sottosuolo presente nella sua area di pertinenza. Chiediamo, per l’interesse pubblico, che si trovi il modo di indurre Ilva al rispetto, nei fatti, del fine sociale dell’impresa fissato dalla Costituzione Italiana, che si ottenga, cioè, che l’azienda intervenga nei costi della gestione da parte AQP dell’impianto di depurazione garantendosi implicitamente la qualità di quelle acque. A Ilva è stato dato tempo 60 giorni per “accettare la proposta della Regione Puglia di utilizzare per scopi industriali le acque provenienti dall’impianto di depurazione Bellavista di Taranto, liberando così le acque del Sinni da destinare alla diga del Pappadai, in cambio di un contributo fisso per la gestione dell’impianto”. Si tratta di cifre che modificano sensibilmente il bilancio plurimiliardario dell’azienda? O la resistenza negativa di Ilva è solo un altro modo di ricordare agli Enti Pubblici, soprattutto in momenti delicati come questi, quanto “pesa” l’azienda e quanto “conta” in alto loco?
In caso di perdurante risposta negativa o di non risposta da parte dell’azienda entro la scadenza fissata, ci aspettiamo uno scatto di dignità da parte delle Amministrazioni Pubbliche, che chiudano d’imperio i contatori e i rubinetti dai quali Ilva attinge l’acqua del Sinni, anche a costo di innescare l’ennesima lite giudiziaria in cui Ilva metterà in campo i suoi collaudatissimi avvocati, maestri nel trovare appigli giuridici che consentano comunque l’esercizio degli impianti come vogliono loro. L’auspicio è che finisca il tempo dell’uso indiscriminato del nostro territorio. Chiediamo alle Istituzioni locali e regionali di tenere ferma la loro posizione in difesa degli interessi del territorio e della dignità dei cittadini che amministrano.
Taranto 25 aprile 2011
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Altamarea, Coordinamento cittadini e associazioni
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sabato 23 aprile 2011
AIA Ilva: Tentativi di raggiro "alla romana"!
Lettera aperta, Prot. 017/2011 Taranto 21 aprile 2011
OGGETTO: AIA per Ilva Taranto – Riunione del Gruppo istruttore del 27 – 28 aprile
Abbiamo appreso che per il 27 – 28 aprile 2011 a Roma presso ISPRA è stata convocata la riunione del gruppo istruttore della commissione IPPC responsabile del “Parere istruttorio” nel procedimento relativo al rilascio o diniego dell’AIA per Ilva SpA stabilimento di Taranto.
All’OdG della riunione c’è l’audizione/confronto solo con il Gestore Ilva e non anche quello con AltaMarea, ARPA Puglia e Regione Puglia in merito alle osservazioni presentate sul “Parere” già espresso dalla Commissione e duramente contestato nella Conferenza dei Servizi del 22 febbraio 2011. Si sta organizzando un nuovo colpo di mano governativo, analogo a quello fatto a Ferragosto del 2010 sul benzo(a)pirene?
Ricordiamo innanzitutto al dr. Giuseppe Lo Presti, Presidente della Conferenza dei Servizi, nonché Responsabile Unico del Procedimento, che secondo il verbale della Conferenza dei Servizi del 22 febbraio, contro le perplessità manifestate dal legale di Ilva, la Conferenza, all’unanimità, deliberò che le “osservazioni presentate (NdR: da AltaMarea ed altre associazioni) debbano essere prese in esame puntualmente dalla Commissione IPPC, che dovrà esprimersi in merito”. Per agevolare l’esame delle numerose relazioni inviate in occasione della Conferenza dei Servizi del 22 febbraio 2011, AltaMarea ha trasmesso una sintesi delle principali tematiche trattate nelle relazioni (vedi lettera di AltaMarea prot. 016/2011 del 3.4.2011).
Al dr. Lo Presti ricordiamo anche che nella cartella distribuita in sede di Conferenza dei Servizi erano presenti i seguenti documenti di ARPA Puglia e Regione Puglia, tutti acquisiti dal Ministero dell’ambiente:
1) ARPA Puglia prot. 0008931 del 21.2.2011, nel quale l’Agenzia contesta le richieste formulate dal Gestore Ilva con nota DIR 12/2011 pervenuta al Ministero con prot. DVA – 2011 0002609 del 7/2/2011;
2) ARPA Puglia prot. 0008920 del 21.2 2011, nel quale l’Agenzia contesta il fatto che nel Parere istruttorio conclusivo della Commissione IPPC risultano non citate né esaminate le proprie note prot. 45900 del 23.12.2009 e prot. 1565 del 14.1.2010 ed evidenzia i 10 punti fondamentali che debbono “essere assicurati per il rilascio dell’AIA in ossequio ai principi fondamentali della normativa IPPC;
3) Regione Puglia fax prot. 134 del 16.2.2011, nel quale l’Assessore alla Qualità dell’ambiente della regione Puglia, quale comunicazione preliminare in vista della Conferenza di Servizi del 22 febbraio 2011, formula pesanti contestazioni al Ministero e alla Commissione IPPC per la difformità di comportamento nei confronti del Gestore del quale si prendono in esame con sollecitudine le osservazioni mentre le osservazioni della Regione vengono completamente ignorate;
4) ARPA Puglia prot. 1365 del 14.1.2010, nel quale l’Agenzia, a integrazione della nota prot. 45900 del 23.12.2009, allega documentazioni di fondamentale importanza per le determinazioni dell’Autorità Competente (Ministero dell’ambiente) in sede di rilascio dell’AIA allo stabilimento Ilva SpA di Taranto per evitare gravi fenomeni di inquinamento del mare;
5) ARPA Puglia prot. 45900 del 23.12.2009, nel quale l’Agenzia fornisce al Ministero, come da sua richiesta, le osservazioni al Parere ed al Piano di Monitoraggio e Controllo elaborati dalla Commissione IPPC e trasmessi al Ministero con nota DSA – 2009 – 0030259 del 12.11.2009;
6) ARPA Puglia – Rapporti di prova del 2008, nel quale l’Agenzia presenta i risultati di validazione per PCDD/E e PCB in campioni di top-soil. Dal confronto tra i rapporti di prova di ARPA e quelli del laboratorio del soggetto obbligato emerge che ci sono parecchi risultati molto difformi tra di loro.
A conclusione dei lavori del 22 febbraio in merito a “Parere istruttorio” e “Piano di monitoraggio e controllo”, “La Conferenza all’unanimità delibera di aggiornare i propri lavori, dando mandato alla Commissione IPPC di esaminare puntualmente, entro trenta giorni, quanto concordato in corso di seduta, eventualmente aggiornando il parere istruttorio conclusivo”.
Dal 22 febbraio ad oggi sono già passati due mesi contro i 30 giorni entro i quali la Commissione IPPC doveva ottemperare alle decisioni della Conferenza dei Servizi, passando attraverso tavoli tecnici e confronti vari. Nulla di tutto ciò è stato fatto. Non possiamo che ribadire il giudizio estremamente negativo nei confronti di questa commissione il cui comportamento complessivo è all’opposto di quello che prescrivono norme e direttive europee e relativi adeguamenti nazionali.
Chiediamo al dr. Lo Presti, Presidente della Conferenza dei Servizi nonché RUP, di intervenire con energia per far rispettare le decisioni collegiali da un organismo di semplice consulenza e supporto tecnici che, invece, opera ritenendo di poter fare quello che vuole solo perché è stato scelto e nominato direttamente dal ministro dell’ambiente, ignorando il fatto che anche i ministri devono rendere conto dell’operato proprio e di quello delle persone da essi nominate, non solo politicamente ma anche giuridicamente.
Noi riteniamo che la Conferenza di Servizi deve dare una spiegazione ben argomentata e puntuale, cioè punto per punto di ciascun documento da essa acquisito, sul perché la Commissione IPPC, di fatto, li ha ignorati finora.
Chiediamo che venga convocata immediatamente una riunione con tutti gli interessati per il confronto, alla luce del sole, sugli importantissimi problemi tecnici posti da AltaMarea, ARPA Puglia e Regione Puglia.
Nel contempo invitiamo i Sindaci di Taranto e Statte a dare precise istruzioni ai propri rappresentanti nel “Gruppo istruttore” perché facciano valere le prescrizioni contenute nella nota, con annessi allegati, del Comune di Taranto prot. 709 del 29 gennaio 2009, firmata congiuntamente dai Sindaci di Taranto e Statte e da 15 associazioni di volontariato e sottoscritta da 68 organizzazioni della provincia di Taranto, tutte in qualità di “pubblico interessato”. Tali documenti, regolarmente protocollati dal Ministero dell’ambiente (prot. DSA – 2009 – 0003214 del 12/2/2009 e prot. DSA – 2009 – 0004667 del 26/2/2009), sono stati ignorati dalla Commissione IPPC senza dare in merito alcuna motivazione.
Ci auguriamo vivamente che i cittadini di Taranto e provincia non siano traditi proprio dai loro amministratori.
AltaMarea
Al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare
Via Cristoforo Colombo 44 – 00147 ROMA
c.a. Dott. Giuseppe Lo Presti
FAX 06/57225068 e aia@pec.minambiente.it
Presidente della Regione Puglia
Presidente della Provincia di Taranto
Sindaco di Taranto
Sindaco di Statte
Direttore Generale ARPA Puglia
ISPRA (ex APAT )
Procuratore della Repubblica di Taranto
Redazioni di stampa e TV
Via Cristoforo Colombo 44 – 00147 ROMA
c.a. Dott. Giuseppe Lo Presti
FAX 06/57225068 e aia@pec.minambiente.it
Presidente della Regione Puglia
Presidente della Provincia di Taranto
Sindaco di Taranto
Sindaco di Statte
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ISPRA (ex APAT )
Procuratore della Repubblica di Taranto
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OGGETTO: AIA per Ilva Taranto – Riunione del Gruppo istruttore del 27 – 28 aprile
Abbiamo appreso che per il 27 – 28 aprile 2011 a Roma presso ISPRA è stata convocata la riunione del gruppo istruttore della commissione IPPC responsabile del “Parere istruttorio” nel procedimento relativo al rilascio o diniego dell’AIA per Ilva SpA stabilimento di Taranto.
All’OdG della riunione c’è l’audizione/confronto solo con il Gestore Ilva e non anche quello con AltaMarea, ARPA Puglia e Regione Puglia in merito alle osservazioni presentate sul “Parere” già espresso dalla Commissione e duramente contestato nella Conferenza dei Servizi del 22 febbraio 2011. Si sta organizzando un nuovo colpo di mano governativo, analogo a quello fatto a Ferragosto del 2010 sul benzo(a)pirene?
Ricordiamo innanzitutto al dr. Giuseppe Lo Presti, Presidente della Conferenza dei Servizi, nonché Responsabile Unico del Procedimento, che secondo il verbale della Conferenza dei Servizi del 22 febbraio, contro le perplessità manifestate dal legale di Ilva, la Conferenza, all’unanimità, deliberò che le “osservazioni presentate (NdR: da AltaMarea ed altre associazioni) debbano essere prese in esame puntualmente dalla Commissione IPPC, che dovrà esprimersi in merito”. Per agevolare l’esame delle numerose relazioni inviate in occasione della Conferenza dei Servizi del 22 febbraio 2011, AltaMarea ha trasmesso una sintesi delle principali tematiche trattate nelle relazioni (vedi lettera di AltaMarea prot. 016/2011 del 3.4.2011).
Al dr. Lo Presti ricordiamo anche che nella cartella distribuita in sede di Conferenza dei Servizi erano presenti i seguenti documenti di ARPA Puglia e Regione Puglia, tutti acquisiti dal Ministero dell’ambiente:
1) ARPA Puglia prot. 0008931 del 21.2.2011, nel quale l’Agenzia contesta le richieste formulate dal Gestore Ilva con nota DIR 12/2011 pervenuta al Ministero con prot. DVA – 2011 0002609 del 7/2/2011;
2) ARPA Puglia prot. 0008920 del 21.2 2011, nel quale l’Agenzia contesta il fatto che nel Parere istruttorio conclusivo della Commissione IPPC risultano non citate né esaminate le proprie note prot. 45900 del 23.12.2009 e prot. 1565 del 14.1.2010 ed evidenzia i 10 punti fondamentali che debbono “essere assicurati per il rilascio dell’AIA in ossequio ai principi fondamentali della normativa IPPC;
3) Regione Puglia fax prot. 134 del 16.2.2011, nel quale l’Assessore alla Qualità dell’ambiente della regione Puglia, quale comunicazione preliminare in vista della Conferenza di Servizi del 22 febbraio 2011, formula pesanti contestazioni al Ministero e alla Commissione IPPC per la difformità di comportamento nei confronti del Gestore del quale si prendono in esame con sollecitudine le osservazioni mentre le osservazioni della Regione vengono completamente ignorate;
4) ARPA Puglia prot. 1365 del 14.1.2010, nel quale l’Agenzia, a integrazione della nota prot. 45900 del 23.12.2009, allega documentazioni di fondamentale importanza per le determinazioni dell’Autorità Competente (Ministero dell’ambiente) in sede di rilascio dell’AIA allo stabilimento Ilva SpA di Taranto per evitare gravi fenomeni di inquinamento del mare;
5) ARPA Puglia prot. 45900 del 23.12.2009, nel quale l’Agenzia fornisce al Ministero, come da sua richiesta, le osservazioni al Parere ed al Piano di Monitoraggio e Controllo elaborati dalla Commissione IPPC e trasmessi al Ministero con nota DSA – 2009 – 0030259 del 12.11.2009;
6) ARPA Puglia – Rapporti di prova del 2008, nel quale l’Agenzia presenta i risultati di validazione per PCDD/E e PCB in campioni di top-soil. Dal confronto tra i rapporti di prova di ARPA e quelli del laboratorio del soggetto obbligato emerge che ci sono parecchi risultati molto difformi tra di loro.
A conclusione dei lavori del 22 febbraio in merito a “Parere istruttorio” e “Piano di monitoraggio e controllo”, “La Conferenza all’unanimità delibera di aggiornare i propri lavori, dando mandato alla Commissione IPPC di esaminare puntualmente, entro trenta giorni, quanto concordato in corso di seduta, eventualmente aggiornando il parere istruttorio conclusivo”.
Dal 22 febbraio ad oggi sono già passati due mesi contro i 30 giorni entro i quali la Commissione IPPC doveva ottemperare alle decisioni della Conferenza dei Servizi, passando attraverso tavoli tecnici e confronti vari. Nulla di tutto ciò è stato fatto. Non possiamo che ribadire il giudizio estremamente negativo nei confronti di questa commissione il cui comportamento complessivo è all’opposto di quello che prescrivono norme e direttive europee e relativi adeguamenti nazionali.
Chiediamo al dr. Lo Presti, Presidente della Conferenza dei Servizi nonché RUP, di intervenire con energia per far rispettare le decisioni collegiali da un organismo di semplice consulenza e supporto tecnici che, invece, opera ritenendo di poter fare quello che vuole solo perché è stato scelto e nominato direttamente dal ministro dell’ambiente, ignorando il fatto che anche i ministri devono rendere conto dell’operato proprio e di quello delle persone da essi nominate, non solo politicamente ma anche giuridicamente.
Noi riteniamo che la Conferenza di Servizi deve dare una spiegazione ben argomentata e puntuale, cioè punto per punto di ciascun documento da essa acquisito, sul perché la Commissione IPPC, di fatto, li ha ignorati finora.
Chiediamo che venga convocata immediatamente una riunione con tutti gli interessati per il confronto, alla luce del sole, sugli importantissimi problemi tecnici posti da AltaMarea, ARPA Puglia e Regione Puglia.
Nel contempo invitiamo i Sindaci di Taranto e Statte a dare precise istruzioni ai propri rappresentanti nel “Gruppo istruttore” perché facciano valere le prescrizioni contenute nella nota, con annessi allegati, del Comune di Taranto prot. 709 del 29 gennaio 2009, firmata congiuntamente dai Sindaci di Taranto e Statte e da 15 associazioni di volontariato e sottoscritta da 68 organizzazioni della provincia di Taranto, tutte in qualità di “pubblico interessato”. Tali documenti, regolarmente protocollati dal Ministero dell’ambiente (prot. DSA – 2009 – 0003214 del 12/2/2009 e prot. DSA – 2009 – 0004667 del 26/2/2009), sono stati ignorati dalla Commissione IPPC senza dare in merito alcuna motivazione.
Ci auguriamo vivamente che i cittadini di Taranto e provincia non siano traditi proprio dai loro amministratori.
AltaMarea
giovedì 21 aprile 2011
Un servizio chiarissimo! Inquinamento e spie!
7 maggio 2010. Meno di un anno fa.. Non è cambiato nulla!
Argomenti
centrali elettriche,
echelon,
Eni,
ILVA,
l'indiano,
raffineria
mercoledì 20 aprile 2011
Altoforno 4: il ritorno!
Ilva: in stabilimento Taranto riavviato dopo tre anni altoforno 4
Taranto, 20 apr. - (Adnkronos) - Riparte dopo tre anni dalla sua fermata l'Altoforno 4 dello stabilimento siderurgico Ilva di Taranto. Con la messa in esercizio di questo impianto, lo stabilimento Ilva di Taranto tornera' a marciare con quattro altiforni verso la piena capacita' produttiva. Alla cerimonia erano presenti le principali autorita': l'arcivescovo Benigno Papa, il sindaco Ippazio Stefano e il presidente della Provincia Gianni Florido. ''Ringrazio le autorita' presenti -commenta Emilio Riva, presidente Riva Fire- che hanno voluto partecipare alla riaccensione dell'Altoforno numero 4. Abbiamo investito 240 milioni di euro ma oggi possiamo dire di avere uno degli impianti piu' all'avanguardia a livello mondiale''. ''L'Altoforno 4 -commenta il direttore dello stabilimento Luigi Capogrosso- risponde alle migliori tecniche disponibili. Il completo rifacimento dell'impianto garantisce, infatti, un notevole risparmio energetico, un minor utilizzo di coke e fossili, oltre alla riduzione complessiva degli impatti ambientali. Oggi -conclude Capogrosso- sono tre gli altiforni con meno di dieci anni di vita, dimostrazione del livello di avanguardia tecnologica raggiunta in questi anni e di come l'azienda abbia investito per il futuro dello stabilimento''.
Taranto, 20 apr. - (Adnkronos) - Riparte dopo tre anni dalla sua fermata l'Altoforno 4 dello stabilimento siderurgico Ilva di Taranto. Con la messa in esercizio di questo impianto, lo stabilimento Ilva di Taranto tornera' a marciare con quattro altiforni verso la piena capacita' produttiva. Alla cerimonia erano presenti le principali autorita': l'arcivescovo Benigno Papa, il sindaco Ippazio Stefano e il presidente della Provincia Gianni Florido. ''Ringrazio le autorita' presenti -commenta Emilio Riva, presidente Riva Fire- che hanno voluto partecipare alla riaccensione dell'Altoforno numero 4. Abbiamo investito 240 milioni di euro ma oggi possiamo dire di avere uno degli impianti piu' all'avanguardia a livello mondiale''. ''L'Altoforno 4 -commenta il direttore dello stabilimento Luigi Capogrosso- risponde alle migliori tecniche disponibili. Il completo rifacimento dell'impianto garantisce, infatti, un notevole risparmio energetico, un minor utilizzo di coke e fossili, oltre alla riduzione complessiva degli impatti ambientali. Oggi -conclude Capogrosso- sono tre gli altiforni con meno di dieci anni di vita, dimostrazione del livello di avanguardia tecnologica raggiunta in questi anni e di come l'azienda abbia investito per il futuro dello stabilimento''.
martedì 19 aprile 2011
Settimana Santa all'ILVA!
INIZIATIVA DELL'ASSOCIAZIONE CENTROPUREIO DI MARTINA (BOTTEGA COMMERCIO EQUO E SOLIDALE- via della Valle). E' un Via Crucis alternativa, davanti ai cancelli dell'Ilva, per parlare dei 'poveri cristi' di oggi, che si ammalano e che muoiono, immolati sull'altare dell'industria. Marinella Marescotti
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Quando si giustifica la morte con l’ipocrita ragione di uno sviluppo necessario ed utile alla sussistenza di un territorio che usufruisce del lavoro per dar da mangiare alla sua gente...Quello è puro sotto-sviluppo.Tanti martinesi (oltre che tarantini) hanno usufruito dei veleni di quel contenitore puzzolente di ingiuste cause e hanno accettato, per dover mantenere una famiglia, che la morte ‘bianca’ se li portasse via.
Siamo tut...ti colpevoli se ancora oggi quel mostro è ancora lì che emette morte dalle sue ciminiere.Vogliamo provocare”una Settimana Santa fuori dalle porte dell’Ilva.
Per ricordare tutti coloro che non ci sono più, grazie ad uno sviluppo che continua a seminare diossina ovunque, da una ‘Riva all’altra’”delle nostre coste. Riprendiamoci un pezzo di storia, abbandonato al nostro ‘letargo’ da succubi dell’accettazione passiva.
Da lunedì santo a venerdì santo (18 aprile - 22 aprile) dalle 19:00 alle 23:00 di ogni sera, davanti ai cancelli dell'ILVA, sulla statale 100, chi vorrà veglierà, al calore di un fuoco discutendo di argomenti riguardanti l’ambiente, la salute, ma soprattutto le alternative da presentare a chi si aggrappa al solito latin-motiv: ‘E come si fa con quelli che ci lavorano?’.
Il venerdì sera dalle ore 19:00 ci sarà la ‘Via crucis dei misteri dell’Ilva.’.
Una buona scusa per i cattolici che vogliono vivere una settimana santa all’insegna di chi è morto e sta morendo per difendere il PIL di Taranto.
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Quando si giustifica la morte con l’ipocrita ragione di uno sviluppo necessario ed utile alla sussistenza di un territorio che usufruisce del lavoro per dar da mangiare alla sua gente...Quello è puro sotto-sviluppo.Tanti martinesi (oltre che tarantini) hanno usufruito dei veleni di quel contenitore puzzolente di ingiuste cause e hanno accettato, per dover mantenere una famiglia, che la morte ‘bianca’ se li portasse via.
Siamo tut...ti colpevoli se ancora oggi quel mostro è ancora lì che emette morte dalle sue ciminiere.Vogliamo provocare”una Settimana Santa fuori dalle porte dell’Ilva.
Per ricordare tutti coloro che non ci sono più, grazie ad uno sviluppo che continua a seminare diossina ovunque, da una ‘Riva all’altra’”delle nostre coste. Riprendiamoci un pezzo di storia, abbandonato al nostro ‘letargo’ da succubi dell’accettazione passiva.
Da lunedì santo a venerdì santo (18 aprile - 22 aprile) dalle 19:00 alle 23:00 di ogni sera, davanti ai cancelli dell'ILVA, sulla statale 100, chi vorrà veglierà, al calore di un fuoco discutendo di argomenti riguardanti l’ambiente, la salute, ma soprattutto le alternative da presentare a chi si aggrappa al solito latin-motiv: ‘E come si fa con quelli che ci lavorano?’.
Il venerdì sera dalle ore 19:00 ci sarà la ‘Via crucis dei misteri dell’Ilva.’.
Una buona scusa per i cattolici che vogliono vivere una settimana santa all’insegna di chi è morto e sta morendo per difendere il PIL di Taranto.
lunedì 18 aprile 2011
Basta potabile all'Ilva?
Puglia: assessore Regione, se Ilva indisponibile stop a lavori impianto depurazione acqua
(Adnkronos) - La riunione e' stata convocata perche' ''da un lato c'era la necessita' di rispondere all'Aqp, che si trova in una situazione di stallo con riferimento ad un appalto gia' aggiudicato per la realizzazione del depuratore e dall'altro di condividere con il tavolo l'intenzione di richiedere una modifica sul contributo ambientale, creando una differenziazione tra l'utilizzo irriguo, potabile ed industriale". "A questo punto - ha concluso Amati - ci siamo attribuiti 60 giorni, allo scadere dei quali muteremo, se nulla di nuovo sara' intervenuto, la destinazione delle quote per realizzazione dell'impianto, nella consapevolezza che questa ipotesi, e a causa della irragionevole posizione di Ilva, provocherebbe un duplice danno al territorio che la ospita, poiche', oltre al mutamento di destinazione delle risorse in favore di altri territori regionali, si generera' l'impossibilta' di liberare le risorse del Sinni in favore del potabile e dell'irriguo della provincia di Taranto, alla faccia dei cittadini, in generale, e degli agricoltori in particolare''.
(Adnkronos) - La riunione e' stata convocata perche' ''da un lato c'era la necessita' di rispondere all'Aqp, che si trova in una situazione di stallo con riferimento ad un appalto gia' aggiudicato per la realizzazione del depuratore e dall'altro di condividere con il tavolo l'intenzione di richiedere una modifica sul contributo ambientale, creando una differenziazione tra l'utilizzo irriguo, potabile ed industriale". "A questo punto - ha concluso Amati - ci siamo attribuiti 60 giorni, allo scadere dei quali muteremo, se nulla di nuovo sara' intervenuto, la destinazione delle quote per realizzazione dell'impianto, nella consapevolezza che questa ipotesi, e a causa della irragionevole posizione di Ilva, provocherebbe un duplice danno al territorio che la ospita, poiche', oltre al mutamento di destinazione delle risorse in favore di altri territori regionali, si generera' l'impossibilta' di liberare le risorse del Sinni in favore del potabile e dell'irriguo della provincia di Taranto, alla faccia dei cittadini, in generale, e degli agricoltori in particolare''.
venerdì 15 aprile 2011
Aria tarantina e modelli: uno studio importante
Uno studio di qualche anno fa sull'inquinamento atmosferico a taranto.
L'articolo presenta i risultati dei modelli di diespersione per le fonti inquinanti di Claudio Gariazzo di ISPESL
Esiste anche una report ispesl esteso presso ISPESL- Dipartimento Insediamenti Produttivi e Interazione con l'Ambiente. Analisi modellistica dell'inquinamento atmosferico di origine industriale e antropica nell'area di Taranto. Ed. TEXMAT ISBN 88-88748-14-8
Application of a Lag Rang Ian Particle Model to Taranto Area
L'articolo presenta i risultati dei modelli di diespersione per le fonti inquinanti di Claudio Gariazzo di ISPESL
Esiste anche una report ispesl esteso presso ISPESL- Dipartimento Insediamenti Produttivi e Interazione con l'Ambiente. Analisi modellistica dell'inquinamento atmosferico di origine industriale e antropica nell'area di Taranto. Ed. TEXMAT ISBN 88-88748-14-8
Application of a Lag Rang Ian Particle Model to Taranto Area
Giochiamoci la solidarietà!!!
La città di Taranto e la Tunisia sembrerebbero a prima vista due realtà del tutto distinte e separate: diverse culture, diversi continenti, divise da un mare che, anziché unire, segna un solco profondo tra due mondi distanti anni luce e diventa l’unica via di fuga da realtà drammatiche e teatro di quotidiani viaggi della speranza spesso finiti in tragedia.
Appunto, sembrerebbe. Qui non c’è la guerra civile e, nonostante la crisi economica, le condizioni di chi vive dall’altra parte del mare non sono certamente paragonabili alle nostre … ma c’è una cosa che ci lega a doppio filo con i migranti nordafricani: il bisogno di libertà e il rispetto per la dignità delle persone.
Libertà per vivere e libertà di esprimere le proprie opinioni senza il rischio di cadere in sanzioni, libertà di fuggire da una catastrofe umanitaria e libertà di seguire una propria passione al di là di cervellotiche ed anticostituzionali decisioni di palazzo.
Cosa ne sapevano i migranti tunisini che ad attenderli al varco di una terra che per loro rappresentava il sogno di una nuova vita avrebbero trovato proprio lui, lo “sceriffo padano”? cosa ne sapevano i migranti tunisini che, lasciata l’isola di Lampedusa, sarebbero finiti all’interno di pseudo-tendopoli costruite ad arte per indurli a scappare? Cosa ne sarebbe stato di loro senza la civile solidarietà degli abitanti della provincia jonica?
Lo “sceriffo padano”, chissà quanto inconsapevolmente, è riuscito nell’intento di far incontrare due realtà così diverse, ma così legate tra loro..e voi pensavate che ci saremmo lasciati sfuggire un’occasione del genere per dimostrare ancora una volta di che pasta siamo fatti?
Pensavate forse che la diversità di linguaggio avrebbe potuto essere un ostacolo? Nossignori: ciò che lo “sceriffo padano” vuole reprimere sarà lo strumento che ci unirà..un misero, pericolosissimo, pallone di cuoio e la voglia di inseguire un sogno e una passione. Tifosi rossoblu e migranti tunisini scenderanno in campo a Grottaglie, al campo "San Francesco de Geronimo", zona Monticelli il prossimo 16 aprile alle ore 16.00 per disputare un’amichevole di calcio dal sapore vagamente ribelle, ma straordinariamente civile .
La tifoseria tutta è invitata!
Tiriamo un CALCIO PER LA LIBERTA', LIBERTA’ PER IL CALCIO!
Appunto, sembrerebbe. Qui non c’è la guerra civile e, nonostante la crisi economica, le condizioni di chi vive dall’altra parte del mare non sono certamente paragonabili alle nostre … ma c’è una cosa che ci lega a doppio filo con i migranti nordafricani: il bisogno di libertà e il rispetto per la dignità delle persone.
Libertà per vivere e libertà di esprimere le proprie opinioni senza il rischio di cadere in sanzioni, libertà di fuggire da una catastrofe umanitaria e libertà di seguire una propria passione al di là di cervellotiche ed anticostituzionali decisioni di palazzo.
Cosa ne sapevano i migranti tunisini che ad attenderli al varco di una terra che per loro rappresentava il sogno di una nuova vita avrebbero trovato proprio lui, lo “sceriffo padano”? cosa ne sapevano i migranti tunisini che, lasciata l’isola di Lampedusa, sarebbero finiti all’interno di pseudo-tendopoli costruite ad arte per indurli a scappare? Cosa ne sarebbe stato di loro senza la civile solidarietà degli abitanti della provincia jonica?
Lo “sceriffo padano”, chissà quanto inconsapevolmente, è riuscito nell’intento di far incontrare due realtà così diverse, ma così legate tra loro..e voi pensavate che ci saremmo lasciati sfuggire un’occasione del genere per dimostrare ancora una volta di che pasta siamo fatti?
Pensavate forse che la diversità di linguaggio avrebbe potuto essere un ostacolo? Nossignori: ciò che lo “sceriffo padano” vuole reprimere sarà lo strumento che ci unirà..un misero, pericolosissimo, pallone di cuoio e la voglia di inseguire un sogno e una passione. Tifosi rossoblu e migranti tunisini scenderanno in campo a Grottaglie, al campo "San Francesco de Geronimo", zona Monticelli il prossimo 16 aprile alle ore 16.00 per disputare un’amichevole di calcio dal sapore vagamente ribelle, ma straordinariamente civile .
La tifoseria tutta è invitata!
Tiriamo un CALCIO PER LA LIBERTA', LIBERTA’ PER IL CALCIO!
I tarantini e l'aria...
'Mi manca l'aria' di Selenia Orzella
L'intervista all'autrice del romanzo
'Mi manca l'aria' di Selenia Orzella
Due profondi occhi neri da cui traspare tutta la dolcezza e la sensibilità di una ragazza di ventisei anni che si è dovuta scontrare troppo presto con il meschino gioco del destino e che non curante dei nostri sentimenti si diverte alle nostre spalle donandoci qualcosa per poi farcelo ripagare molto caro quando meno ce lo aspettiamo.
Sembra essere proprio il destino l'incosapevole protagonista del romanzo d'esordio della giovane ballerina e attrice tarantina Selenia Orzella "Mi manca l'aria"(edito da Alibrandi Editore Collana Clio, pag 160, prezzo E. 13.00). Un romanzo intenso e carico di emozioni dove la ragazza attraverso il personaggio di Rebecca narra la sua esperienza di vita, un percorso fatto di passioni, grandi soddisfazioni e non privo di momenti topici; in un attimo accade, infatti, l'impensabile: scompare suo padre, la persona per lei più importante.
Perdendo il suo unico e vero punto di riferimento, la giovane cade nello smarrimento più totale, riuscendo a superare questo suo disagio attraverso l'amore, l'amicizia e la generosità verso il prossimo. Saranno la donazione degli organi di suo padre e l'incontro con Andrea, a restituerle la vita, la voglia di lasciarsi andare, facendo fluire la sofferenza e accogliendola.
Un romanzo semplice e diretto, che senza tante aspettative, riesce a trattare temi importanti quale la morte e la donazione degli organi, facendo così capire che nella vita è possibile superare il dolore.
Selenia Orzella ha parlato del suo romanzo "Mi manca l'aria" al nostro giornale rilasciando la seguente intervista:
- Dopo aver iniziato la tua carriera come ballerina e proseguito con diverse esperienze nel mondo della recitazione, esordisci in libreria con il tuo primo romanzo "Mi manca l'aria". Come ti sei trovata nei panni di un'aspirante scrittrice? Dove ha preso vita questa tua necessità di mettere nero su bianco le tue emozioni?
In realtà io non ho mai ambito a fare la scrittrice, poichè ho sempre pensato che dovessero farlo coloro che hanno le giuste competenze. Questa opportunità mi si è presentata quando ho incontrato Fabio Salvatore, il mio attuale fidanzato, che dirigeva una collana per Aliberti Editore, conosceva la storia di mio padre mi ha proposto di scrivere qualcosa su questa mia esperienza. Da subito ho rifiutato perchè il mio desiderio non era quello di mettere in piazza le mie cose e, sopratutto, credevo di non esserne in grado, poi lui mi ha convinta esortandomi più volte a buttare giù qualcosa ed ho incominciato a scrivere, scoprendo poi che forse era davvero un metodo per tirar fuori quelle emozioni che tenevo dentro e diventare una terapia per superare il mio dolore.
- "Mi manca l'aria" racconta in maniera romanzata la tua esperienza di vita, per farlo ti sei avvalsa di una sorta di alter ego, la protagonista Rebecca. Perchè hai deciso di parlare attraverso questo personaggio?
La decisione di parlare attaverso il personaggio di Rebecca nasce dalla volontà di non scoprirmi completamente raccontando questa storia in prima persona. Anche se tutti gli altri nomi appartengono a persone realmente esistenti attraverso Rebecca, tutt'ora, mi risulta più facile parlare del mio romanzo senza sentirmi troppo coinvolta.
- Uno dei protagonisti incontrastati del tuo romanzo sembra essere il destino che si prende gioco della tua vita ponendoti di fronte all'improvvisa scomparsa di tuo padre, ma allo stesso modo ti permette anche di incontrare l'uomo che ti aiuterà a superare questo dolore. Innazitutto, credi nel destino? Quale posto gli riservi nella tua vita?
Credo moltissimo nel destino e sento che senza la sua esistenza non sarei arrivata dove sono adesso. Come si evince dal romanzo io ho vissuto lontano dalla mia famiglia sin da piccola e sono andata via di casa proprio perchè è stato il destino a volervo, visto che ben due persone nell'ambito della danza mi proposero di presentarmi ad una audizione a Roma. La prima volta rifiutai questa offerta mentre la seconda, pensando che forse questa era la mia strada, decisi di provare ed andò a buon fine. Comunque penso che il destino sia gestibile nel corso della nostra vita.
- Hai dichiarato che l'amore, l'amicizia, la generosità verso il prossimo sono le uniche chiavi per uscire dal tunnel. Quale di queste cosa ti ha aiutato maggiormente a riacquistare un po di serenità?
Tutte queste cose mi sono servite in qualche maniera ma penso che quella che abbia aiutato di più me e la mia famiglia sia stata l'amore verso il prossimo che ci ha spinto a fare un gesto importantissimo come quello di donare gli organi di mio padre. Per noi la donazione ha rappresentato la vera chiave per vincere un'esperienza dolorosissima come la morte di una persona cara. Importantissima è stata anche la presenza del mio fidanzato che è stata davvero illuminante: lui mi ha aiutato ad aprirmi verso gli altri ed in questo modo anche a superare il mio dolore.
- A proposito di generosità in questo romanzo hai parlato di uno dei più grandi atti di generosità quello della donazione degli organi. Cosa ti ha spinto al momento della scomparsa di tuo padre a dare il consenso per questa pratica? Hai prestato, inoltre, il tuo volto alla campagna dell'Aido (Associazione Italiana per la Donazione degli Organi) quale messaggio vuoi lanciare riguardo questo argomento?
Un valido supporto nel prendere questa importante decisione ci è arrivato da un medico presente nel reparto rianimazione, dove era ricoverato mio padre, che con la giusta sensibilità ed umanità ci ha spiegato in cosa consisteva realmente la donazione degli organi. Penso infatti che la decisione di non acconsentire all'espianto di alcune persone, derivi proprio dal fatto che nel nostro paese ci sia molta ignoranza in materia e a volte la proposta di donazione venga fatta dai medici in maniera sbagliata. Personalmente avevo deciso di fare questo gesto sin dal primo momento in cui mi è stato comunicato che presto avrebbero staccato la spina a mio padre, perchè secondo me rappresenta un atto di amore puro verso il prossimo.
- In quest'ultimo periodo hai unito alla passione per la danza anche quella per la recitazione, ottenendo in questo campo grandi consensi per la tua parte nel film di Alessandro Di Robilant "Mar Piccolo". Accetteresti se ti venisse proposto di portare la storia di questo tuo primo romanzo sul grande schermo? Visto il tuo coinvolgimento sceglieresti di interpretarla o preferiresti che fosse un'altra attrice a farlo?
Accetterei molto volentieri sarebbe un'esperienza fortissima ed emozionante. Proprio in questo periodo ho girato un cortometraggio per la regia di Anna Ferruzzo, basato proprio sul mio romanzo di cui sono protagonista. Nonostante sia stato difficilissimo sono davvero orgogliosa di questo lavoro.
- Ritornando a "Mar Piccolo" quest'opera narra di un quartiere particolare di Taranto, la tua città natale, anche se ormai sei diventata una romana d'adozione visto che ti sei trasferita nella Capitale all'età di dodici anni per frequentare l'Accademia Nazionale di Danza. A quale delle due città ti senti più legata? Un pregio e un difetto delle due città?
Una domanda molto difficile...penso di essere per metà tarantina e per metà romana. Taranto resterà sempre nel cuore: ci sono le mie origini e la mia famiglia, anche se purtroppo non la conosco bene come Roma e quindi mi sarebbe difficile viverci senza la presenza della mia famiglia. Per quanto riguarda pregi e difetti Taranto ha il grandissimo problema dell'inquinamento causato dalla fabbrica Ilva, che abbiamo voluto evidenziare anche con "Mar Piccolo", purtroppo senza alcun risultato da parte delle autorità e della popolazione stessa, mentre il suo pregio è il suo meraviglioso paesagigo. Invece il difetto di Roma è quello del traffico a qualsiasi ora del giorno; il pregio la sua maestosità in ogni quartiere c'è qualcosa da osservare ed imparare.
- Quale sono i tuoi progetti futuri?
In questo momento continuerò a promuovere il mio romanzo portandolo in diverse città del nostro paese, mentre in veste di attrice potrete seguirmi nella prossima serie de "Il commissario Rex", dove sarò la protagonista di un episodio in cui interpreto una ragazza punk sospettata di aver ucciso il proprio fidanzato.
Il trailer del film: http://www.youtube.com/watch?v=Lh-9iX0C9zE&feature=player_embedded
L'intervista all'autrice del romanzo
'Mi manca l'aria' di Selenia Orzella
Due profondi occhi neri da cui traspare tutta la dolcezza e la sensibilità di una ragazza di ventisei anni che si è dovuta scontrare troppo presto con il meschino gioco del destino e che non curante dei nostri sentimenti si diverte alle nostre spalle donandoci qualcosa per poi farcelo ripagare molto caro quando meno ce lo aspettiamo.
Sembra essere proprio il destino l'incosapevole protagonista del romanzo d'esordio della giovane ballerina e attrice tarantina Selenia Orzella "Mi manca l'aria"(edito da Alibrandi Editore Collana Clio, pag 160, prezzo E. 13.00). Un romanzo intenso e carico di emozioni dove la ragazza attraverso il personaggio di Rebecca narra la sua esperienza di vita, un percorso fatto di passioni, grandi soddisfazioni e non privo di momenti topici; in un attimo accade, infatti, l'impensabile: scompare suo padre, la persona per lei più importante.
Perdendo il suo unico e vero punto di riferimento, la giovane cade nello smarrimento più totale, riuscendo a superare questo suo disagio attraverso l'amore, l'amicizia e la generosità verso il prossimo. Saranno la donazione degli organi di suo padre e l'incontro con Andrea, a restituerle la vita, la voglia di lasciarsi andare, facendo fluire la sofferenza e accogliendola.
Un romanzo semplice e diretto, che senza tante aspettative, riesce a trattare temi importanti quale la morte e la donazione degli organi, facendo così capire che nella vita è possibile superare il dolore.
Selenia Orzella ha parlato del suo romanzo "Mi manca l'aria" al nostro giornale rilasciando la seguente intervista:
- Dopo aver iniziato la tua carriera come ballerina e proseguito con diverse esperienze nel mondo della recitazione, esordisci in libreria con il tuo primo romanzo "Mi manca l'aria". Come ti sei trovata nei panni di un'aspirante scrittrice? Dove ha preso vita questa tua necessità di mettere nero su bianco le tue emozioni?
In realtà io non ho mai ambito a fare la scrittrice, poichè ho sempre pensato che dovessero farlo coloro che hanno le giuste competenze. Questa opportunità mi si è presentata quando ho incontrato Fabio Salvatore, il mio attuale fidanzato, che dirigeva una collana per Aliberti Editore, conosceva la storia di mio padre mi ha proposto di scrivere qualcosa su questa mia esperienza. Da subito ho rifiutato perchè il mio desiderio non era quello di mettere in piazza le mie cose e, sopratutto, credevo di non esserne in grado, poi lui mi ha convinta esortandomi più volte a buttare giù qualcosa ed ho incominciato a scrivere, scoprendo poi che forse era davvero un metodo per tirar fuori quelle emozioni che tenevo dentro e diventare una terapia per superare il mio dolore.
- "Mi manca l'aria" racconta in maniera romanzata la tua esperienza di vita, per farlo ti sei avvalsa di una sorta di alter ego, la protagonista Rebecca. Perchè hai deciso di parlare attraverso questo personaggio?
La decisione di parlare attaverso il personaggio di Rebecca nasce dalla volontà di non scoprirmi completamente raccontando questa storia in prima persona. Anche se tutti gli altri nomi appartengono a persone realmente esistenti attraverso Rebecca, tutt'ora, mi risulta più facile parlare del mio romanzo senza sentirmi troppo coinvolta.
- Uno dei protagonisti incontrastati del tuo romanzo sembra essere il destino che si prende gioco della tua vita ponendoti di fronte all'improvvisa scomparsa di tuo padre, ma allo stesso modo ti permette anche di incontrare l'uomo che ti aiuterà a superare questo dolore. Innazitutto, credi nel destino? Quale posto gli riservi nella tua vita?
Credo moltissimo nel destino e sento che senza la sua esistenza non sarei arrivata dove sono adesso. Come si evince dal romanzo io ho vissuto lontano dalla mia famiglia sin da piccola e sono andata via di casa proprio perchè è stato il destino a volervo, visto che ben due persone nell'ambito della danza mi proposero di presentarmi ad una audizione a Roma. La prima volta rifiutai questa offerta mentre la seconda, pensando che forse questa era la mia strada, decisi di provare ed andò a buon fine. Comunque penso che il destino sia gestibile nel corso della nostra vita.
- Hai dichiarato che l'amore, l'amicizia, la generosità verso il prossimo sono le uniche chiavi per uscire dal tunnel. Quale di queste cosa ti ha aiutato maggiormente a riacquistare un po di serenità?
Tutte queste cose mi sono servite in qualche maniera ma penso che quella che abbia aiutato di più me e la mia famiglia sia stata l'amore verso il prossimo che ci ha spinto a fare un gesto importantissimo come quello di donare gli organi di mio padre. Per noi la donazione ha rappresentato la vera chiave per vincere un'esperienza dolorosissima come la morte di una persona cara. Importantissima è stata anche la presenza del mio fidanzato che è stata davvero illuminante: lui mi ha aiutato ad aprirmi verso gli altri ed in questo modo anche a superare il mio dolore.
- A proposito di generosità in questo romanzo hai parlato di uno dei più grandi atti di generosità quello della donazione degli organi. Cosa ti ha spinto al momento della scomparsa di tuo padre a dare il consenso per questa pratica? Hai prestato, inoltre, il tuo volto alla campagna dell'Aido (Associazione Italiana per la Donazione degli Organi) quale messaggio vuoi lanciare riguardo questo argomento?
Un valido supporto nel prendere questa importante decisione ci è arrivato da un medico presente nel reparto rianimazione, dove era ricoverato mio padre, che con la giusta sensibilità ed umanità ci ha spiegato in cosa consisteva realmente la donazione degli organi. Penso infatti che la decisione di non acconsentire all'espianto di alcune persone, derivi proprio dal fatto che nel nostro paese ci sia molta ignoranza in materia e a volte la proposta di donazione venga fatta dai medici in maniera sbagliata. Personalmente avevo deciso di fare questo gesto sin dal primo momento in cui mi è stato comunicato che presto avrebbero staccato la spina a mio padre, perchè secondo me rappresenta un atto di amore puro verso il prossimo.
- In quest'ultimo periodo hai unito alla passione per la danza anche quella per la recitazione, ottenendo in questo campo grandi consensi per la tua parte nel film di Alessandro Di Robilant "Mar Piccolo". Accetteresti se ti venisse proposto di portare la storia di questo tuo primo romanzo sul grande schermo? Visto il tuo coinvolgimento sceglieresti di interpretarla o preferiresti che fosse un'altra attrice a farlo?
Accetterei molto volentieri sarebbe un'esperienza fortissima ed emozionante. Proprio in questo periodo ho girato un cortometraggio per la regia di Anna Ferruzzo, basato proprio sul mio romanzo di cui sono protagonista. Nonostante sia stato difficilissimo sono davvero orgogliosa di questo lavoro.
- Ritornando a "Mar Piccolo" quest'opera narra di un quartiere particolare di Taranto, la tua città natale, anche se ormai sei diventata una romana d'adozione visto che ti sei trasferita nella Capitale all'età di dodici anni per frequentare l'Accademia Nazionale di Danza. A quale delle due città ti senti più legata? Un pregio e un difetto delle due città?
Una domanda molto difficile...penso di essere per metà tarantina e per metà romana. Taranto resterà sempre nel cuore: ci sono le mie origini e la mia famiglia, anche se purtroppo non la conosco bene come Roma e quindi mi sarebbe difficile viverci senza la presenza della mia famiglia. Per quanto riguarda pregi e difetti Taranto ha il grandissimo problema dell'inquinamento causato dalla fabbrica Ilva, che abbiamo voluto evidenziare anche con "Mar Piccolo", purtroppo senza alcun risultato da parte delle autorità e della popolazione stessa, mentre il suo pregio è il suo meraviglioso paesagigo. Invece il difetto di Roma è quello del traffico a qualsiasi ora del giorno; il pregio la sua maestosità in ogni quartiere c'è qualcosa da osservare ed imparare.
- Quale sono i tuoi progetti futuri?
In questo momento continuerò a promuovere il mio romanzo portandolo in diverse città del nostro paese, mentre in veste di attrice potrete seguirmi nella prossima serie de "Il commissario Rex", dove sarò la protagonista di un episodio in cui interpreto una ragazza punk sospettata di aver ucciso il proprio fidanzato.
Il trailer del film: http://www.youtube.com/watch?v=Lh-9iX0C9zE&feature=player_embedded
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giovedì 14 aprile 2011
Maxi amnistia per tutti gli ecocriminali
PROCESSO BREVE Approvata la norma “salva premier”. Ora con i tempi ridotti di prescrizione, in Italia rischiano 100mila procedimenti. Tra questi, i crolli dell’Aquila e le morti Eternit e all’Ilva
Alle 18 la maggioranza aveva già portato a casa il suo risultato. Con 306 sì e 288 no, la Camera ha approvato l’articolo 3 del disegno di legge sul processo breve, che introduce la prescrizione breve per gli incensurati. Si tratta della norma salva premier che consente di anticipare alla fine del 2011 lo stop del processo Mills per decorrenza dei termini. Beneficeranno della prescrizione breve una lunga serie di reati. Tra questi abuso d’ufficio, truffa semplice e aggravata, sfruttamento della prostituzione, corruzione in atti giudiziari, omicidio colposo. Ieri, il Pdl ha bocciato un emendamento presentato da Pd, Idv e Fli che stralciava dalla legge sul processo breve i reati legati a stragi come quella dell’Aquila, a Viareggio e al traghetto del Moby Prince. A rischio ci sono 100 mila procedimenti giudiziari in corso. I Verdi hanno presentato un dossier sui più importanti processi in materia ambientale, che rischiano di saltare. «Si avrà una vera e propria amnistia per gli ecocriminali, per gli abusi edilizi e per i reati legati al ciclo dei rifiuti è l’allarme che lancia il presidente dei Verdi Angelo Bonelli.
La casa dello studente
La notte del sisma del 6 aprile la Casa dello studente si sbriciolò, collassando su stessa. Il crollo fermò la vita a 8 giovani. «Se si fosse costruita meglio, non sarebbe crollata nonostante il terremoto », ha affermato qualche settimana fa il procuratore nazionale antimafia Pietro Grasso. La Procura dell’Aquila ha chiesto il rinvio a giudizio per 11 persone. Quasi tutti tecnici, sotto inchiesta per la violazione di leggi antisismiche, per non aver svolto correttamente le verifiche periodiche e per non aver effettuato prove di stabilità in seguito alle ristrutturazioni che ha subito negli anni la Casa dello Studente. Tre di loro sono indagati per non aver vigiliato sulla rispondenza dell’edificio alla destinazione e per non aver controllato l’adeguatezza statica dell’edificio. Nei pilastri dello stabile sono state trovate evidenti infiltrazioni d’acqua. L’accusa nei loro confronti è omicidio colposo, disastro colposo e lesioni. Le indagini sono partite due anni fa, ma il procedimento è ancora fermo all’udienza preliminare. L’ultima si è tenuta lo scorso 5 marzo e la prossima si terrà a novembre. Secondo le stime il verdetto del gup sui rinvii a giudizi dovrebbe arrivare a metà del prossimo anno. Ieri, durante le votazioni per il processo breve, i familiari delle vittime del crollo Casa dello studente hanno manifestato davanti a Montecitorio: «Se dovesse passare questa legge, i morti che oggi qui rappresentiamo saranno uccise per la seconda volta», è l’accusa lanciata dalla portavoce dei parenti delle vittime.
Il processo Eternit
In un solo colpo cadrebbero in prescrizione tutti e quattro i procedimenti aperti a carico del gruppo dirigente della Eternit. 2889 sono le persone lese dall’industria tedesca. Gli imputati che rischiano l’annullamento del processo grazie alla prescrizione breve sono il miliardario svizzero Stephan Schmidheiny e il barone belga Louis De Cartier. Sono infatti i «‘responsabili effettivi» di Eternit spa e, secondo i pm, sono i responsabili delle morti provocate dall’amianto lavorato nei quattro stabilimenti italiani della multinazionale: Casale Monferrato (Alessandria), Cavagnolo (Torino), Rubiera (Reggio Emilia) e Bagnoli (Napoli). L’accusa nei loro confronti, sostenuta dalla Procura di Torino, è disastro doloso e omicidio colposo. Alla fine delle indagini preliminari del primo procedimento aperto contro Eternit, il capo d’accusa elencava 2.191 morti (di cui 1.649 a Casale Monferrato e 386 a Bagnoli) e 665 malati, ma il conto deve essere purtroppo aggiornato settimanalmente. Da 2008 a oggi sono più di mille le morti causate dal contatto con l’amianto. Al processo ci sono costituiti parte civile 6392 persone. Il primo processo è partito il 10 dicembre del 2009.
L’Ilva
A Taranto più di trenta alti dirigenti dell’impianto siderurgico più grande d’Europa hanno procedimenti giudiziari in corso per omicidio colposo, omissione di cautele e difese contro gli infortuni. Richieste di risarcimento milionarie sono state presentate dai familiari di decine di operai morti mentre lavoravano all’interno dell’Ilva. Secondo i magistrati, gli imputati e gli indagati non avrebbero informato adeguatamente i dipendenti sulle sui rischi reali che la loro salute stava correndo a causa delle sostante e delle polveri con cui erano costretti a entrare in contatto. Le varie inchieste coprono un arco di tempo di oltre 35 anni. Lo scorso anno gli eredi di dieci di operai dell’Ilva sono stati risarciti nell’ambito di un processo a carico di 19 ex dirigenti dell’industrai siderurgica, accusati di omicidio colposo e lesioni colpose in relazione a diversi casi di lavoratori deceduti o che hanno contratto gravi malattie lavorando a contatto con sostanze cancerogene. Con il processo breve questa possibilità sarebbe negate a decine di altre famiglie.
Emergenza rifiuti
Potrebbero infine saltare anche alcune delle inchieste più importanti sull’emergenza rifiuti campana. Il processo maggiormente a rischio prescrizione è quello denominato Rompiballe, che vede imputati 25 persone, tra cui l’ex presidente della Regione Antonio Bassolino, i dirigenti di Impregilo e Marta Di Gennaro, ex braccio destro di Bertolaso.
Terranews
Alle 18 la maggioranza aveva già portato a casa il suo risultato. Con 306 sì e 288 no, la Camera ha approvato l’articolo 3 del disegno di legge sul processo breve, che introduce la prescrizione breve per gli incensurati. Si tratta della norma salva premier che consente di anticipare alla fine del 2011 lo stop del processo Mills per decorrenza dei termini. Beneficeranno della prescrizione breve una lunga serie di reati. Tra questi abuso d’ufficio, truffa semplice e aggravata, sfruttamento della prostituzione, corruzione in atti giudiziari, omicidio colposo. Ieri, il Pdl ha bocciato un emendamento presentato da Pd, Idv e Fli che stralciava dalla legge sul processo breve i reati legati a stragi come quella dell’Aquila, a Viareggio e al traghetto del Moby Prince. A rischio ci sono 100 mila procedimenti giudiziari in corso. I Verdi hanno presentato un dossier sui più importanti processi in materia ambientale, che rischiano di saltare. «Si avrà una vera e propria amnistia per gli ecocriminali, per gli abusi edilizi e per i reati legati al ciclo dei rifiuti è l’allarme che lancia il presidente dei Verdi Angelo Bonelli.
La casa dello studente
La notte del sisma del 6 aprile la Casa dello studente si sbriciolò, collassando su stessa. Il crollo fermò la vita a 8 giovani. «Se si fosse costruita meglio, non sarebbe crollata nonostante il terremoto », ha affermato qualche settimana fa il procuratore nazionale antimafia Pietro Grasso. La Procura dell’Aquila ha chiesto il rinvio a giudizio per 11 persone. Quasi tutti tecnici, sotto inchiesta per la violazione di leggi antisismiche, per non aver svolto correttamente le verifiche periodiche e per non aver effettuato prove di stabilità in seguito alle ristrutturazioni che ha subito negli anni la Casa dello Studente. Tre di loro sono indagati per non aver vigiliato sulla rispondenza dell’edificio alla destinazione e per non aver controllato l’adeguatezza statica dell’edificio. Nei pilastri dello stabile sono state trovate evidenti infiltrazioni d’acqua. L’accusa nei loro confronti è omicidio colposo, disastro colposo e lesioni. Le indagini sono partite due anni fa, ma il procedimento è ancora fermo all’udienza preliminare. L’ultima si è tenuta lo scorso 5 marzo e la prossima si terrà a novembre. Secondo le stime il verdetto del gup sui rinvii a giudizi dovrebbe arrivare a metà del prossimo anno. Ieri, durante le votazioni per il processo breve, i familiari delle vittime del crollo Casa dello studente hanno manifestato davanti a Montecitorio: «Se dovesse passare questa legge, i morti che oggi qui rappresentiamo saranno uccise per la seconda volta», è l’accusa lanciata dalla portavoce dei parenti delle vittime.
Il processo Eternit
In un solo colpo cadrebbero in prescrizione tutti e quattro i procedimenti aperti a carico del gruppo dirigente della Eternit. 2889 sono le persone lese dall’industria tedesca. Gli imputati che rischiano l’annullamento del processo grazie alla prescrizione breve sono il miliardario svizzero Stephan Schmidheiny e il barone belga Louis De Cartier. Sono infatti i «‘responsabili effettivi» di Eternit spa e, secondo i pm, sono i responsabili delle morti provocate dall’amianto lavorato nei quattro stabilimenti italiani della multinazionale: Casale Monferrato (Alessandria), Cavagnolo (Torino), Rubiera (Reggio Emilia) e Bagnoli (Napoli). L’accusa nei loro confronti, sostenuta dalla Procura di Torino, è disastro doloso e omicidio colposo. Alla fine delle indagini preliminari del primo procedimento aperto contro Eternit, il capo d’accusa elencava 2.191 morti (di cui 1.649 a Casale Monferrato e 386 a Bagnoli) e 665 malati, ma il conto deve essere purtroppo aggiornato settimanalmente. Da 2008 a oggi sono più di mille le morti causate dal contatto con l’amianto. Al processo ci sono costituiti parte civile 6392 persone. Il primo processo è partito il 10 dicembre del 2009.
L’Ilva
A Taranto più di trenta alti dirigenti dell’impianto siderurgico più grande d’Europa hanno procedimenti giudiziari in corso per omicidio colposo, omissione di cautele e difese contro gli infortuni. Richieste di risarcimento milionarie sono state presentate dai familiari di decine di operai morti mentre lavoravano all’interno dell’Ilva. Secondo i magistrati, gli imputati e gli indagati non avrebbero informato adeguatamente i dipendenti sulle sui rischi reali che la loro salute stava correndo a causa delle sostante e delle polveri con cui erano costretti a entrare in contatto. Le varie inchieste coprono un arco di tempo di oltre 35 anni. Lo scorso anno gli eredi di dieci di operai dell’Ilva sono stati risarciti nell’ambito di un processo a carico di 19 ex dirigenti dell’industrai siderurgica, accusati di omicidio colposo e lesioni colpose in relazione a diversi casi di lavoratori deceduti o che hanno contratto gravi malattie lavorando a contatto con sostanze cancerogene. Con il processo breve questa possibilità sarebbe negate a decine di altre famiglie.
Emergenza rifiuti
Potrebbero infine saltare anche alcune delle inchieste più importanti sull’emergenza rifiuti campana. Il processo maggiormente a rischio prescrizione è quello denominato Rompiballe, che vede imputati 25 persone, tra cui l’ex presidente della Regione Antonio Bassolino, i dirigenti di Impregilo e Marta Di Gennaro, ex braccio destro di Bertolaso.
Terranews
lunedì 11 aprile 2011
Maori Maggiori tra i Minori a Taranto
“Non erano altro che persone che se ne stavano per conto loro. Anche se erano accoppiate, anche quando si accoppiavano, non erano altro che persone che se ne stavano per conto loro. Ma quando erano tutte insieme diventavano il cuore, i muscoli e il cervello di qualcosa di pericoloso e di nuovo, qualcosa di strano che stava crescendo, qualcosa di grande. Insieme, tutti insieme, erano gli strumenti di un cambiamento.” Queste parole sono di Keri Hulme, citata dal Gruppo su Facebook, DONNE per TARANTO: pensa un po’.
La scrittrice, Keri Hulme, è tra le voci più autorevoli dei Maori, paese Nuova Zelanda: No Gender no Voice.
“Dei circa 3. 800.000 abitanti della Nuova Zelanda, il 72% è formato da Europei, il 15% da Maori e il restante 13% da altri immigranti non europei (asiatici, polinesiani). La maggiore parte dei Maori vivono nell’Isola del Nord nella regione dell’East Cape, la loro culla culturale e linguistica.La colonizzazione del Paese iniziò circa 1000 anni prima dell’ arrivo dei primi esploratori europei. I primi abitanti furono polinesiani, cioè i Maori di oggi. La leggenda racconta che questa terra fosse stata scoperta da Kupe che le diede il nome ” Aotearoa “, la terra della lunga nuvola bianca. Le lingue ufficiali del paese sono l’inglese e il Maori. Si stima che circa 50 000 Maori parlino abitualmente la loro lingua d’origine. La cultura Maori è la più antica della Nuova Zelanda. E’ soprattutto una cultura orale che fu raccolta alla fine del XIX secolo dagli intellettuali europei. Le canzoni o waiata sono una parte integrale della cultura Maori. Il P.I.L. nel 1992 era di circa 45 mila miliardi di dollari neozelandesi e il reddito medio di NZ$13.000 per abitante. L’ agricoltura è l’ attività principale su cui si basa l’economia del Paese e rappresenta circa il 50% delle entrate che provengono dall’ esportazione. Le fattorie della Nuova Zelanda sono fra le più produttive del mondo. Grazie alle abbondanti piogge e al clima temperato il terreno è molto fertile e accoglie circa 60 milioni di pecore! Recentemente si sono sviluppati allevamenti di cervi e coltivazioni di vigneti e frutti. Le attività estrattive riguardano carbone, ferro, pietre calcaree e oro. Dagli anni ‘ 70 l’ estrazione del gas naturale è divenuta alquanto significativa. I più importanti partners commerciali sono l’ Australia, il Giappone e gli Stati Uniti…La Nuova Zelanda fu il primo Paese a dare il voto alle donne nel 1893.”
Hanno scelto loro, le DONNE per TARANTO questa scrittrice e questa citazione, per appellarsi: ” Il DIRITTO alla SALUTE NON si tocca: NOI donne, mamme di Taranto ci uniamo per riprenderci un DIRITTO ormai CALPESTATO da Industria, politici e amministratori Sull’esempio delle “DONNE DI CORNIGLIANO” e di tante realtà sparse in Italia, nasce a Taranto il comitato “DONNE PER TARANTO”. Obiettivo prioritario è contrastare la Grande Industria per tutelare il DIritto alla Salute e a una Vita Dignitosa. Con la carica e la gioia della Marcia di sabato, che ha visto coinvolte migliaia di persone, stiamo ricevendo tante adesioni di donne che vogliono collaborare più fattivamente nel nostro comitato.E’ molto importante essere tante e continuare con la pressione mediatica, d’informazione e di denuncia. Chiediamo a te che hai voglia di fare “qualcosa di più” per questa città, per i tuoi bambini, per il tuo futuro di rispondere a questa email o di scriverci al’indirizzo donnepertaranto@libero.it indicandoci la tua disponibilità. Appena avremo ricevuto le adesioni, ci incontreremo per conoscerci e per capire insieme come organizzarci. L’idea è quella di creare dei gruppi di lavoro, ognuna sceglierà il gruppo più idoneo alle sue competenze e passioni. Se ci sono in mezzo a voi medici, statisti, avvocati, tecnici, professionisti in genere che, per mancanza di tempo non possono impegnarsi, ma che desiderano dare, in ogni caso, la loro disponibilità (anche professionale) per arrivare ad una soluzione del problema fatecelo sapere.. è ovvio che abbiamo bisogno di queste figure professionali per un lavoro sempre più competente e mirato. Ma a te mamma, donna, giovane che desideri porre la tua firma in questa pagina di storia che porterà al cambiamento per questa città.. non aspettare!”
E cosa hanno da reclamare le donne per Taranto? L’ Ilva e la diossina. “L’ILVA è una società per azioni del Gruppo Riva che si occupa prevalentemente della produzione e trasformazione dell’acciaio. Con il nome della originaria azienda fondata nel 1905, è nata sulle ceneri della dismessa Italsider. Prende il nome dal nome latino dell’isola d’Elba, dalla quale era estratto il minerale di ferro che alimentava i primi altiforni costruiti in Italia a fine Ottocento. Il più importante stabilimento italiano è situato a Taranto, e costituisce uno dei maggiori complessi industriali per la lavorazione dell’acciaio in Europa. Altri stabilimenti sono a Genova, Novi Ligure (AL), Racconigi (CN), Varzi (PV), Patrica (FR).L’Ilva è al centro di un vasto dibattito per il suo impatto ambientale sia a Taranto sia a Genova. Le sue emissioni sono state oggetto di diversi processi penali per inquinamento che si sono conclusi in alcuni casi e gradi di giudizio con la condanna di Emilio Riva e di altri dirigenti.A Taranto una situazione analoga si prospetta per il quartiere Tamburi, nelle cui vicinanze opera lo stabilimento siderurgico: sono considerati particolarmente inquinanti i parchi minerali, le cokerie e il camino E312 dell’impianto di agglomerazione. Per quanto riguarda la diossina, gli impianti dell’Ilva ne emettevano nel 2002 il 30,6% del totale italiano, ma sulla base dei dati INES (Inventario Nazionale delle Emissioni e loro Sorgenti) del 2006, la percentuale sarebbe salita al 92%, contestualmente allo spostamento in loco delle lavorazioni “a caldo” dallo stabilimento di Genova . Nello stabilimento di Taranto costituisce un problema ambientale anche lo sversamento di mercurio in aria e in acqua. Nel 2005 l’Ilva, nelle sue comunicazioni all’inventario INES, ha stimato emissioni per un totale di oltre due tonnellate. Per tali ragioni è molto vivo il dibattito, sia tecnico sia sociale, finalizzato all’adozione delle “migliori tecnologie disponibili”.
Non so se ci sarà mai una svolta, ma io so che esistono e resistono donne in lotta, con tutti i mezzi. Cercando in rete ho trovato un video che dice: ” guarda i primi 5 minuti del documentario che denuncia l’arroganza e il cinismo imprenditoriale che si traduce nel primato delle morti sul lavoro e dell’inquinamento ambientale in Italia. Racconta la storia di sei donne in particolare (Francesca, Patrizia, Vita, Margherita, Caterina e Anna). Sei donne combattive (mogli, madri, lavoratrici) che vogliono spezzare il bastone dell’illegalità e dell’impunità che mortifica la propria dignità, uccide i propri mariti e i propri figli, mina la propria salute. Donne che si ribellano, oggi, contro quella che a Taranto e per Taranto è stata sempre considerata una salvezza, da qualche tempo il peggiore dei mali. L’Ilva. L’Ilva è la più grande acciaieria d’Europa che, con l’aumento annuale dei profitti, detiene il primato nazionale di morti sul lavoro ( 43 in 15 anni) e d’inquinamento dell’ambiente (il 92 % di diossina).”
Anna, Caterina, Francesca, Margherita, Patrizia e Vita, protagoniste del documentario “La Svolta. Donne contro l’Ilva” di Valentina D’Amico sono state scelte, insieme ad altri 8 candidati (Yassouf Amini, Giorgio Crepaldi, Antonio Diana, Carla Girasole, Deborah Lucchetti, Carlo Ratti e Mario Spagnuolo), per concorrere al Premio Ambientalista dell’Anno, organizzato da Legambiente e Nuova Ecologia. Le sei donne hanno deciso di ribellarsi allo strapotere dell’Ilva di Taranto, la più grande acciaieria d’Europa, che insieme all’aumento annuale dei profitti, detiene il primato nazionale di morti sul lavoro (180 dalla prima apertura dei cancelli) e d’inquinamento dell’ambiente (il 92% della diossina nazionale).
In questa situazione, cosa pensate che faranno le donne e gli uomini di Taranto che hanno cervello e cuore? Andranno al mare il 12 e 13 giugno? Ce l’hanno, quello, il mare…Voteranno 4, dico quattro SI, per dire no ai Referendum che ci saranno in tutti Italia, in Sardegna il 15 maggio ( loro hanno un altro piccolo problema che gli si è impoverito, l’uranio, a Quirra e le basi militari) e in Italia il 12 e 13 giugno.
Tante e non bastano mai, ne dovevo, alla Puglia, che porto nel cuore e non solo io: non vi daremo pace, non ne abbiamo e una sola voce “Non tengo Paura”.
Doriana Goracci
La scrittrice, Keri Hulme, è tra le voci più autorevoli dei Maori, paese Nuova Zelanda: No Gender no Voice.
“Dei circa 3. 800.000 abitanti della Nuova Zelanda, il 72% è formato da Europei, il 15% da Maori e il restante 13% da altri immigranti non europei (asiatici, polinesiani). La maggiore parte dei Maori vivono nell’Isola del Nord nella regione dell’East Cape, la loro culla culturale e linguistica.La colonizzazione del Paese iniziò circa 1000 anni prima dell’ arrivo dei primi esploratori europei. I primi abitanti furono polinesiani, cioè i Maori di oggi. La leggenda racconta che questa terra fosse stata scoperta da Kupe che le diede il nome ” Aotearoa “, la terra della lunga nuvola bianca. Le lingue ufficiali del paese sono l’inglese e il Maori. Si stima che circa 50 000 Maori parlino abitualmente la loro lingua d’origine. La cultura Maori è la più antica della Nuova Zelanda. E’ soprattutto una cultura orale che fu raccolta alla fine del XIX secolo dagli intellettuali europei. Le canzoni o waiata sono una parte integrale della cultura Maori. Il P.I.L. nel 1992 era di circa 45 mila miliardi di dollari neozelandesi e il reddito medio di NZ$13.000 per abitante. L’ agricoltura è l’ attività principale su cui si basa l’economia del Paese e rappresenta circa il 50% delle entrate che provengono dall’ esportazione. Le fattorie della Nuova Zelanda sono fra le più produttive del mondo. Grazie alle abbondanti piogge e al clima temperato il terreno è molto fertile e accoglie circa 60 milioni di pecore! Recentemente si sono sviluppati allevamenti di cervi e coltivazioni di vigneti e frutti. Le attività estrattive riguardano carbone, ferro, pietre calcaree e oro. Dagli anni ‘ 70 l’ estrazione del gas naturale è divenuta alquanto significativa. I più importanti partners commerciali sono l’ Australia, il Giappone e gli Stati Uniti…La Nuova Zelanda fu il primo Paese a dare il voto alle donne nel 1893.”
Hanno scelto loro, le DONNE per TARANTO questa scrittrice e questa citazione, per appellarsi: ” Il DIRITTO alla SALUTE NON si tocca: NOI donne, mamme di Taranto ci uniamo per riprenderci un DIRITTO ormai CALPESTATO da Industria, politici e amministratori Sull’esempio delle “DONNE DI CORNIGLIANO” e di tante realtà sparse in Italia, nasce a Taranto il comitato “DONNE PER TARANTO”. Obiettivo prioritario è contrastare la Grande Industria per tutelare il DIritto alla Salute e a una Vita Dignitosa. Con la carica e la gioia della Marcia di sabato, che ha visto coinvolte migliaia di persone, stiamo ricevendo tante adesioni di donne che vogliono collaborare più fattivamente nel nostro comitato.E’ molto importante essere tante e continuare con la pressione mediatica, d’informazione e di denuncia. Chiediamo a te che hai voglia di fare “qualcosa di più” per questa città, per i tuoi bambini, per il tuo futuro di rispondere a questa email o di scriverci al’indirizzo donnepertaranto@libero.it indicandoci la tua disponibilità. Appena avremo ricevuto le adesioni, ci incontreremo per conoscerci e per capire insieme come organizzarci. L’idea è quella di creare dei gruppi di lavoro, ognuna sceglierà il gruppo più idoneo alle sue competenze e passioni. Se ci sono in mezzo a voi medici, statisti, avvocati, tecnici, professionisti in genere che, per mancanza di tempo non possono impegnarsi, ma che desiderano dare, in ogni caso, la loro disponibilità (anche professionale) per arrivare ad una soluzione del problema fatecelo sapere.. è ovvio che abbiamo bisogno di queste figure professionali per un lavoro sempre più competente e mirato. Ma a te mamma, donna, giovane che desideri porre la tua firma in questa pagina di storia che porterà al cambiamento per questa città.. non aspettare!”
E cosa hanno da reclamare le donne per Taranto? L’ Ilva e la diossina. “L’ILVA è una società per azioni del Gruppo Riva che si occupa prevalentemente della produzione e trasformazione dell’acciaio. Con il nome della originaria azienda fondata nel 1905, è nata sulle ceneri della dismessa Italsider. Prende il nome dal nome latino dell’isola d’Elba, dalla quale era estratto il minerale di ferro che alimentava i primi altiforni costruiti in Italia a fine Ottocento. Il più importante stabilimento italiano è situato a Taranto, e costituisce uno dei maggiori complessi industriali per la lavorazione dell’acciaio in Europa. Altri stabilimenti sono a Genova, Novi Ligure (AL), Racconigi (CN), Varzi (PV), Patrica (FR).L’Ilva è al centro di un vasto dibattito per il suo impatto ambientale sia a Taranto sia a Genova. Le sue emissioni sono state oggetto di diversi processi penali per inquinamento che si sono conclusi in alcuni casi e gradi di giudizio con la condanna di Emilio Riva e di altri dirigenti.A Taranto una situazione analoga si prospetta per il quartiere Tamburi, nelle cui vicinanze opera lo stabilimento siderurgico: sono considerati particolarmente inquinanti i parchi minerali, le cokerie e il camino E312 dell’impianto di agglomerazione. Per quanto riguarda la diossina, gli impianti dell’Ilva ne emettevano nel 2002 il 30,6% del totale italiano, ma sulla base dei dati INES (Inventario Nazionale delle Emissioni e loro Sorgenti) del 2006, la percentuale sarebbe salita al 92%, contestualmente allo spostamento in loco delle lavorazioni “a caldo” dallo stabilimento di Genova . Nello stabilimento di Taranto costituisce un problema ambientale anche lo sversamento di mercurio in aria e in acqua. Nel 2005 l’Ilva, nelle sue comunicazioni all’inventario INES, ha stimato emissioni per un totale di oltre due tonnellate. Per tali ragioni è molto vivo il dibattito, sia tecnico sia sociale, finalizzato all’adozione delle “migliori tecnologie disponibili”.
Non so se ci sarà mai una svolta, ma io so che esistono e resistono donne in lotta, con tutti i mezzi. Cercando in rete ho trovato un video che dice: ” guarda i primi 5 minuti del documentario che denuncia l’arroganza e il cinismo imprenditoriale che si traduce nel primato delle morti sul lavoro e dell’inquinamento ambientale in Italia. Racconta la storia di sei donne in particolare (Francesca, Patrizia, Vita, Margherita, Caterina e Anna). Sei donne combattive (mogli, madri, lavoratrici) che vogliono spezzare il bastone dell’illegalità e dell’impunità che mortifica la propria dignità, uccide i propri mariti e i propri figli, mina la propria salute. Donne che si ribellano, oggi, contro quella che a Taranto e per Taranto è stata sempre considerata una salvezza, da qualche tempo il peggiore dei mali. L’Ilva. L’Ilva è la più grande acciaieria d’Europa che, con l’aumento annuale dei profitti, detiene il primato nazionale di morti sul lavoro ( 43 in 15 anni) e d’inquinamento dell’ambiente (il 92 % di diossina).”
Anna, Caterina, Francesca, Margherita, Patrizia e Vita, protagoniste del documentario “La Svolta. Donne contro l’Ilva” di Valentina D’Amico sono state scelte, insieme ad altri 8 candidati (Yassouf Amini, Giorgio Crepaldi, Antonio Diana, Carla Girasole, Deborah Lucchetti, Carlo Ratti e Mario Spagnuolo), per concorrere al Premio Ambientalista dell’Anno, organizzato da Legambiente e Nuova Ecologia. Le sei donne hanno deciso di ribellarsi allo strapotere dell’Ilva di Taranto, la più grande acciaieria d’Europa, che insieme all’aumento annuale dei profitti, detiene il primato nazionale di morti sul lavoro (180 dalla prima apertura dei cancelli) e d’inquinamento dell’ambiente (il 92% della diossina nazionale).
In questa situazione, cosa pensate che faranno le donne e gli uomini di Taranto che hanno cervello e cuore? Andranno al mare il 12 e 13 giugno? Ce l’hanno, quello, il mare…Voteranno 4, dico quattro SI, per dire no ai Referendum che ci saranno in tutti Italia, in Sardegna il 15 maggio ( loro hanno un altro piccolo problema che gli si è impoverito, l’uranio, a Quirra e le basi militari) e in Italia il 12 e 13 giugno.
Tante e non bastano mai, ne dovevo, alla Puglia, che porto nel cuore e non solo io: non vi daremo pace, non ne abbiamo e una sola voce “Non tengo Paura”.
Doriana Goracci
mercoledì 6 aprile 2011
Fuga da Taranto
“Sono fuggito da Taranto per salvare la mia famiglia”
Taranto. Quartiere Tamburi. A poche decine di metri di distanza l’una dall’altra, una delle più grandi acciaierie d’Europa, l’Ilva dei fratelli Riva, la Cementir, le raffinerie Eni, gli inceneritori. Ovvero inquinamento dell’aria, dell’acqua e del suolo. In una sola parola, ‘veleni’: polveri e micro gocce di benzo(a)pirene ma anche un cocktail di PCB (policlorobifenili), diossine e furani che si accumulano nel suolo e nei campi. E’ di questo che ci si ammala e si muore a Taranto. Come ci racconta Francesco Fanelli. Francesco si trasferisce nel 1959, con i suoi genitori, nel rione Tamburi, perché lì, rispetto alla città nuova, era ancora possibile respirare aria buona e proprio lì venivano portati bambini affetti da problemi respiratori. Il 9 luglio 1960 però inizia quella che lui stesso definisce “la tragedia della mia famiglia”: viene posata la prima pietra del centro siderurgico. 1978: il padre di Francesco viene stroncato in soli sette mesi da un cancro ai polmoni. 1984: “incontro la bellissima ragazza che segnerà un altro capitolo importante della mia vita. Nasce subito l’amore”. Ma una forma tumorale rara, il Sarcoma di Ewing, in tre anni si porta via la compagna di Francesco. 1997: un tumore ai reni mette fine alla vita della madre di Francesco. Nel frattempo lui è riuscito a sposarsi e mettere al mondo due bambine. Il lavoro va a gonfie vele e con l’attuale moglie ristruttura casa. Quando la serenità sembra essere tornata, la famiglia di Francesco vive un momento terribile: la primogenita Annachiara si ammala di leucemia mieloide. Come lei tanti altri bambini del quartiere Tamburi. Francesco decide di lasciare, dopo 50 anni, Taranto. È costretto a svendere la sua casa appena ristrutturata, a causa del deprezzamento degli appartamenti del quartiere: tutti fuggono da lì, la vecchia oasi tarantina. Francesco e famiglia lasciano “quel quartiere nefasto per trasferirci a Leporano, un paese a 30 chilometri di distanza, il più lontano possibile da Ilva, Eni e Cementir, i tre ecomostri fatti sorgere da mani e menti improvvide. Non avrei mai immaginato di sottoscrivere alla mia età un mutuo di 100.000 euro da pagare in 20 anni”. Annachiara lotta contro la leucemia. Fino ad ottobre dovrà effettuare la terapia chemioterapica di mantenimento. Francesco ora però vuole sapere, conoscere la verità sulle neoplasie che hanno colpito suo padre, sua madre, la prima moglie e ora la figlia. Colletti bianchi, una parte di politica connivente e medici negazionisti vogliono gettare fumo su quella che Marco Pannella chiama “la strage dei popoli”, in questo caso una strage silente di innocenti, di bambini. PeaceLink, le associazioni di pediatri e la Società Chimica Italiana hanno spiegato cosa significa per un bambino respirare un nanogrammo di benzo(a)pirene a metro cubo. Equivale a fumare oltre 750 sigarette all’anno. Se poi si considera che il benzo(a)pirene è sempre associato ad altri cancerogeni, si arriva a un impatto equivalente a 2.750 sigarette annue. Nel solo biennio 2007-2008 l’Ilva, in base ai dati autocertificati dalla stessa azienda e comunicati al registro europeo E-PRTR (Registro europeo integrato delle emissioni e dei trasferimenti di sostanze inquinanti), ha immesso nell’aria che si respira a Taranto 6892 tonnellate di PM10, 3043 tonnellate di Ipa (Idrocarburi policiclici aromatici), 26601 tonnellate di ossidi di zolfo. Francesco è presidente dell’‘Associazione Tamburi 9 luglio 1960’ che, come altre associazioni ambientaliste e di malati di tumori e patologie croniche, si batte da anni perché le istituzioni pongano un freno all’avvelenamento della loro terra e chiede che i dati sulle patologie da inquinamento vengano resi noti. Con delibera di Giunta regionale n.1500 dell’Agosto 2008 è stato istituito il Registro Tumori Puglia. L’attività della Asl è iniziata a gennaio 2010. Tuttavia, ad oggi, ancora nessun risultato. Il dr. Sante Minerba, responsabile dell’Unità Operativa Statistica Epidemiologica della Asl 1 di Taranto e del gruppo di lavoro sui tumori, raggiunto telefonicamente, ha dichiarato: “I primi dati, relativi al triennio 2006-2008, saranno resi noti tra un paio di mesi. La maggiore difficoltà che si incontra in queste analisi è l’utilizzo dello stesso metodo di monitoraggio ed elaborazione dati utilizzati dagli altri gruppi di ricerca dell’Airtum (ndr Associazione Italiana Registro Tumori)”. Aspettando i dati, la gente continua ad ammalarsi e morire. Senza un perché.
Valentina Stella
Taranto. Quartiere Tamburi. A poche decine di metri di distanza l’una dall’altra, una delle più grandi acciaierie d’Europa, l’Ilva dei fratelli Riva, la Cementir, le raffinerie Eni, gli inceneritori. Ovvero inquinamento dell’aria, dell’acqua e del suolo. In una sola parola, ‘veleni’: polveri e micro gocce di benzo(a)pirene ma anche un cocktail di PCB (policlorobifenili), diossine e furani che si accumulano nel suolo e nei campi. E’ di questo che ci si ammala e si muore a Taranto. Come ci racconta Francesco Fanelli. Francesco si trasferisce nel 1959, con i suoi genitori, nel rione Tamburi, perché lì, rispetto alla città nuova, era ancora possibile respirare aria buona e proprio lì venivano portati bambini affetti da problemi respiratori. Il 9 luglio 1960 però inizia quella che lui stesso definisce “la tragedia della mia famiglia”: viene posata la prima pietra del centro siderurgico. 1978: il padre di Francesco viene stroncato in soli sette mesi da un cancro ai polmoni. 1984: “incontro la bellissima ragazza che segnerà un altro capitolo importante della mia vita. Nasce subito l’amore”. Ma una forma tumorale rara, il Sarcoma di Ewing, in tre anni si porta via la compagna di Francesco. 1997: un tumore ai reni mette fine alla vita della madre di Francesco. Nel frattempo lui è riuscito a sposarsi e mettere al mondo due bambine. Il lavoro va a gonfie vele e con l’attuale moglie ristruttura casa. Quando la serenità sembra essere tornata, la famiglia di Francesco vive un momento terribile: la primogenita Annachiara si ammala di leucemia mieloide. Come lei tanti altri bambini del quartiere Tamburi. Francesco decide di lasciare, dopo 50 anni, Taranto. È costretto a svendere la sua casa appena ristrutturata, a causa del deprezzamento degli appartamenti del quartiere: tutti fuggono da lì, la vecchia oasi tarantina. Francesco e famiglia lasciano “quel quartiere nefasto per trasferirci a Leporano, un paese a 30 chilometri di distanza, il più lontano possibile da Ilva, Eni e Cementir, i tre ecomostri fatti sorgere da mani e menti improvvide. Non avrei mai immaginato di sottoscrivere alla mia età un mutuo di 100.000 euro da pagare in 20 anni”. Annachiara lotta contro la leucemia. Fino ad ottobre dovrà effettuare la terapia chemioterapica di mantenimento. Francesco ora però vuole sapere, conoscere la verità sulle neoplasie che hanno colpito suo padre, sua madre, la prima moglie e ora la figlia. Colletti bianchi, una parte di politica connivente e medici negazionisti vogliono gettare fumo su quella che Marco Pannella chiama “la strage dei popoli”, in questo caso una strage silente di innocenti, di bambini. PeaceLink, le associazioni di pediatri e la Società Chimica Italiana hanno spiegato cosa significa per un bambino respirare un nanogrammo di benzo(a)pirene a metro cubo. Equivale a fumare oltre 750 sigarette all’anno. Se poi si considera che il benzo(a)pirene è sempre associato ad altri cancerogeni, si arriva a un impatto equivalente a 2.750 sigarette annue. Nel solo biennio 2007-2008 l’Ilva, in base ai dati autocertificati dalla stessa azienda e comunicati al registro europeo E-PRTR (Registro europeo integrato delle emissioni e dei trasferimenti di sostanze inquinanti), ha immesso nell’aria che si respira a Taranto 6892 tonnellate di PM10, 3043 tonnellate di Ipa (Idrocarburi policiclici aromatici), 26601 tonnellate di ossidi di zolfo. Francesco è presidente dell’‘Associazione Tamburi 9 luglio 1960’ che, come altre associazioni ambientaliste e di malati di tumori e patologie croniche, si batte da anni perché le istituzioni pongano un freno all’avvelenamento della loro terra e chiede che i dati sulle patologie da inquinamento vengano resi noti. Con delibera di Giunta regionale n.1500 dell’Agosto 2008 è stato istituito il Registro Tumori Puglia. L’attività della Asl è iniziata a gennaio 2010. Tuttavia, ad oggi, ancora nessun risultato. Il dr. Sante Minerba, responsabile dell’Unità Operativa Statistica Epidemiologica della Asl 1 di Taranto e del gruppo di lavoro sui tumori, raggiunto telefonicamente, ha dichiarato: “I primi dati, relativi al triennio 2006-2008, saranno resi noti tra un paio di mesi. La maggiore difficoltà che si incontra in queste analisi è l’utilizzo dello stesso metodo di monitoraggio ed elaborazione dati utilizzati dagli altri gruppi di ricerca dell’Airtum (ndr Associazione Italiana Registro Tumori)”. Aspettando i dati, la gente continua ad ammalarsi e morire. Senza un perché.
Valentina Stella
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domenica 3 aprile 2011
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