sabato 27 novembre 2010

L'ABBATTIMENTO DEGLI INQUINANTI NON E' SUFFICIENTE

Comunicato stampa di Taranto Libera

Taranto libera con questo intervento intende rivolgersi al Presidente della regione Nichi Vendola, al Presidente di Confindustria Emma Marcegaglia e a tutta la stampa.
Questo comitato ha scelto di non essere presente in occasione della presentazione del rapporto Ambiente e Sicurezza 2010 tenutosi martedi 23 novembre nell’auditorium dell’azienda siderurgica. Il lavoro di Taranto libera prosegue mediante attecchimento del movimento nel tessuto sociale, affinchè si superi la protesta dei pochi e si attui un cambiamento alla radice.
Con questo intervento non intendiamo rivolgerci ad Ilva S.p.A. poiché riteniamo che questa azienda non abbia nulla da aggiungere, nulla da promettere e nulla da spiegare sulla presunta ecocompatibilità dei suoi impianti negli anni della sua permanenza a Taranto. Non possiamo fare altro che considerare ‘presunta’ questa eco compatibilità poiché l’Ilva non è disposta ad aprire i suoi blindatissimi cancelli alla società civile, costituita da professionalità in grado di fare valutazioni e osservazioni, in virtù’ di quella tanto millantata trasparenza, oggi termine alla moda, ma che solo alcuni coraggiosi rispettano.
L’Ilva, tuttavia, nonostante i suoi dichiarati sforzi per l’ambientalizzazione, emette il 98% del benzo(a)pirene rilevato. Non crediamo sia lecito, quindi, considerarci estremisti quando invitiamo le autorità competenti a provvedere al fermo degli impianti, ad avviare un processo di partnership anche con l’azienda perché si arrivi alla chiusura dell’area a caldo, riconvertendo le attività produttive e reimpiegando i dipendenti mediante un programma studiato e realizzato prima della effettiva chiusura degli impianti. Nei mesi scorsi questa azienda ha ben illustrato gli sforzi compiuti per l’ambientalizzazione degli impianti, mediante spot demagogici e pedagogici che hanno invaso le case di cittadini ignari, magari pure distratti. Le cifre elencate dall’Ingegner Buffo dell’Ilva, non danno alcuna indicazione sulla corrispondenza tra percentuale di abbattimento e sostanziale calo dell’inquinamento, non essendo chiara la produzione massima complessiva degli inquinanti stessi nel corso del ciclo produttivo. Ricordiamo, inoltre, che i dati forniti, certi e validati di cui parla l’Ilva, spesso altro non sono che il frutto di autocertificazioni fornite dall’azienda stessa che, come anche confermato da ISPRA, non vengono tecnicamente verificate mediante controlli incrociati dallo stesso ente che li raccoglie. L’ISPRA si limita a sollevare obiezioni che l’azienda può giustificare con un semplice e breve commento dai contenuti non documentati.
Al Presidente Vendola ricordiamo pero’ che il contenimento delle emissioni attraverso il controllo dei valori limite per tutti gli inquinanti, seguendo la strada dell’ambientalizzazione, non rappresenta in alcun modo una certezza rispetto alla reale tutela della salute umana. Gli aspetti tossicologici, estremamente complessi connessi agli effetti della combinazione di numerosi agenti inquinanti, impongono un atteggiamento politico di massima cautela, nel rispetto del principio fondamentale di precauzione, questo soprattutto tenuto conto della estrema vicinanza degli impianti industriali al centro abitato.
Secondo la Commissione europea, il ricorso al principio di precauzione si iscrive nel quadro generale dell’analisi del rischio e più particolarmente nel quadro della gestione del rischio che corrisponde alla presa di decisione. Il ricorso al principio di precauzione è giustificato quando riunisce tre condizioni, ossia: l’identificazione degli effetti potenzialmente negativi, la valutazione dei dati scientifici disponibili e l’ampiezza dell’incertezza scientifica. Quale decisione intende prendere il presidente della Regione Puglia Nichi Vendola? La persistente assenza di un registro epidemiologico, poiché la Regione ha preferito ‘investire’ il denaro pubblico, anziché nella prevenzione, solo nella cura (con il San Raffaele del Mediterraneo), è sintomo di una maniera del tutto disallineata rispetto al resto dell’Europa, di concepire l’innovazione in ambito sanitario.
Ad Emma Marcegaglia diciamo, invece, che la riconversione industriale, la progettazione di nuovi scenari economici e lavorativi per Taranto, non solo rappresentano una necessità per questa città data l’estrema incertezza del mercato dell’acciaio, ma anche una grande opportunità per la definizione di nuove politiche di sviluppo sostenibile senza che si creino fratture nel mondo del lavoro ma allo stesso tempo rompendo col preesistente e superandolo. Si tratta di un percorso di responsabilità comune e condivisa che va nella direzione del bene collettivo, anche di quello dei futuri giovani industriali tarantini. La monocultura in generale non puo’ rappresentare una sicurezza in termini di stabilità economica. Quella dell’acciaio, poi, oltre ad essere per sua natura incerta, offre una dubbia qualità dell’occupazione che presenta forti esternalità negative. Queste si verificano quando il soggetto responsabile degli impatti negativi (Ilva) non corrisponde al danneggiato (operaio) un prezzo pari al costo del danno subito (malattie ‘professionali’).
L’opinione pubblica sta cambiando ed è per questo che andremo oltre la protesta superando la provocazione e la minaccia: anche i ‘leoni’, prima o poi, periscono.

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