“Per uno schifo di lavoro”. La lotta disperata dei somministrati ILVA
di Greta Marraffa
“Tutto il problema della vita è dunque questo: come rompere la propria solitudine, come comunicare con gli altri.”
Cesare Pavese
Il governo nominato nel 2001 ha aperto la legislatura con la pubblicazione di un “Libro bianco” sul mercato del lavoro in Italia, nel quale vennero tratteggiate le strategie di intervento che sarebbero state perseguite nel corso del quinquennio in materia di lavoro.
Nel documento l’attenzione del governo si era concentrata soprattutto su una maggiore liberalizzazione del mercato del lavoro, sulla rivalutazione del ruolo dell’autonomia individuale nella definizione delle condizioni di lavoro e sul superamento dei vincoli derivanti dal precedente sistema di concertazione con le parti sociali – considerato scarsamente efficiente a fronte delle accelerazioni dei processi decisionali, rese necessarie dall’intensificazione della concorrenza sui mercati globali.
L’impostazione del “libro bianco” è stata recepita dalla normativa di riforma del mercato del lavoro del 2003 (la legge 30, ribattezzata “legge Biagi”), con la quale si è mirato ad eliminare – o comunque a ridurre – i preesistenti vincoli in materia di interposizione, di appalto e di trasferimento di azienda, facilitando in tal modo i processi di “esternalizzazione” di fasi o di parti dell’attività produttiva, funzionali ad una riduzione ed ottimizzazione dei costi di produzione.
La vicenda degli ex somministrati Ilva di Taranto è tutta interna alla vicenda del lavoro di questi ultimi anni in cui la flessibilità ha lasciato spazio ad un continuo attacco alle condizioni – INDISPONIBILI ed INDEROGABILI – di tutela del lavoratore.
In 600 riescono ad entrare in fabbrica tramite un’agenzia di lavoro interinale, la Gi Group, addetti ai settori manutenzione e pulizie. Nell’aprile 2008 viene siglato un primo accordo fra azienda, FIM-CISL e UILM-UIL, in base al quale i lavoratori avrebbero dovuto essere la stabilizzati entro 24 mesi. Passano i due anni e il 70% dei “somministrati” viene licenziato con un semplice sms da parte dell’azienda. Inizia allora la battaglia degli operai per essere assunti a tempo indeterminato. Nonostante le avversità e le difficoltà economiche, i lavoratori bloccano strade e tir merci diretti allo stabilimento e, nel novembre dello scorso anno, iniziano uno sciopero della fame e l’occupazione del ponte innanzi all’ingresso della direzione dell’azienda. Queste azioni hanno come esito l’incontro tra sindacati, dirigenza dell’acciaieria e il presidente della Regione Puglia, Nichi Vendola.
Le trattative si chiudono il 9 dicembre 2010, quando l’azienda, FIOM, FIM e UILM sottoscrivono un accordo secondo il quale, in previsione della riattivazione dell’AFO4 (l’altoforno bloccato lo scorso anno in conseguenza della crisi del mercato dell’acciaio) – prevista per l’aprile 2011 – vi sarebbe stata la graduale assunzione dei lavoratori somministrati. Tutto in base alla ripresa della produzione.
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