giovedì 31 marzo 2011
Fortuna che UE'
(ASCA) - Roma, 31 mar - ''La condanna europea nei confronti dell'Italia e' ineccepibile. In Italia, infatti, ci sono tuttora grandi impianti industriali che continuano ad emettere inquinanti in aria, acqua e suolo e ad operare al di fuori delle regole decise a livello comunitario''. Cosi' Stefano Ciafani, responsabile scientifico di Legambiente ha commentato la condanna dell'Italia da parte della Corte europea di giustizia per la violazione della direttiva sulla prevenzione e riduzione integrate delle emissioni inquinanti dagli impianti industriali (direttiva Ippc, 2008/1/CE).
'Ancora molti siti industriali italiani - ha aggiunto Ciafani - sono privi delle nuove Autorizzazioni integrate ambientali (Aia) che dovevano essere rilasciate gia' dalla fine del 2007. Ne e' esempio l'Ilva di Taranto, uno dei piu' grandi complessi industriali d'Europa, noto negli anni scorsi per le sue elevate emissioni di diossina e per quelle di benzo(a)pirene. Ma anche per questo cancerogeno invece di intervenire per abbassarne le emissioni, il Governo con il recente Dlgs 155/2010 ha prorogato l'entrata in vigore del valore limite al 2012. Ci auguriamo pertanto che, dopo questa condanna, la Commissione Aia e il Ministero dell'Ambiente concludano al piu' presto le procedure di autorizzazione, evitando scorciatoie pericolose, che al danno farebbero seguire una imperdonabile beffa'.
Ritardi anche per quanto riguarda i registri Ines (Inventario Nazionale delle Emissioni e loro Sorgenti) e E-PRTR (European Pollutant Release and Transfer Register) previsti sempre dalla Direttiva Ippc per il censimento delle emissioni inquinanti provenienti dagli impianti industriali.
'Anche in quest'ambito - denuncia Legambiente - l'Italia e' in forte ritardo: la sua validazione dei dati e' ferma al 2006 e ancora non ha aggiornato il registro nazionale con i dati del 2007 e 2008'.
lunedì 28 marzo 2011
venerdì 25 marzo 2011
Giornalismo partecipativo: l'esperienza del Comitato per Taranto
sul "giornalismo partecipativo".
"Per giornalismo partecipativo si intende un giornalismo che, specialmente tramite Internet, dà voce ai propri lettori", spiega Alessandro Marescotti che coordinerà il dibattito e che esporrà l'esperienza di PeaceLink.
Ospiti dell'incontro saranno Franco Conte (Ultim'ora), Paola Casella (Quotidiano), Antonello Corigliano (Puglia Press), Maria Rosaria Gigante (Gazzetta del Mezzogiorno), Gianmario Leone (Taranto Oggi), Daniele Marescotti (Agenzia Stampa Redattore Sociale), Antonietta Podda (Radio Popolare Salento), Michele Tursi (Corriere del Giorno).
Si parlerà di piattaforme Internet per il "citizen journalism", di informazione dal basso e anche di controinformazione.
Saranno descritte le esperienze di giornalismo innovativo svolte in Italia, analizzando sia quelle di "informazione alternativa" sia quelle di "comunicazione collaborativa" con i giornali.
Esempio di giornalismo partecipativo è l'esperienza del Comitato per Taranto che verrà raccontata da Antonietta Podda (RPS).
Alcuni studenti presenteranno dei siti Internet di giornalismo collaborativo e spiegheranno come anche i "social network" possono diventare fonte informativa per i giornalisti.
Il pubblico sarà quello dei corsi serali dell'Istituto Righi, che ha organizzato l'evento e che - data l'importanza dell'argomento - ha deciso di aprire le porte della scuola e di invitare i cittadini ad assistere e a partecipare.Dove si trova l'Istituto Righi?
in via Dante 120 Taranto
Aula 110 primo piano
domenica 20 marzo 2011
Donne (ilva) e fumi
«Solo una parola: vergogna! Non siamo più disposti a subire». Corrono veloci, velocissime, in rete le parole e le immagini. «Una nube rossa levatasi alle 11 di questa mattina (ieri, ndr) dallo stabilimento Ilva ». Rosella Balestra posta sul social network Facebook una serie di istantanee: «Scatti raccolti da una di noi al quartiere Tamburi. Il fumo rosso è finito sulle case del quartiere. Sulle case dove abitano i nostri bambini». È una militanza di «sangue e di latte», di seni materni e cordoni ombelicali; di pensieri per i più piccoli, per i più deboli. Il comitato «Donne per Taranto» ha le sue eco-sentinelle lungo la «prima linea». Sono le donne ad aver diffuso ieri le immagini e loro a parlare attraverso Rosella Balestra. «Le foto hanno stupito anche me: si parla di riduzione dell’inquinamento e di controlli. Ma fino a quando si aspetterà, fin quando succederà tutto questo. Gli abitanti dei Tamburi, le donne che hanno registrato il fenomeno della nuvola rossa hanno spiegato che poi questa è arrivata sin sopra le case. E in quelle case, ripeto, ci sono i bambini».
Il comitato «Donne per Taranto» sfida le istituzioni. «È il senso - spiega ancora Rosella Balestra - di queste nostre parole dense di rabbia ma mai rassegnate: «Cosa respirano i nostri bambini? Le istituzioni sono in silenzio, ma noi vogliamo sapere e capire. L’Arpa, l’Asl, il sindaco, il presidente della Provincia, il presidente della Regione Puglia Nichi Vendola. A loro ci rivolgiamo per sapere. Ma temo - aggiunge Rosella Balestra - che tutto sia inutile, che il silenzio delle istituzioni continui. Ma è possibile continuare così?».
Il comitato «Donne per Taranto» si batte per la creazione delle mappe epidemiologiche: «Stiamo raccogliendo le firme e voglio ricordare alla cittadinanza che domani saremo in piazza della Vittoria dalle 9,30 alle 21. Avviare l’indagine epidemiologica sulla popolazione, capire la situazione dal punto di vista della salute dei cittadini, rispetto all’incidenza dell’in - quinamento, è essenziale». Il comitato «Donne per Taranto » è in contatto con l’e pidemiologo genovese Valerio Gennaro che ebbe nel 2001 una parte importante nella vicenda della chiusura dell’area a caldo Ilva a Cornigliano.
«All’inizio di aprile - aggiunge Rosella Balestra - chiusa la raccolta di firme inviteremo le istituzioni a una manifestazione pubblica. In quella occasione consegneremo ai loro rappresentanti le firme raccolte e chideremo un impegno. Chi non ci sarà avrà così spiegato da che parte sta. Le assenze peseranno, come le presenze». Infine la marcia del 2 aprile organizzata dal Fondo anti- diossina di Fabio Matacchiera. «Il comitato “Donne per Taranto” - conclude Balestra - parteciperà. L’ambientalismo a Taranto non è diviso e chi dice questo narra una favola sciocca». (F. Colucci - GdM)
Idrocarburi rotariani
Rotary Club Taranto, Distretto 2120
"Noi non vogliamo far finta di niente!"
ore 19
Saluto del Presidente del Rotary Club di Taranto, dott. Luigi Romandini
ore 19.10
"Impatto sulla salute degli idrocarburi policiclici aromatici", dott.ssa Annamaria Moschetti, Pediatra - Referente regionale Puglia e Basilicata Associazione Culturale Pediatri
ore 19.30
"Utilizzo dell'analizzatore in continuo e sue potenzialità", Dott. Gianluigi De Gennaro, Ricercatore di Chimica dell'Ambiente Università di Bari, Coordinatore del Gruppo Interdivisionale della Società di Chimica Italiana di Scienza e Tecnologie degli Aerosol
ore 19.50
"Come fare a Taranto una mappa degli idrocarburi policiclici aromatici", Prof. Alessandro Marescotti, Presidente di PeaceLink
ore 20.10
Interventi del Pubblico
venerdì 18 marzo 2011
Grazie Gino
Gino Strada contro don Verzè: l'ospedale a Taranto? Una schifezza
di GAETANO CAMPIONE
BITRITTO - Cambiare? Si può. Anzi, si deve. Il messaggio di Gino Strada, il chirurgo fondatore di Emergency e - forse - il pacifista italiano più famoso, è diretto, senza inutili giri di parole. Proprio come il personaggio, decisamente fuori dal coro, pronto a dire quello che pensa. Così approda a Bitritto, nel Palatour zeppo come se ci fosse una rockstar internazionale, il tour nazionale per presentare il programma «Il mondo che vogliamo» e il nuovo mensile «E», curato da Gianni Mura e Maso Notarianni. La Puglia di Emergency è una piccola isola felice: undici i gruppi impegnati nella Regione, 30mila gli euro raccolti per l’associazione nell’ultimo anno, un centinaio gli iscritti. Ma per ascoltare il verbo del guru, contro la crisi dei partiti tradizionali, della rappresentanza e della politica democratica, sono arrivati anche in pullman.
E Gino Strada non ha deluso le aspettative. Ha parlato di quello che definisce «un programma politico», ma ha toccato gli argomenti di cronaca più attuali, dalla crisi libica all’emergenza nucleare, senza dimenticare la sanità, in una regione scossa da scandali e buchi neri. La premessa è che viviamo in un mondo ingiusto, da cambiare ricorrendo ai diritti umani. «Ripudiamo la violenza, il terrorismo e la guerra come strumenti per risolvere le contese tra gli uomini, i popoli e gli Stati. Vogliamo un mondo basato sulla giustizia sociale, sulla solidarietà, sul rispetto reciproco, sul dialogo, su un'equa distribuzione delle risorse».
Inizia così il manifesto di Emergency. L’obiettivo? «Costringere gli italiani a cambiare, a riflettere, a impegnarsi in prima persona per il rispetto delle regole, a riscoprire parole dimenticate quali eguaglianza, giustizia e libertà». Altrimenti, non ci sarà futuro. Strada non ha certo le virtù di un diplomatico: «Il nostro paese ormai è una giungla».
Il suo sogno? «Costruire, nei prossimi 150 anni, l’Italia che vorremmo. Gli ultimi decenni della nostra Repubblica non sono stati certo brillanti». Il papà di Emergency ha le idee chiare sul nucleare: «C’è stato un referendum il cui risultato va rispettato. L’atomo è un giocattolo troppo pericoloso che non sappiamo controllare tecnologicamente». Il chirurgo-pensatore condanna qualsiasi «guerra umanitaria» e sulla Libia dice: « L’unica verità della guerra è la sofferenza umana. Speriamo in un rapido cessate il fuoco. Mi vergogno di essere cittadino di un Paese che continua a calpestare il principio costituzionale del ripudio della guerra».
Applausi. Tanti. Spontanei, fragorosi. Come quando Strada si scaglia contro don Verzè e il progetto di Taranto dell’ospedale San Raffaele del Mediterraneo: «È una schifezza, una inutile macchina mangia soldi».
18 marzo 2011
martedì 15 marzo 2011
Vota Sì per fermare il nucleare
Anche a Taranto si è costituito il Comitato referendario “Vota Sì per fermare il nucleare” aperto a tutte le organizzazioni e ai cittadini che intendono opporsi al ritorno all’energia dell’atomo. Lo schieramento unitario e trasversale intende coinvolgere i cittadini nel respingere per la seconda volta nella storia del Paese la scelta nucleare e per incentivare, invece, lo sviluppo delle fonti rinnovabili e il risparmio energetico.
Inutile, rischioso e controproducente: sono questi i principi alla base del Comitato “Vota sì per fermare il nucleare” che opererà per promuovere capillarmente sul territorio il diritto di partecipazione democratica a questa scelta del Paese.
Secondo il comitato, il nucleare non serve all’Italia, dal momento che il Paese ha una potenza elettrica installata di circa 100.000 megawatt (di cui 76.000 effettivamente fruibili), mentre il picco di consumi, che si manifesta in estate a causa dei condizionatori accesi, oggi non supera i 57.000 megawat. Inoltre abbiamo già fin troppe centrali elettriche che devono essere gradualmente sostituite solo dagli impianti a fonti rinnovabili e sarebbe invece necessario investire per ridurre gli sprechi che tutte
le centrali portano con sé attraverso i loro consumi specifici (rendimento
delle produzioni), nonché per contenere. le grandi perdite derivate dalle ingenti quantità di energia elettrica costrette a transitare tra diverse regioni.
Ma il nucleare non ridurrebbe neanche la dipendenza energetica dall’estero, perché l’Italia sarebbe costretta ad importare l’uranio - le cui scorte, peraltro, si calcola possano esaurirsi intorno alla metà del secolo - oltre che tecnologia e brevetti. Secondo uno studio di Ecofys e WWF Internazionale si può raggiungere il 100% di energie rinnovabili fino alla metà del secolo usando le tecnologie attualmente disponibili
La scelta dell’atomo continua, poi, ad essere rischiosa: anche per i reattori di terza generazione EPR in costruzione sono emersi, infatti, gravi problemi di sicurezza, come hanno denunciato, a novembre 2009, le Agenzie di Sicurezza di Francia, Regno Unito e Finlandia. Senza considerare che ancora non è stato risolto il problema di dove depositare in modo sicuro e definitivo le scorie. Inutile dire che gli eventi nelle centrali giapponesi non fanno che confermare i rischi intrinseci in questo tipo di impianti.
L’energia nucleare è infine costosa e controproducente per le tasche dei cittadini e per l’economia del Paese. Per tornare all’atomo, infatti, bisognerebbe ricorrere a fondi pubblici e garanzie statali, quindi alle tasse e alle bollette pagate dai cittadini. Tutte risorse importanti, sottratte ai finanziamenti per la ricerca, per l’innovazione tecnologica, alla diffusione dell’efficienza energetica e le energie rinnovabili, quindi ad investimenti più moderni e incisivi da un punto di vista ambientale e occupazionale. Secondo uno studio di Ecofys e WWF Internazionale si può raggiungere il 100% di energie rinnovabili fino alla metà del secolo usando le tecnologie attualmente disponibili
Non c’è dunque bisogno di nuova energia nucleare, ma semplicemente di investire nel risparmio e nell’efficienza energetica e di incentivare la crescita delle fonti rinnovabili in sostituzione di quelle fossili: solo con la nascita di una vera e propria rivoluzione energetica, capace di contrastare i cambiamenti climatici, di innovare processi e prodotti sarà infatti possibile dare risposte concrete alla crisi economica.
Fare informazione sarà il primo obiettivo del Comitato perché la diffidenza nei confronti del nucleare è sfumata negli anni. Dobbiamo far capire che, rispetto al 1987, le alternative nello sviluppo energetico ci sono e sono rappresentate dalle fonti rinnovabili.
Siamo certi che i cittadini di Taranto non si faranno influenzare dal fronte pro nucleare e andranno a votare sì al referendum abrogativo che fermerà il salto all’indietro che il Governo vorrebbe far compiere al Paese.
Le adesioni al Comitato “Vota Sì per fermare il nucleare” sono aperte a cittadini, associazioni e organizzazioni che possono inviarle all’indirizzo stopnuclearetaranto@gmail.com.
Per informazioni si può inoltre utilizzare il sito www.fermiamoilnucleare.it del Comitato nazionale.
Per contatti 339 1903406 349 5016814
Somministrati
di Greta Marraffa
“Tutto il problema della vita è dunque questo: come rompere la propria solitudine, come comunicare con gli altri.”
Cesare Pavese
Il governo nominato nel 2001 ha aperto la legislatura con la pubblicazione di un “Libro bianco” sul mercato del lavoro in Italia, nel quale vennero tratteggiate le strategie di intervento che sarebbero state perseguite nel corso del quinquennio in materia di lavoro.
Nel documento l’attenzione del governo si era concentrata soprattutto su una maggiore liberalizzazione del mercato del lavoro, sulla rivalutazione del ruolo dell’autonomia individuale nella definizione delle condizioni di lavoro e sul superamento dei vincoli derivanti dal precedente sistema di concertazione con le parti sociali – considerato scarsamente efficiente a fronte delle accelerazioni dei processi decisionali, rese necessarie dall’intensificazione della concorrenza sui mercati globali.
L’impostazione del “libro bianco” è stata recepita dalla normativa di riforma del mercato del lavoro del 2003 (la legge 30, ribattezzata “legge Biagi”), con la quale si è mirato ad eliminare – o comunque a ridurre – i preesistenti vincoli in materia di interposizione, di appalto e di trasferimento di azienda, facilitando in tal modo i processi di “esternalizzazione” di fasi o di parti dell’attività produttiva, funzionali ad una riduzione ed ottimizzazione dei costi di produzione.
La vicenda degli ex somministrati Ilva di Taranto è tutta interna alla vicenda del lavoro di questi ultimi anni in cui la flessibilità ha lasciato spazio ad un continuo attacco alle condizioni – INDISPONIBILI ed INDEROGABILI – di tutela del lavoratore.
In 600 riescono ad entrare in fabbrica tramite un’agenzia di lavoro interinale, la Gi Group, addetti ai settori manutenzione e pulizie. Nell’aprile 2008 viene siglato un primo accordo fra azienda, FIM-CISL e UILM-UIL, in base al quale i lavoratori avrebbero dovuto essere la stabilizzati entro 24 mesi. Passano i due anni e il 70% dei “somministrati” viene licenziato con un semplice sms da parte dell’azienda. Inizia allora la battaglia degli operai per essere assunti a tempo indeterminato. Nonostante le avversità e le difficoltà economiche, i lavoratori bloccano strade e tir merci diretti allo stabilimento e, nel novembre dello scorso anno, iniziano uno sciopero della fame e l’occupazione del ponte innanzi all’ingresso della direzione dell’azienda. Queste azioni hanno come esito l’incontro tra sindacati, dirigenza dell’acciaieria e il presidente della Regione Puglia, Nichi Vendola.
Le trattative si chiudono il 9 dicembre 2010, quando l’azienda, FIOM, FIM e UILM sottoscrivono un accordo secondo il quale, in previsione della riattivazione dell’AFO4 (l’altoforno bloccato lo scorso anno in conseguenza della crisi del mercato dell’acciaio) – prevista per l’aprile 2011 – vi sarebbe stata la graduale assunzione dei lavoratori somministrati. Tutto in base alla ripresa della produzione.
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sabato 12 marzo 2011
Incustoditi
mercoledì 9 marzo 2011
Mal Comune...
Subito lo stabile è stato posto sotto sequestro dalla Polizia Municipale che ha effettuato i primi sopralluoghi. «Abbiamo fatto un’ordinanza di sgombero dello stabile - racconta oggi Davide Nistri, assessore al Risanamento della Città vecchia - ora accerteremo la dinamica di quanto accaduto». Per fortuna non ci sono state vittime, ma la paura si è fatta sentire dopo il boato che ha sconvolto il vicinato.
Intanto Nistri si difende così «Sulla proprietà privata il Comune non può effettuare alcun tipo di controllo, possiamo intervenire solo nel caso in cui ci accorgiamo, grazie a qualche segnalazione, ad esempio di un balcone pericolante. In quel caso possiamo attivarci con un’ordinanza in danno al privato ma sinceramente il crollo di un solaio non può essere previsto». (infoggi)
sabato 5 marzo 2011
Il Fumo nuoce gravemente alla salute...
"In seguito ad alcune segnalazioni, ricevute da parte di alcuni operai
del siderugico, ho appreso che, durante le prime ore del giorno
4 marzo 2011, sarebbe stata riattivata la linea "D" dell'agglomerato.
Mi sono, pertanto, appostato a verificare l'evento e a filmarlo proprio
in quelle ore." (F. Matacchiera)
venerdì 4 marzo 2011
I VENERDì DELLA RABBIA!
Comunicano inoltre che questo sarà solo il primo di una serie di venerdì che ci vedranno presenti in tutte le piazze di Taranto.
Il movimento vuole così continuare il percorso di sensibilizzazione della cittadinanza jonica alla corretta gestione dei rifiuti, quella mirata, cioè, alla riduzione della produzione, alla raccolta differenziata, al riciclo ed al riutilizzo. Allo stesso tempo, si vuole informare i cittadini sulla devastazione ambientale portata nella provincia di Taranto dagli “affaristi della monnezza”, che hanno installato nel territorio enormi discariche per rifiuti speciali (a Taranto, Lizzano e Grottaglie) ed inceneritori (a Statte e Massafra), con la complicità di amministrazioni locali conniventi.
E’ necessario chiarire che il Comune di Taranto è il maggior azionista dell'AMIU, la Società per Azioni direttamente responsabile della fallimentare raccolta differenziata in città e proprietaria dell'inceneritore sito tra Statte e Taranto, fermato più volte per sforamento delle emissioni di diossina e privo di Valutazione di Impatto Ambientale. A questo si aggiungono l’inceneritore privato di Massafra e le discariche, anch’esse private, per rifiuti speciali Italcave (a pochi chilometri dal quartiere Tamburi) e Vergine (alle porte di Lizzano ma in isola amministrativa di Taranto), che ricevono rifiuti da tutta Italia.
Invitiamo quindi tutti i cittadini a partecipare alle iniziative del movimento per una corretta informazione gestita dal basso e per continuare a premere sulle Istituzioni affinché applichino, finalmente, le giuste politiche a tutela di lavoro, salute ed ambiente.
Cittadini di Taranto e provincia in mobilitazione
giovedì 3 marzo 2011
Buon posto per pescare...
martedì 1 marzo 2011
Matrimoni difficili... E grandi delusioni!
Con troppa superficialità e supponenza, a nostro avviso, l’Assessore Nicastro risponde al comunicato stampa dei Verdi, a proposito della legge regionale sul benzo(a)pirene. I rapporti Stato –Regioni, in materia di ambiente, non sono poi così semplici e scontati come egli vorrebbe far credere. Infatti, mentre sembrerebbe superfluo ricordare l’articolo 117 della Costituzione italiana (“Lo Stato ha legislazione esclusiva nelle seguenti materie: tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali”), consigliamo invece all’Assessore di rileggere la sentenza n°62 del 2005 della Corte Costituzionale, che attribuisce alla tutela ambientale la natura di “materia trasversale”, il che consente al governo di usarla come grimaldello sulle competenze regionali. La Corte, cioè, ha riconosciuto allo Stato il potere di fissare standard di tutela uniformi sul territorio nazionale. E’ stata questa sentenza che ha consentito la censura di alcune leggi regionali che dichiaravano il territorio regionale “denuclearizzato” e invadevano così la competenza esclusiva statale in materia di tutela dell’ambiente. E’ lecito dunque dubitare dell’efficacia della legge regionale testé approvata, come deterrente rispetto a quanto stabilito dal decreto 155/2010, non solo riguardo ai livelli di benzo(a)pirene, ma anche ai termini temporali: dire infatti ”nel più breve tempo possibile”, anche l’Assessore ammetterà, è abbastanza generico, trattandosi di un cancerogeno di classe “A” e non di borotalco! Al contrario, ci chiediamo ancora una volta perché la Regione Puglia non abbia sollevato la questione di legittimità, entro il 14 novembre 2010, rispetto al decreto 155/2010, in quanto non rispondente alla Direttiva europea 50 del 2008, come noi Verdi avevamo richiesto circa 6 mesi fa. Tra l’altro, è falso che il DLgs 155 abbia “spostato solo i limiti”! I limiti sono resi compatibili con i costi economici da sostenere per l’intervento tecnologico atto al rispetto degli standard di emissione e validi anche rispetto all’uso delle migliori tecnologie disponibili da applicare nel procedimento di AIA. L’Assessore Nicastro, sempre a nostro modesto avviso, dovrebbe esercitare il proprio senso critico anche verso la politica ambientale della Regione nell’ultimo decennio. Tra il 2002 e il 2007 la spesa consolidata nel settore ambientale è cresciuta di 3 euro ogni mille euro spesi nel 2002 (Istat 2009)! La raccolta differenziata è meno del 10% (Rapporto Ispra sui rifiuti), mentre la norma nazionale ne fissa il limite al 60% da raggiungere al 31 dicembre del 2011. I rifiuti smaltiti in discarica sono passati da 416 Kg per abitante nel 2002 a 480 Kg nel 2008. La regione smaltisce in discarica l’80% degli RSU. La Puglia si colloca al secondo posto, subito dopo la Lombardia, per emissioni di gas serra. Il primato italiano di emissioni da centrali termoelettriche è detenuto dalle centrali a carbone di Brindisi,con 13 milioni di tonnellate di CO2 (Brindisi sud) e 1,8 milioni (Brindisi nord)! La produzione di eolico è il 4,8 % della produzione elettrica totale, e quella del fotovoltaico è di 2 Kwh ogni 1000 complessivamente prodotti. Sarebbe interessante che l’Assessore fornisse i dati su quante Autorizzazioni Integrate Ambientali regionali ha concesso il suo ufficio, considerato che il dlgs 59 è del 2005. A Statte, infine, giacciono 30.000 fusti contenenti scorie radioattive che, stando ai sequestri disposti dalla magistratura, non sono proprio stoccate in sicurezza. Indirizzi, l’Assessore, i suoi strali verso chi ha responsabilità operative e competenze per tutti i problemi sopra evidenziati, invece di diffondersi in rassicurazioni infondate riguardo alla tutela della salute di cittadini di Puglia.
gregorio mariggiò - presidente dei verdi della provincia di Taranto.