giovedì 16 giugno 2011

Taranto, città dell'Ilva non «boccia» le centrali nucleari

TARANTO - Niente maggioranza per i quattro referendum. Taranto si conferma capitale dei paradossi. La città ambientalista per eccellenza, vista la presenza di importanti insediamenti industriali e visto l’impatto di questi sull’ecosistema, si fermi al 49 per cento. Il male oscuro che scava. Persino su un referendum ecologista doc come quello relativo al nucleare.
Cinismo e rassegnazione. Il presidente del comitato «Taranto futura», Nicola Russo, si batte per un altro referendum, quello in cui si chide ai tarantini se vogliono chiudere l’Ilva. Russo spiega: «Il quorum non è stato raggiunto perché i partiti non si sono impegnati nella propaganda elettorale. L’ambientalismo tarantino è, in realtà, di matrice recente, ha mostrato poca propensione all’autonomia dalla politica e non ha fatto scelte radicali. A Taranto non si può più dire: inquiniamo meno; si deve dire: non inquiniamo più».
Partiti capro espiatorio anche per Lunetta Franco, responsabile provinciale di Legambiente: «La campagna è stata fatta dai comitati, i partiti? Chi li ha visti. Taranto è città difficile, ma non possiamo limitarci al solito cliché. Oltre il disagio economico, generatore di disagio sociale, oltre il disinteresse, oltre l’assenza di ogni riferimento all’ambiente come priorità dell’impegno politico, c’è il catastrofismo. Si batte sul “tasto” Ilva e, per carità, c’è ancora tanto da fare; penso - spiega Lunetta Franco - all’emergenza Benzoapirene. Ma sono stati fatti dei passi avanti negli ultimi tempi e questo va detto. Non è possibile - conclude Lunetta Franco - catalizzare tutto l’impegno ambientalista sul siderurgico e poi avere una città senza raccolta differenziata e senza spazi verdi».
Di città «che non si commuove più per nulla» parla francamente il presidente di «Altamarea», il cartello di associazioni ambientaliste, Biagio De Marzo. Lui, domenica scorsa, era presente alla manifestazione organizzata dal «Comitato 12 giugno» per commemorare i morti sul lavoro. Anche lì il deserto, partecipazione zero. «Mi ha colpito l’insensibilità dei tarantini, l’assenza di giovani. Mi è venuto in mente - dice De Marzo - che alle marce ambientaliste, senza i ragazzi delle scuole, saremmo stati pochini. Città morta? Da tempo sì, prima del http://www.blogger.com/img/blank.gifdissesto addirittura. Il mancato quorum ai referendum? È figlio di tutto questo. Incredibile pensare che l’impegno per l’ambiente si riduca solo a un gran can can di alcuni, al quale si accodano altri a seconda del periodo».
«Eppure vogliamo ancora sperare - racconta Biagio De Marzo di “Altamarea” - in qualcosa. La nostra indignazione, il nostro dolore, ma anche la nostra voglia di ricostruire il senso di città passano dalla manifestazione organizzata il 7 luglio, su richiesta dei famigliari, in ricordo di Lucio Dione, ambientalista di “Altamarea” ucciso da un’auto sul ponte girevole alla vigilia di Pasqua». Un giorno di collera pacifica per l’ultimo agnello sacrificato sull’altare della città invisibile. (Fulvio Colucci - GdM)

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