martedì 28 giugno 2011

AIA aia aia!!!

Fumi dall'Ilva spuntano ombre sull'autorizzazione

di MIMMO MAZZA (GdM)

TARANTO - Getta un’ombra pesantissima sulla procedura di rilascio dell’Autorizzazione integrata ambientale (Aia) all’Ilva l’inchiesta avviata dai carabinieri del Noe di Lecce e culminata nei giorni scorsi con la consegna di un dettagliato rapporto alla Procura. I militari hanno concentrato le loro attenzioni sulle nuvole rossastre che periodicamente vengono sprigionate dallo stabilimento siderurgico, sulle torce delle due acciaierie, inserite stabilmente nel circuito produttivo e dunque non utilizzate per situazioni di emergenza, e sulla gestione dei rottami ferrosi.
Tra gli atti acquisiti dai carabinieri del Nucleo operativo ecologico c’è il parere istruttorio conclusivo della Commissione per l’Aia, parere nel quale le emissioni diffuse derivanti dal taglio rottame vengono liquidate come «poco significative» mentre la combustione del gas di scarto, convogliate nelle torce, viene invece definita come «emissione diffusa». Trattandosi di ben cento milioni di metri cubi l’anno di gas sfogato per ogni torcia, i carabinieri la definiscono invece come una emissione puntuale e dunque allo stato non autorizzata, sottolineando come in una lettera del 21 aprile scorso il Ministero dell’Ambiente abbia chiesto informazioni circa i punti di emissione in aria e la gestione delle torce dello stabilimento proprio al fine di «valutare la necessità di avviare il riesame dell’Aia ed evitare che l’esercizio delle torce avvenga al di fuori dell’autorizzazione».

I carabinieri del Noe di Lecce contestano al direttore dello stabilimento Ilva, Luigi Capogrosso, 56enne di Manduria, e ad una persona il cui nome è per ora coperto da omissis, il getto pericoloso di cose, l’incenerimento di rifiuti gassosi derivanti dalle acciaierie tramite impianti sprovvisti di autorizzazione e le emissioni non autorizzate in atmosfera provenienti dalle acciaierie. Le contestazioni riguardano l'inchiesta dei militari del Nucleo operativo ecologico confluita venerdì scorso, almeno per la parte riguardante Capogrosso, negli atti dell'incidente probatorio disposto dal gip Patrizia Todisco, su richiesta del procuratore capo Franco Sebastio, dell'aggiunto Pietro Argentino e del sostituto Mariano Buccoliero, sulle emissioni del siderurgico del gruppo Riva, inchiesta che secondo i carabinieri diretti dal capitano Nicola Candido dovrebbe portare all'emissione di un provvedimento cautelare reale (ovvero al sequestro) nei confronti degli impianti ritenuti responsabili delle emissioni, sequestro al vaglio della Procura che d'altronde proprio chiedendo l'incidente probatorio non aveva nascosto la possibilità di chiedere provvedimenti importanti nei confronti dell'Ilva.
Nel primo rapporto inviato a gennaio alla Procura, i carabinieri sottolineano come «da entrambe le acciaierie (la uno e la due), si sprigionava in più occasioni una intensa e voluminosa nube rossa» e che l’uso delle torce sia sistematico e non legato a situazioni di emergenza. Secondo i militari, si tratta di due fenomeni che si verificano in maniera non episodica o accidentale.

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