giovedì 30 giugno 2011
Per l'AIA Ilva si traffica a porte chiuse..
Nei prossimi giorni è previsto l’incontro tra ministero e azienda per discutere l’autorizzazione integrata ambientale. Forti i timori di un accordo al ribasso che non tuteli la salute.
L’incontro è di quelli che non possono non suscitare sospetti e alimentare dietrologie. E vedi seduti sullo stesso tavolo il ministero dell’ambiente e i manager dello stabilimento Ilva di Taranto. L’autorizzazione integrata ambientale sarà il tema del summit, sul quale si sono alzate molte voci contrarie. Soprattutto per le modalità. Perchè è stato il ministero dell’Ambiente, secondo quanto ha dichiarato Elisabetta Zamparutti, deputata radicale in commissione Ambiente che sull’argomento ha presentato un’interrogazione parlamentare, a chiedere di incontrare il Gruppo Riva. Che, nell’occasione, presenterà oltre cento osservazioni sul parere espresso dalla commissione Ippc, di nomina ministeriale. In questo organismo, è bene ricordere, siedono rappresentanti del Comune di Taranto, della Provincia, della Regione, dell’Arpa Puglia e dell’Ispra.
Le oltre mille pagine del documento finale, frutto di un compromesso tra tutte le forze in campo, sono state però contestate dalle associazioni ambientaliste che hanno sottolineato l’esistenze di quelle che vengono definite «incongruenze». Per superare le quali hanno chiesto una cosa apparentemente molto semplice: «Vorremmo che nel documento venisse quantificato il beneficio dopo il rilascio dell’Aia», come afferma Alessandro Marescotti di Peacelink. Uno dei principi cardine che l’autorità che rilascia l’autorizzazione integrata ambientale deve seguire è che «devono essere prese le opportune misure di prevenzione dell’inquinamento, applicando in particolare le migliori tecniche disponibili». A far discutere è anche la tempistica della convocazione prevista per il 4 luglio.
Il giorno dopo, il 5, è prevista la conferenza dei servizi per il rilascio dell’Aia. Una coincidenza giudicata «irrituale» dalla Zamparutti e «ai limiti della legalità» dal fisico Erasmo Venosi che per conto del ministero dell’Ambiente aveva seguito la vicenda alcuni anni fa. Emergerebbe, inoltre, che dall’appuntamento del 5 luglio sarebbero state tenute fuori le associazioni ambientaliste. Che ieri hanno prodotto un ultimo, disperato tentativo. Esponenti dell’associazione Alta Marea sono stati ricevuti dal presidente della Regione Puglia Nichi Vendola, al quale è stato chiesto di stoppare l’iniziativa del gruppo Riva. Nei giorni scorsi, i carabinieri del Nucleo operativo ecologico (Noe) di Lecce avevano chiesto il sequestro di alcuni impianti dell’Ilva di Taranto.
La richiesta era conseguenza di un rapporto spedito alla procura di Taranto nell’ambito dell’inchiesta sulle emissioni nocive dai camini dello stabilimento siderurgico. Richiesta formulata dopo che i controlli compiuti nell’arco di 120 giorni avevano evidenziato una serie di anomalie come l’accensione delle http://www.blogger.com/img/blank.giftorce di acciaieria. La richiesta del Noe è avvenuta nell’ambito dell’incidente probatorio in cui è stato disposto l’affidamento della nuova perizia sull’inquinamento con la nomina di tre medici. L’inchiesta fu aperta dopo le denunce sulle emissioni di benzoapirene e di diossina.
«Duole constatare – sottolinea l’Ilva in una nota – come il dibattito su inquinamento e industria sia sempre penalizzante per quest’ultima anche quando, come a Taranto, sono stati spesi negli ultimi dieci anni un miliardo di euro per la piena sostenibilita’ dell’impianto». Da oltre un anno i Verdi, attraverso il loro presidente Angelo Bonelli, chiedono al Governatore della Puglia Vendola un indagine epidemiologica nell’area di Taranto per verificare la relazione fra morti e l’inquinamento.
(Vincenzo Mulè, Terra)
Regione, Provincia e Comune... da sempre in vacanza con l'Ilva!
“STAMANE ho presentato, al nostro presidente della Regione, un’interrogazione urgente a risposta scritta circa la richiesta di costituzione di parte lesa della regione Puglia nei confronti dei procedimenti: n.938/10 e n. 4868/ R.G.R.N. contro la società ILVA S.p.A., per i quali venerdì scorso 24 giugno presso la procura di Taranto si è proceduto ad incidente probatorio”. Lo dice in una nota il Consigliere regionale dell’Italia dei Valori, Patrizio Mazza.
“L’inchiesta che ha coinvolto come parti lese: nove allevatori della provincia ionica costretti ad abbattere i loro capi di bestiame perché risultati contaminati da diossina unitamente a Comune di Taranto, Provincia di Taranto, Regione Puglia e Ministero dell’Ambiente.
I reati per i quali sono indagati Emilio Riva ed altri sono : ‘disastro colposo e doloso, avvelenamento di sostanze alimentari, omissione dolosa di cautele contro gli infortuni sul lavoro, danneggiamento aggravato di beni pubblici, getto e sversamento di sostanze pericolose, inquinamento atmosferico’. Nella mia interrogazione auspico fortemente che la Regione si costituisca parte civile attivando quelle iniziative e quei provvedimenti che possano garantire l’iter di giustizia. Faccio ancora una volta appello al nostro Presidente Vendola affinché dica basta ai veleni che inquinano da nord a sud e che si esca da una economia imperniata sulle: discariche, petrolchimico, acciaieria pesante che influisce negativamente sull’indotto manifatturiero e tanto altro. Vorrei che si iniziasse veramente una fase nuova in cui i giovani si possano ritrovare idealmente e fattivamente, sul piano http://www.blogger.com/img/blank.gifdelle loro prospettive di vita sicuramente ben diverse da quelle derivanti da tanto scempio sanitario ed ambientale”.
“Chiedo di mettere in campo un progetto del genere per il Sud e per Taranto e la sua provincia in particolare, perché darebbe impulso ad un nuovo entusiasmo, alla voglia di essere costruttivi, peculiarità che proprio i giovani di questi territori non ravvisano più nel loro futuro e che ci chiedono a gran voce. Questo è il messaggio che Nichi auspico comprenda: un impegno a realizzare il miglior progetto di benessere per chi scommette ancora su questo nostro mezzogiorno e su un territorio come Taranto e la sua provincia, perché vorrei ricordare che al nord vengono riversati grandi profitti proprio grazie al preponderante contributo del Sud”.
(Statoquotidiano)
mercoledì 29 giugno 2011
Cervellè... ma camìne!!!
TIENE ancora banco il provvedimento di sequestro dell’Ilva chiesto dai giudici tarantini. A muoversi contro il centro siderurgico jonico è il consigliere regionale SeL, Alfredo Cervellera. In una nota diramata in mattinata, a distanza ormai di quattro giorni dal provvedimento, Cervellera ricorda che “il Comitato Donne per Taranto nel corso della cerimonia del 13 giugno scorso, nella Asl di Taranto, mi ha consegnato un plico di 7343 firme raccolte per la richiesta di avviare un’indagine epidemiologica sul territorio di Taranto e in particolare quartiere Tamburi, la zona più a ridosso dell’area industriale e per questo più esposta ad un pesante inquinamento”.
E, nello stesso tempo, ha dato ampie garanzie ai cittadini impegnati nella strenua lotta contro il colosso di Emilio Riva. Cervellera ha assicurato di aver “provveduto a consegnare la suddetta petizione al Presidente Nichi Vendola, il quale mi ha assicurato il massimo impegno del Governo regionale, anche nelle sue articolazioni dell’Arpa Puglia e della ASL di Taranto, per venire soddisfare questa necessità della popolazione tarantina”. “Fra l’altro – prosegue Cervellera – anche l’assessore Pelillo si è reso disponibile a reperire ulteriori risorse nel magro Bilancio Regionale falcidiato dai tagli del Governo Berlusconi, da utilizzare su quel territorio che ha tante esigenze collegate all’emergenza ambientale, come quella per esempio di completare il Registro dei Tumori per Taranto”.
martedì 28 giugno 2011
Ilva sgamata!
I controlli effettuati dall'Arpa sui camini dello stabilimento siderurgico di Taranto. L'azienda rischia pesanti multe e anche la chiusura
Quasi il doppio delle emissioni consentite. "L'Ilva è fuori legge". L'Arpa ha pubblicato ieri i dati sulla seconda campagna per la rilevazione di diossine e furani nei fumi delle emissioni del camino dello stabilimento siderurgico di Taranto. Si tratta dei controlli a sorpresa previsti dalla legge regionale sulle emissioni delle diossine già effettuati a febbraio del 2011. "Il valore medio - spiega il direttore generale dell'Arpa Giorgio Assennato - è risultato pari a 0,70 nanogrammi al metro cubo quando il limite stabilito dalla norma pugliese è invece di 0,40". Il dato è stato inoltre ribassato del 35 per cento, sempre così previsto dalla norma che parla genericamente di "un'incertezza della misura".
I campionamenti sono stati effettuati il 16, 18 e 19 maggio scorsi e "le operazioni di prelievo e le analisi di laboratorio - spiega l'Agenzia regionale per l'ambiente - sono state condotte anche in questo caso con il contraddittorio dei tecnici Ilva". Si tratta del secondo campionamento effettuato dall'inizio dell'anno e anche questa volta i valori - seppure dimezzati rispetto a quelli pre legge anti diossine - sono ancora superiori alla norma. Se dovesse verificarsi lo stesso dato anche nel terzo e ultimo campionamento a sorpresa l'Ilva rischierebbe le sanzioni previste dalla legge che vanno da multe salatissime sino alla chiusura.
Proprio in queste ore si sta giocando un'altra partita importantissima perhttp://www.blogger.com/img/blank.gif il futuro del siderurgico: la concessione dell'Aia, l'Autorizzazione integrata ambientale che concede il Ministero, la carta cioè che detterebbe all'Ilva le condizioni per continuare a lavorare. La commissione ha preparato un documento con una serie di prescrizioni che dovrebbe essere ratificato il 4 luglio. Il condizionale è d'obbligo. Il ministero ha convocato per il giorno precedente un incontro per discutere le obiezioni fatte dall'azienda. Una mossa che potrebbe ulteriormente dilatare i tempi e che ha provocato la reazione rabbiosa di sindacati e associazioni ambientaliste. "La Regione deve chiedere di invalidare la riunione - tuona il segretario generale della Uil di Puglia e di Bari, Aldo Pugliese - Non si può dare il via libera all'ennesimo colpo di mano a danno della salute dei cittadini tarantini: il governo Vendola ha il dovere di intervenire in tempi brevissimi".
(La Repubblica)
Vendola rinnega la legge diossina e il referendum acqua!
Nessun taglio del 7% sulle tariffe dell’acqua. E’ un po’ sconcertante la posizione presa da Nichi Vendola Governatore della Puglia a proposito della gestione dell’acqua pubblica a pochi giorni dalla vittoria schiacciante dei SI al referendum abrogativo. Ma anche in merito all’Ilva di Taranto.
Andiamo con ordine e partiamo dal documento audio di Radio Radicale registrato il 18 giugno scorso all’Assemblea nazionale di Sinistra Ecologia e Libertà, in cui tesualmente Vendola dice (tra il min. 36 e il min. 40):
50 litri di acqua gratis per me significano 80milioni di euro di debiti fuori bilancio, sono una tragedia in una Regione che non ha un goccio d’acqua. L’acquedotto pugliese ha 21mila chilometri di rete senza una montagna, un fiume, un goccio d’acqua. Sono problemi che vanno valutati con un po’ meno di isteria ideologica. Altrimenti c’è sempre l’idea che c’è chi preferisce perdere bene piuttosto che vincere anche nelle considerazioni reali di una battaglia. Il minoritarismo è una brutta malattia e bisogna combatterlo sempre. E una forma di inquinamento. Minoritarismo e opportunismo sono due facce della stessa medaglia troppo spesso. Aver costruito la legge avanzata sulle diossine ha rappresentato un boomerang. Passare da 9 nanogrammi di diossine e furani a 0,4 nanogrammi di diossine e furani ha rappresentato una contraddizione in seno al popolo. Dire: a Taranto vogliamo respirare a pieni polmoni aria pura crepando di povertà oppure vogliamo lavorare e morire di cancro. Questa alternativa è un ricatto inaccettabile.
Al Corriere del Mezzogiorno, Vendola spiega che il taglio del 7% delle tariffe non sarà adottato sebbene i SI schiaccianti al referendum abbiamo abrogato la possibilità per il gestore di ottenere :
profitti garantiti sulla tariffa, caricando sulla bolletta dei cittadini un 7% a remunerazione del capitale investito, senza alcun collegamento a qualsiasi logica di reinvestimento per il miglioramento qualitativo del servizio.
In sostanza riferisce il Corriere del Mezzogiorno:
In Puglia la remunerazione del capitale investito del 7% è un costo: quello che pagheremo ogni anno fino al 2018 sul bond in sterline pari al 6,92% contratto durante la gestione dell’era Fitto». «In Puglia - aggiunge Vendola - in realtà non siamo di fronte alla scelta di abbassare la tariffa del 7% e di conseguenza gli investimenti perché quella remunerazione non è utilizzata, come dovrebbe, per gli stessi investimenti, ma rappresenta la copertura di un debito e quindi dal punto di vista finanziario un costo». Resta, però, il problema politico: perché queste cose non sono state spiegate agli utenti prima del referendum? Lapidaria la risposta di Vendola: «Nessuno me le ha chieste». Né erano scritte nel quesito.
Chiedo a Angelo Bonelli, presidente dei Verdi, come si spiega questa posizione del Governatore Vendola:
Posso solo dire che la legge va applicata. Gli italiani hanno votato per l’abrogazione di una legge e questa ora deve essere rispettata. Che cosa prevede? Il taglio delle tariffe? Bene, vanno tagliate.
Infine, come si vede in foto in alto, ho provato a girare la domanda al diretto interessato attraverso la sua pagina Fb (non ho suoi recapiti), strumento di democrazia diretta. E molto direttamente la sua redazione ha cancellato la mia domanda per due volte.
(Ecoblog)
AIA aia aia!!!
Fumi dall'Ilva spuntano ombre sull'autorizzazione |
di MIMMO MAZZA (GdM) TARANTO - Getta un’ombra pesantissima sulla procedura di rilascio dell’Autorizzazione integrata ambientale (Aia) all’Ilva l’inchiesta avviata dai carabinieri del Noe di Lecce e culminata nei giorni scorsi con la consegna di un dettagliato rapporto alla Procura. I militari hanno concentrato le loro attenzioni sulle nuvole rossastre che periodicamente vengono sprigionate dallo stabilimento siderurgico, sulle torce delle due acciaierie, inserite stabilmente nel circuito produttivo e dunque non utilizzate per situazioni di emergenza, e sulla gestione dei rottami ferrosi. Tra gli atti acquisiti dai carabinieri del Nucleo operativo ecologico c’è il parere istruttorio conclusivo della Commissione per l’Aia, parere nel quale le emissioni diffuse derivanti dal taglio rottame vengono liquidate come «poco significative» mentre la combustione del gas di scarto, convogliate nelle torce, viene invece definita come «emissione diffusa». Trattandosi di ben cento milioni di metri cubi l’anno di gas sfogato per ogni torcia, i carabinieri la definiscono invece come una emissione puntuale e dunque allo stato non autorizzata, sottolineando come in una lettera del 21 aprile scorso il Ministero dell’Ambiente abbia chiesto informazioni circa i punti di emissione in aria e la gestione delle torce dello stabilimento proprio al fine di «valutare la necessità di avviare il riesame dell’Aia ed evitare che l’esercizio delle torce avvenga al di fuori dell’autorizzazione». I carabinieri del Noe di Lecce contestano al direttore dello stabilimento Ilva, Luigi Capogrosso, 56enne di Manduria, e ad una persona il cui nome è per ora coperto da omissis, il getto pericoloso di cose, l’incenerimento di rifiuti gassosi derivanti dalle acciaierie tramite impianti sprovvisti di autorizzazione e le emissioni non autorizzate in atmosfera provenienti dalle acciaierie. Le contestazioni riguardano l'inchiesta dei militari del Nucleo operativo ecologico confluita venerdì scorso, almeno per la parte riguardante Capogrosso, negli atti dell'incidente probatorio disposto dal gip Patrizia Todisco, su richiesta del procuratore capo Franco Sebastio, dell'aggiunto Pietro Argentino e del sostituto Mariano Buccoliero, sulle emissioni del siderurgico del gruppo Riva, inchiesta che secondo i carabinieri diretti dal capitano Nicola Candido dovrebbe portare all'emissione di un provvedimento cautelare reale (ovvero al sequestro) nei confronti degli impianti ritenuti responsabili delle emissioni, sequestro al vaglio della Procura che d'altronde proprio chiedendo l'incidente probatorio non aveva nascosto la possibilità di chiedere provvedimenti importanti nei confronti dell'Ilva. Nel primo rapporto inviato a gennaio alla Procura, i carabinieri sottolineano come «da entrambe le acciaierie (la uno e la due), si sprigionava in più occasioni una intensa e voluminosa nube rossa» e che l’uso delle torce sia sistematico e non legato a situazioni di emergenza. Secondo i militari, si tratta di due fenomeni che si verificano in maniera non episodica o accidentale. |
lunedì 27 giugno 2011
Il procuratore butta un salvagente all'Ilva
La procura non accoglie la richiesta dei carabinieri. Continua l'inchiesta, vertici indagati per disastro ambientale: i periti al lavoro per verificare legami tra sostanze, malattie e decessi nell'area tarantina. Già rilevata una serie di anomalie
Gli impianti dell'Ilva di Taranto non vengono posti sotto sequestro. E' quanto emerso ieri (26 giugno), quando la richiesta dei carabinieri del Nucleo operativo ecologico di Lecce non è stata accolta dalla procura della Repubblica di Taranto. Le autorità avevano chiesto il provvedimento di sequestro per inquinamento ambientale.
La richiesta è stata formulata dopo i controlli compiuti nell'arco di 120 giorni. A quanto si apprende, questi hanno evidenziato una serie di anomalie come l'accensione delle torce di acciaieria.
La decisione della procura viene illustrata dal legale dell'Ilva, Francesco Perli. "Il Tar della Puglia - si legge - , pronunciandosi sulle emissioni inquinanti del siderurgico di Taranto, ha annullato, con sentenza del 15 giugno 2011 l'ordinanza del sindaco, in quanto emessa su dati e misurazioni non attendibili e riconoscendo come l'Ilva abbia già realizzato tutti gli adeguamenti necessari per essere in linea con le migliori tecniche disponibili al momento esistenti".
Il sequestro è stato richiesto nell'ambito dell'incidente probatorio. Sono infatti sotto inchiesta per disastro ambientale il proprietario dell'Ilva, Emilio Riva, il figlio Nicola insieme a una serie di dirigenti. Per loro la procura di Lecce ha ipotizzato i reati di disastro colposo, omissione dolosa di cautele contro gli infortuni sul lavoro, avvelenamento di generi alimentari, danneggiamento di beni pubblici, getto di sostanze pericolose, inquinamento dell'aria.
E' la fase preliminare delle indagini. I periti hanno iniziato il loro lavoro per stabilire il livello di alcune sostanze inquinanti: diossina, Pcb, benzoapirene, Ipa. In particolare, gli esperti di epidemiologia sono chiamati a stabilire se ci siano collegamenti tra sostanze, patologie croniche e decessi nell'area di Taranto. Il giudice ha allungato di sei mesi il tempo per consegnare le perizie.
L'allarme delle associazioni proseguiva da molto tempo, ma la storia è iniziata tre anni fa. Allora furono rilevate tracce di diossina nel latte, nei formaggi e nella carne degli allevamenti tarantini, in particolare delle pecore. Dopo l'abbattimento di migliaia di esemplari di bestiame, la Regione Puglia ha vietato il pascolo fino a 20 chilometri dallo stabilimento. A quel punto si è messa in moto la macchina che ha portato all'inchiesta.
"A Taranto ormai siamo in presenza di una situazione ambientale e sanitaria fuori controllo". Lo ha detto il presidente dei Verdi, Angelo Bonelli. L'iniziatihttp://www.blogger.com/img/blank.gifva dei carabinieri, con la richiesta di sequestro, "è lodevole ma dimostra la totale assenza delle istituzioni su una questione così importante come la tutela della salute e dell'ambiente". Ha ribadito quindi la richiesta degli ambientalisti di "verificare la relazione fra morti e inquinamento", chiedendo di avviare un'indagine epidemiologica approfondita che porti alla bonifica e riconversione delle attività produttive. (Rassegna.it)
L'Arpa inchioda l'Ilva: diossina fuori dai limiti!!
Taranto, 27 giugno 2011 – Nei giorni 16, 18 e 19 maggio scorsi, ARPA Puglia ha realizzato la seconda campagna per la rilevazione di diossine e furani nei fumi delle emissioni del camino E312, afferente all’impianto di agglomerazione dello stabilimento ILVA S.p.A. di Taranto, realizzata - come la precedente campagna del febbraio 2011 - senza preavvisare l’azienda.
Tutte le operazioni di prelievo e di analisi di laboratorio sono state condotte, anche in questo caso, con il contraddittorio dei tecnici Ilva.
Il valore medio di diossine e furani misurato nei tre giorni di monitoraggio, al netto dell’incertezza di misura (pari al 35% come stabilito dalla LR 44/2008 e sue modifiche), è risultato pari a 0,70 ng ITE/Nmc.
(Arpa Puglia)
domenica 26 giugno 2011
Ilva finalmente si fa sul serio!!!
Intanto la procura mette agli atti le rilevazioni del NOE riguardanti quello che da decenni avviene sotto gli occhi inermi ma battaglieri della cittadinanza: le emissioni non dichiarate e continue di grandissime quantità di fumi e polveri. Solo gli amministratori dal comune alla provincia alla regione non se n'erano accorti: vero Stefàno, Florido e Vendola?
venerdì 24 giugno 2011
Mentre si attacca l'Ilva, l'Eni pasce... e inquina
TARANTO - Legambiente di Taranto prende coscienza del rischio rappresentato dalla presenza della condotta sottomarina dell’Eni che dal Mar Grande, attraverso strutture galleggianti di pompaggio denominate «campi boa», spinge il greggio delle petroliere direttamente nei grandi depositi della raffineria. «Un’operazione senza rischi», l’hanno definita ieri i responsabili della Capitaneria di Porto che sottintende al controllo. Così non la pensano, invece, l’ortopedico tarantino William Uzzi e l’ambientalista Fabio Matacchiera. I due esprimono seri dubbi in merito alla sicurezza e parlano (è il caso di Matacchiera), di «incidenti già verificati».
La presidente di Legambiente Taranto, Lunetta Franco, sgrana gli occhi: «Ammetto di non conoscere il problema - dice - ma se le cose stanno così, è bene che chi ha il dovere di intervenire lo faccia in fretta». La rappresentante tarantina dell’organizzazione ambientalista che proprio sui traffici di petrolio del colosso energetico e sui suoi programmi di trivellazione nel Golfo di Taranto sta conducendo una battaglia serrata, non si accontenta delle rassicurazioni rese dalla Capitaneria di porto («può accadere qualche piccola perdita - ha ammesso l’ufficiale responsabile del settore tecnico - ma solo di quantità di materiale assolutamente irrisorio che viene prontamente ripulito e reso innocuo»). «Una quantità minima di sostanza inquinante, in un mare già fortemente compromesso - replica Franco -, è un danno che il nostro mare non può permettersi». Lunetta Franco mette sotto accusa «la solita trascuratezza delle industrie» dove, aggiunge, «ogni attenzione per preservare l’ambiente qui a Taranto diventa un optional». La responsabile dell’organizzazione con la bandiera gialla ammette di non aver letto la denuncia di Matacchiera né di aver visto le foto da lui pubblicate sul Corriere del Mezzogiorno dove si evidenziano chiazze nerastre in prossimità dei bocchettoni delle boe di collegamento delle navi- cisterna. Secondo l’esperto subacqueo, già autore di numerosissime denunce sugli inquinamenti firmati dall’industria pesante tarantina, gli sversamenti avverrebbero durante la fase di collegamento dei manicotti, «soprattutto quando il mare è mosso», con una frequenza «di almeno una volta ogni tre, quattro operazioni». In un caso è stato anche testimone dell’incidente puntualmente immortalato da una foto molto eloquente. Per la Capitaneria, è bene ripeterlo, «sono incidenti trascurabili prontamente risohttp://www.blogger.com/img/blank.giflti e circoscritti dalle squadre addette alla sicurezza». Lunetta Franco non si accontenta e chiede l’intervento degli organismi preposti al controllo ma anche della politica. «Il comune è tenuto ad esercitare un controllo politico per cui, alla luce di quanto sta emergendo dalla stampa, farebbe bene il sindaco a fare la sua parte». Ecco tirato in ballo l’amministrazione comunale che sulle tematiche ambientali, almeno sinora, non si è mai tirata indietro. (Dinoi, CdM)
giovedì 23 giugno 2011
Processo all'Ilva. Si comincia: NON MANCATE!!!
La nostra presenza là fuori è comunque fondamentale, per far sentire che la città c'è ed è desiderosa che si faccia giustizia.
NON POSSIAMO MANCARE!!!
Ecco i capi d'imputazione:
"Disastro colposo e doloso, avvelenamento di sostanze alimentari, omissione dolosa di cautele contro gli infortuni sul lavoro, danneggiamento aggravato di beni pubblici, getto e sversamento di sostanze pericolose, inquinamento atmosferico sono i reati per i quali sono indagati Emilio Riva, 84 anni, presidente dell'Ilva spa sino al 19 maggio 2009, Nicola Riva, 52 anni, direttore dello stabilimento Ilva dal 20 maggio 2009, Luigi Capogrosso, 55 anni, direttore dello stabilimento Ilva, Ivan Di Maggio, 41 anni, dirigente capo area del reparto cokerie, Angelo Cavallo, 42 anni, capo area del reparto Agglomerato.
Come parti lese, sono state identificate il Ministero dell’Ambiente, la Provincia di Taranto, la Regione Puglia, e nove allevatori che furono costretti ad abbattere i loro capi di bestiame, risultati contaminati dalla diossina."
L'appuntamento è per tutti al Palazzo di Giustizia, venerdì 24 giugno (DOMANI!) alle h 12.00 in via Marche, 7.
lunedì 20 giugno 2011
Donne, processo e Ilva!
Si svolgerà nel Tribunale di Via Marche, l’udienza per l’incidente probatorio che vede sul tavolo degli indagati i 4 vertici dell’Ilva: Emilio e Nicola Riva, rispettivamente padre e figlio, Luigi Capogrosso, direttore dello stabilimento di Taranto, e Angelo Cavallo, responsabile del reparto Agglomerato 2.
L’accusa è quella di disastro ambientale relativamente alle emissioni di diossina da parte dello stabilimento Ilva di Taranto oltre a quelle di avvelenamento colposo di sostanze alimentari e getto pericoloso di cose.
Le indagini partite circa tre anni fa, in seguito al ritrovamento di pericolose tracce nei formaggi provenienti dagli allevamenti che pascolavano a ridosso della zona industriale, portarono come “soluzione” all’abbattimento di migliaia di capi di bestiame, lasciando sul lastrico allevatori ed economia locale e, immediatamente dopo, all’emanazione di Ordinanza regionale che ne vietava il pascolo nel raggio di 20 Km dal polo industriale (come se in quel raggio non ci vivano persone e bambini!).
Con tale inchiesta sembra che possa essere finalmente riconosciuta, in modo chiaro ed inequivocabile, la fonte inquinante, superando quella "difficoltà di identificazione del nesso causale" che si invoca regolarmente quando non si ha il coraggio e la serietà di assumere posizioni nette e precise nei confronti di chi continua a perpetuare questo crimine.
E' invece questa la risposta necessaria a tutelare una popolazione che, insieme alle pecore abbattute, ha respirato e mangiato anch’essa, in questi anni, inquinanti pericolosi per la propria salute.
Chissà se l’unica “soluzione” che troveranno sarà abbattere anche noi!
E’ la amara e triste considerazione che ci poniamo e che viene spontanea dinanzi a degli amministratori che, nonostante siano stati indicati come “parti lese”, non si sono ancora costituiti parte civile nel Processo.
E ci riferiamo a Ministero dell’Ambiente, Regione Puglia e Comune di Taranto.
E’ l’appello che rivolgiamo oggi a loro, di assumere una posizione precisa a fianco della popolazione colpita giornalmente da tali emissioni e degli allevatori che stanno portando avanti con coraggio e determinazione questo percorso di Giustizia.
Venerdì la popolazione si aspetta che Regione e Comune facciano questo passo.
Noi, comitato Donne per Taranto, saremo lì davanti al Tribunale a invocare Giustizia e a sostenere gli allevatori, a cui va il nostro plauso, il nostro appoggio incondizionato e la nostra solidarietà.
Ma saremo lì, insieme alla popolazione, anche per chiedere a gran voce che Regione Puglia e Comune di Taranto si costituiscano parte civile in questo Processo.
Non è più tempo di attese, non è più tempo di proclami: è tempo di Giustizia e di Verità!
Il Comitato Donne per Taranto
giovedì 16 giugno 2011
Taranto, città dell'Ilva non «boccia» le centrali nucleari
Cinismo e rassegnazione. Il presidente del comitato «Taranto futura», Nicola Russo, si batte per un altro referendum, quello in cui si chide ai tarantini se vogliono chiudere l’Ilva. Russo spiega: «Il quorum non è stato raggiunto perché i partiti non si sono impegnati nella propaganda elettorale. L’ambientalismo tarantino è, in realtà, di matrice recente, ha mostrato poca propensione all’autonomia dalla politica e non ha fatto scelte radicali. A Taranto non si può più dire: inquiniamo meno; si deve dire: non inquiniamo più».
Partiti capro espiatorio anche per Lunetta Franco, responsabile provinciale di Legambiente: «La campagna è stata fatta dai comitati, i partiti? Chi li ha visti. Taranto è città difficile, ma non possiamo limitarci al solito cliché. Oltre il disagio economico, generatore di disagio sociale, oltre il disinteresse, oltre l’assenza di ogni riferimento all’ambiente come priorità dell’impegno politico, c’è il catastrofismo. Si batte sul “tasto” Ilva e, per carità, c’è ancora tanto da fare; penso - spiega Lunetta Franco - all’emergenza Benzoapirene. Ma sono stati fatti dei passi avanti negli ultimi tempi e questo va detto. Non è possibile - conclude Lunetta Franco - catalizzare tutto l’impegno ambientalista sul siderurgico e poi avere una città senza raccolta differenziata e senza spazi verdi».
Di città «che non si commuove più per nulla» parla francamente il presidente di «Altamarea», il cartello di associazioni ambientaliste, Biagio De Marzo. Lui, domenica scorsa, era presente alla manifestazione organizzata dal «Comitato 12 giugno» per commemorare i morti sul lavoro. Anche lì il deserto, partecipazione zero. «Mi ha colpito l’insensibilità dei tarantini, l’assenza di giovani. Mi è venuto in mente - dice De Marzo - che alle marce ambientaliste, senza i ragazzi delle scuole, saremmo stati pochini. Città morta? Da tempo sì, prima del http://www.blogger.com/img/blank.gifdissesto addirittura. Il mancato quorum ai referendum? È figlio di tutto questo. Incredibile pensare che l’impegno per l’ambiente si riduca solo a un gran can can di alcuni, al quale si accodano altri a seconda del periodo».
«Eppure vogliamo ancora sperare - racconta Biagio De Marzo di “Altamarea” - in qualcosa. La nostra indignazione, il nostro dolore, ma anche la nostra voglia di ricostruire il senso di città passano dalla manifestazione organizzata il 7 luglio, su richiesta dei famigliari, in ricordo di Lucio Dione, ambientalista di “Altamarea” ucciso da un’auto sul ponte girevole alla vigilia di Pasqua». Un giorno di collera pacifica per l’ultimo agnello sacrificato sull’altare della città invisibile. (Fulvio Colucci - GdM)
AQP continua ad inquinare Mar Grande!
La vicenda è vecchia e ripetitiva: parliamo dei 4 (o ce ne sono altri?) scarichi a Mar Grande di fognatura di responsabilità di AQP che ci risultano non autorizzati (o qualcuno tira fuori una qualsiasi pezza d’appoggio giustificativa?). Circa un mese fa, un’ecosentinella di AltaMarea lanciò l’allarme per uno scarico a mare di liquame nauseabondo in corrispondenza di via Ciro Giovinazzi: AltaMarea mobilitò sul posto autorità ed enti competenti, fu redatto il verbale della Guardia di Finanza e vennero date le assicurazioni del caso perché non si ripetessero quegli inconvenienti.
Nel primo pomeriggio di martedì 14 giugno, una grande chiazza scura in Mar Grande ci viene segnalata questa volta da un’ecosentinella non ancora di AltaMarea ma già di suo Cittadino attivo, il sig. Giovanni Colapinto, che abita in un palazzo da cui gode di un’impagabile veduta su Mar Grande. Egli ci ha precisato che da anni combatte una battaglia solitaria contro le tante brutture che esistono nei pressi di quel condominio, abitato da una frotta di avvocati, medici, ingegneri, commercialisti, ecc. ed anche da consiglieri comunali e regionali, da dirigenti di enti pubblici direttamente interessati ai problemi da Colapinto segnalati tenacemente ma invano. Ad ulteriore scorno, in quel condominio c’è stato proprio l’AQP, ora allontanatosi di pochi metri.
Ricevuta la segnalazione, armati di cinepresa e tanta pazienza, ci siamo recati sul posto ed abbiamo individuato a colpo sicuro che un grande flusso di liquido putrido fuoriusciva da un cunicolo nascosto sotto un po’ di vegetazione tra il piazzale sottostante al condominio di viale Virgilio 20 e la zona della sezione velica della Marina Militare, proprio in linea d’aria con la sede dell’AQP e con la botola di accesso ad apparecchiature di servizio del collettore fognante di AQP.
Abbiamo chiamato a raccolta una TV locale, la Guardia di Finanza – Sezione marittima, l’assessore comunale all’ambiente e sanità, l’ARPA Dpt di Taranto, l’ASL Dpt prevenzione. Si è fatto vedere solo l’assessore comunale che, pur abbastanza incavolato, non è riuscito a far intervenire la polizia municipale; le altre personalità contattate hanno fatto sapere di essere a conoscenza delle cose da tempo immemorabile. La solita solerte pattuglia della Guardia di Finanza – Sezione marittima ha fatto il sopraluogo constatando la fuoriuscita di liquido putrido e nauseabondo. La fuoriuscita è cessata completamente intorno alle 20,30 in concomitanza con l’arrivo di un automezzo presso la sede di AQP in viale Virgilio dove si trova la botola di accesso a sistemazioni del collettore fognario. Alle 21,10 abbiamo firmato il verbale redatto dalla Guardia di Finanza – Sezione marittima, che andrà ad allungare la pila di segnalazioni, denunce, ecc. già fatte.
Da qui l’amara considerazione: sono anni che tutti sanno, ARPA, ASL, Comune, Provincia, Regione, Guardia di Finanza, Procura della Repubblica. Anche l’Ordine degli ingegneri e l’Ordine dei medici hanno la sede proprio lì, nello stesso stabile dove c’è la sede dell’AQP, all’incrocio tra via Crispi e viale Virgilio, dove la puzza di fogna è perenne. E non succede niente.
Quasi mi pento di avere votato 2 SI ai referendum sull’acqua. Se l’AQP fosse stata già dei privati, ci sarebbe stata una sollevazione cittadina che avrebbe potuto ottenere almeno la cacciata a pedate nel sedere di quei tecnici e amministratori incapaci di risolvere un annoso brutto problema. Purtroppo, questo, che da sempre è un ente pubblico, è impermeabile a qualsiasi sollecitazione e brutta figura. Non ha neanche il coraggio di esporre, in un pubblico confronto con l’opinione pubblica, quale sia la montagna tecnica che non riescono a scalare. Nel frattempo le autorità comunali, provinciali e regionali e le Istituzioni competenti ad intervenire restano inermi e rassegnate e ignorano (?) anche che per le norme in vigore in Mar Grande, ancor più vicino alla riva cittadina, è vietato pescare e bagnarsi.
Usque tandem! La speranza è che non demordano i tanti signori Colapinto di cui Taranto ha tanto bisogno.
Biagio de Marzo - ALTAMAREA – Comunicato stampa
Taranto 15 giugno 2011
mercoledì 15 giugno 2011
Fabbrica Città: presto la mostra personale di Mariarosaria Stigliano a Taranto
Comunicato Stampa
FABBRICA
CITTA'
di
Mariarosaria Stigliano
A partire da venerdì 24 giugno le prestigiose sale del Castello Aragonese di Taranto ospitano la mostra personale dell'artista Mariarosaria Stigliano: FABBRICA CITTA'.
L'evento espositivo installativo sarà aperto al pubblico dal 24 al 26 giugno, nell'occasione verrà presentata una video animazione realizzata in collaborazione con Bruno Parretti.
Pierpaolo De Lauro
Scheda tecnica:
Titolo mostra: Fabbrica Città
Artista: Mariarosaria Stigliano
website: www.mariarosariastigliano.net
Testi: Pierpaolo De Lauro
Date: 24 - 26 giugno 2011
Sede: Galleria Comunale -Castello Aragonese ,
Piazza Castello (Taranto)
vernissage: venerdì 24 giugno ore 18.30
orari: sabato17.00-20.00, domenica 10.00-12.00
Ingresso libero
L'ilva si allarga!
mercoledì 8 giugno 2011
Taranto, regno della diossina protetto dalla Prestigiacomo
Emilio Riva, padre padrone dell’Ilva, e 29 dirigenti sono stati rinviati a giudizio per la morte di quindici operai. Qui si produce il 90% della diossina di tutta Europa. Eppure Riva è legato a doppio filo sia al ministro dell’Ambiente sia al presidente pugliese Nichi Vendola. La legislazione ambientalista qui ha vita dura.
7 giugno 2011 - 11:19
Emilio Riva, il padre padrone dell’Ilva di Taranto, più altri ventinove suoi dirigenti sono stati rinviati a giudizio per la morte di quindici operai. Per la procura di Taranto i tumori che hanno fatto ammalare e morire i 15 uomini, a partire dal 1975, sono riconducibili alle omissioni e alle violazioni compiute dai trenta responsabili dell’impianto che rende quella pugliese tra le città più inquinate d’Europa. Basti pensare che si produce qui il 90% della diossina di tutto il vecchio continente.
Una notizia, questa, che al di fuori dei quotidiani locali ha trovato scarsa eco. Ma non stupisce. Da sempre quel che accade dentro e fuori l’impianto siderurgico pugliese trova poco interesse, anche negli uffici del nostro ministero dell’Ambiente. Grazie al rapporto speciale che lega Emilio Riva al ministro Stefania Prestigiacomo, ma anche al presidente della regione Puglia Nichi Vendola. Esistono leggi “salva Ilva” e curiose dimenticanze che rendono impossibile ancora oggi il monitoraggio continuo delle diossine e del benzopirene sversato dall’impianto su una consistente fetta della Puglia.
Qualche giorno fa, solo per citare l’ultimo episodio, Aldo Pugliese, segretario generale della Uil, ha scritto a Nichi Vendola parole di fuoco: “C’è un pericoloso immobilismo della Regione per quanto riguarda l’Ilva. L'ultimo approfondimento relativo alla situazione dei problemi della sicurezza e dell’ambiente dello stabilimento di Taranto, peraltro previsto dal protocollo sottoscritto da Regione Puglia, organizzazioni sindacali e Ilva, risale al 30 luglio 2008. Quindi, ad oggi, nessun incontro utile al monitoraggio dell'applicazione del protocollo in questione è più stato convocato, come concordato, presso la Prefettura di Taranto”.
Ci sono inoltre ritardi nella messa in sicurezza e nel monitoraggio nella cokeria, nell’altoforno, nell’area stoccaggi e nel parco minerali.
Ancora più grave, scrive il sindacalista. “Siamo ancora all’anno zero per quanto riguarda la bonifica di 115 kmq di territorio e rimane sempre da verificare il livello sin qui raggiunto per quanto attiene le bonifiche da amianto”.
Riva è la parolina magica con cui arrivano autorizzazioni ambientali e si chiude un occhio sui ritardi. A Bari come a Roma. Proprio in questi giorni è in via di approvazione la nuova Autorizzazione Integrata Ambientale con la quale si permetterà un aumento di produzione di acciaio (e, quindi, delle sostanze inquinanti) da 9 milioni di tonnellate a 15 milioni. Nelle cokerie sono previsti l’aumento delle polveri (da 822 a 1267 tonnellate all'anno), del benzene (da 13 a 15 milioni di tonnellate), dell’anidride solforosa (da 2160 a 6343 tonnellate), del biossido d’azoto (da 2200 a quasi 5000 tonnellate). Anche per l'impianto di agglomerazione, sono previsti aumenti di emissione quasi del doppio rispetto al 2005 per polveri, anidride solforosa e ossidi di azoto.
La regione nicchia, il ministero pure.
Riva è, per così dire, un uomo molto legato al nostro governo e al ministro Prestigiacomo. Imprenditore che sa ben ramificare i suoi investimenti, fu l’uomo che nel 2008 rilevò le quote dell’armatore Daponte nell’affaire Cai, cedendole poi al figlio, facente capo alla stessa sua società, e avallando la delicata fase di passaggio della compagnia di bandiera italiana. Un’operazione grazie alla quale il governo potè mostrarsi orgoglioso di aver “salvato” Alitalia da morte certa. L’erede Riva siede ancora oggi nel consiglio di amministrazione della nuova Alitalia.
Proprio in quel periodo il ministro Prestigiacomo si batteva strenuamente, anche ad agosto, per contestare il nuovo monitoraggio delle diossine svolto a Taranto. Perché fino ad allora neanche esisteva un controllo puntuale e preciso sull’aria che uscendo dai camini Ilva ammorbava per sempre il territorio.
L’8 agosto di quello stesso 2008, il ministro scrisse all’Arpa Puglia che le analisi attestanti il rischio ambientale a causa dell’alta percentuale di diossina, degli elevati valori del benzopirene - ritenuto uno degli inquinanti più cancerogeni prodotto dalle cokerie - erano da cestinare. «Le campagne di rilevazione effettuate - è scritto - non possono essere ritenute valide ai fini dell’individuazione di specifiche criticità ambientali e per imporre limiti più elevati rispetto a quelli definiti dalle norme o raggiungibili con le migliori tecniche disponibili». Proprio quello che dice sempre Riva. Ma i dati non lasciano scampo: sono di otto volte superiori rispetto a quelli imposti da alcuni Paesi europei e di certo, come ha spiegato Giorgio Assennato - direttore dell’Arpa - «almeno il doppio rispetto alla media Ue. In Italia manca una legge sulle diossine».
Dal 2008 ad oggi nulla è stato fatto.
Anzi qualcosa sì, ma non in direzione della salute pubblica. A novembre del 2008, mentre Cai decollava, il ministro è intervenuta numerose volte per minimizzare i dati sull’inquinamento e «evitare la chiusura dell’Ilva», mentre gli allevatori pugliesi mandavano al macello migliaia di capi malati di diossina, e la popolazione tarantina prendeva consapevolezza dei rischi per la salute.
A onor del vero l’estate scorsa fu proprio il ministro a inaugurare a Taranto, nell’impianto Ilva, un nuovo e moderno sistema per ridurre le “diossine del 50%”. Ma proprio negli stessi giorni qualcuno, nella disattenzione generale, ha inserito nel recepimento della direttiva europea sull'aria pulita sottoposto al parere delle Commissioni Ambiente di Camera un emendamento per prorogare l'entrata in vigore dei limiti alla concentrazione di benzopirene. «Un regalo – ha detto il senatore Pd Roberto Della Seta – che il ministro Prestigiacomo ha voluto portare all’Ilva». E non finisce qui.
L’Ilva ha da poco annunciato di aver ridotto del 40% le emissioni nocive di benzopirene nel primo trimestre del 2011. Ma gli ambientalisti fanno scoprire il trucco: «I dati non sono un successo: le emissioni superano in media del 93% i limiti della precedente normativa – dichiara Taranto sociale e Alessandro Marescotti di Peacelink – e se il governo non avesse cambiato la norma per decreto sarebbero certamente fuorilegge. Se fosse in vigore la precedente normativa sul benzoapirene che il governo ha cambiato il 13 agosto 2010 eliminando il
limite - fanno rilevare gli ambientalisti - i dati non dovrebbero infatti superare 1 nanogrammo a metro cubo. Invece tale valore è quest'anno abbondantemente superato: 1,55 ng/m3 a gennaio, 2,82 ng/m3 a febbraio e 1,43 ng/m3 a marzo 2011. La media è 1,93 ng/m3 mentre la media annua non dovrebbe superare 1 ng/m3 stando alla precedente normativa che il governo ha cambiato».
L'Ilva, secondo gli ambientalisti, «con evidente intento propagandistico, raffronta tale dato cattivo con quello “pessimo” del 2010 (che era 3 ng/m3); confronta cioè un dato inaccettabile (1,93) con un dato ancora peggiore (3), ma entrambi sono superiori a 1. L’Ilva inoltre ammette implicitamente di essere responsabile di quel dato, che si riferisce (si badi bene) all'aria del quartiere Tamburi e non ai camini».
Ad agosto, quindi, dal ministero dell’Ambiente è giunto un altro aiutino a Riva. Il decreto legislativo 155/2010 ha così rimandato al 2013 il raggiungimento dell'obiettivo di un nanogrammo per metrocubo di benzo(a)pirene in aria. Il lavoro del governo trova sponda in regione: il presidente Vendola avrebbe potuto sollevare entro il 14 settembre scorso la questione di legittimità costituzionale. Ma non l’ha fatto. «Perché? – chiedono in una nota i Verdi pugliesi – E perché in Commissione Stato- Regioni la Puglia non ha sollevato alcuna obiezione rispetto alla norma “salva Ilva” che in quella sede fu approvata senza alcuna obiezione? Eppure in quella sede la Puglia avrebbe potuto far sentire la sua voce».
I camini dell’Ilva continuano ad emettere fumi, e i cittadini, sperando nel lavoro dei magistrati, incrociano le dita e sperano che ad agosto non arrivino altri “regalini”
Stefania Fanni su linkiesta
lunedì 6 giugno 2011
Lo strano caso dell’onorevole Franzoso e di mister Pietro
Tamburi, frazione di ILVA di Tiziana Magrì
Eravamo in tre ed eravamo il pubblico; sotto i riflettori 4 i politici invitati a rispondere. Per il Pdl l’onorevole Pietro Franzoso, protagonista indiscusso e solitario del successivo dibattito a porte chiuse e telecamere spente; per il Pd l’assessore comunale con delega al Patrimonio e al Lavoro, Dante Capriulo, per la Regione l’ibrido consigliere SEL, Cosimo Borracino, e per il Pdl il giovane e ripescato consigliere comunale Ugo Lomartire.
“ Onorevole, lei ha detto che a Taranto bisogna parlare di investimenti industriali con forte ricaduta economica. Io le chiedo se in veste di rappresentante dei cittadini tarantini hai mai portato il caso Taranto – città devastata dalla grande industria – in Parlamento, dando per scontata la forte urgenza di interventi a tutela della salute”. “Voglio rispondere alla signorina……” Mancano solo 3 minuti alla fine della trasmissione e Pietro Franzoso, deputato Pdl, cerca di intelaiare argutamente una convincente risposta alla mia domanda. In quel fiume di parole Franzoso dimentica, forse, voci come salute, ambiente, e alternativa economica. La sua terminologia appare un plauso in diretta al “compagno” Riva. E, non solo!
L’assessore democratico Capriulo non risponde alla domanda: “il piano di vendita degli immobili a fine mandato – visti i tempi brevi- potrebbe risultare troppo frettoloso, e non si rischia quindi l’inosservanza delle dovute cautele, il tutto a scapito della collettività tarantina?” Questi sono due dei quesiti – inevasi – che ho posto durante la diretta in qualità di rappresentante dei giovani.
Eravamo lì per un’analisi del voto sulle ultime amministrative nazionali e per discutere sui problemi della città. Beato il pubblico che ha visto e sentito quello che doveva vedere e sentire perchè “in TV nessuno perde. Tutti vendono.” Pensiero di un giovane economista disoccupato.
Ma più si ha sete di sapere, più noi (giovani) non ci siamo accontentati delle poche risposte incomplete: su molte domande si è tergiversato con eleganza.
Nel backstage di un qualsiasi spettacolo gli attori “restano umani”. Ma esiste sempre l’eccezione alla regola. Spente le luci della diretta il dopo Polifemo – trasmissione condotta dal giornalista Luigi Abbate in onda su Blustar tv ogni venerdì in prima serata – è stata un disvelarsi (senza parole) di “dicuntur” sentite per passaparola nella piazza; venedì scorso però queste voci sono diventate verità ricevute a muso duro.
Nel break finale, l’onorevole Franzoso ci ricorda con perizia i fondi stanziati per la riqualificazione urbana e ambientale del quartiere Tamburi. 49 milioni e 400 mila euro del I° Atto integrativo del progetto sottoscritto a Roma dalla Regione Puglia e dai Ministeri dell’Economia e delle Infrastrutture. A questi si sarebbe aggiunta (il condizionale è d’obbligo, data la tanto agognata attesa) la possibilità di incrementare la dotazione stabilita dall’accordo romano con fondi dell’esecutivo regionale targato SEL, fino a raggiungere 78 milioni di euro. Si tratta di un pacchetto per il riscatto del quartiere – intanto diventato rosso per la sua vicinanza alla più grande industria siderurgica europea, l’Ilva. Laboratori sociali, demolizione dei 400 alloggi di via Machiavelli e via Lisippo (case parcheggio), costruzione di nuove abitazioni, caratterizzazione e bonifica delle aree, realizzazione (un sogno!) di una foresta urbana etc etc. Ci ricorda tutto Franzoso. Tutto!
Ma la risposta alla domanda non è completa e lo faccio notare a Franzoso quando non siamo più in diretta: mi sembra scontato ricordare all’onorevole che il suo brand Ilva non deve fargli dimenticare che è eletto dalla provincia e da Taranto, suo capoluogo di provincia, e che è suo dovere tutelare la salute dei tarantini. E’ anche suo dovere pensare ad un’alternativa economica per la città.
Risposta scontata: da imprenditore lui ribatte che l’unica possibilità economica per i giovani tarantini è l’industria. “Sì sì fatela chiudere l’Ilva poi vediamo come dovete fare”. I 70 mila disoccupati tarantini restano il ricatto di chi come lui non ha la volontà di programmare un futuro diverso. “ Forse lei non ha mai vissuto al quartiere, anzi non è mai passato nei giorni di forte vento. Anzi, è certo. Non sa cosa vuol dire raccogliere quel finto terriccio rosso che brilla a diamante. Piacevole allo sguardo fino a quando non penetra nei pori del viso, negli occhi irritati. Fino a quando riesci a respirare. E poi c’è degrado, disoccupazione.” Lui, risponde “Ai tempi del mio amico presidente della circoscrizione Danilo Crocco adottammo un programma di politica sociale sul quartiere: vennero assunte 1000 persone”. Sbalordita dalla superficialità spaventosa gli ricordo che il quartiere è popolato da circa 20 mila persone e che, in proporzione, i numeri non ci stanno proprio come atto di buona volontà. “Ah! – esclama – se le 13 mila unità fossero state assorbite dal vostro quartiere vi andava bene l’Ilva!?” Sono affermazioni che creano momenti di imbarazzo tra gli ospiti, ma a parte noi (io, Domenico Cinquegrana e Roberto Polidori) i V.I.P. non professano parola. Neanche i V.I.P. di “sinistra”. Dal canto suo Franzoso è uno che cura i suoi interessi economici. Infatti, tutti sanno che alcuni membri della sua famiglia sono titolari di aziende (Iris S.r.l. intestata lla moglie almeno fino al Settembre 2010) appaltatrici all’interno del colosso siderurgico. Per cui è legittimo domandarsi se non vi sia conflitto d’interesse con il suo ruolo di componente della Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti, che indaga anche su eventuali illeciti commessi nello smaltimento dei rifiuti industriali perpetrati dalle aziende industriali come ILVA, Cementir ed ENI (ed anche le aziende appaltatrici di questi colossi).
Ricatto occupazionale: un altro modo di fare beneficienza di Roberto Polidori
“Lei crede che la Provincia di Taranto versi in una situazione economica migliore rispetto al resto della Regione Puglia e al resto delle Provincie del Sud amministrate dal centro-destra?”. Questa la mia unica domanda posta all’Onorevole Franzoso durante Polifemo di Venerdì scorso. Una domanda di “sistema” che necessitava di un’ampia risposta, incompatibile con i tempi stretti della diretta e con l’autorefenzialità dei rappresentanti delle Istituzioni che, sopratutto quando numerosi, devono concentrarsi su pochi argomenti che siano succulenti da un punto di vista elettorale.
In verità l’argomento del giorno è stato (e rimane) il rischio di licenziamento per i 712 dipendenti di Teleperformance, su cui Siderlandia ha scritto molto nel numero precedente. Era prevedibile e in parte giustificabile che il tema di attualità determinasse una convergenza di valutazioni sulla delicata questione da parte dell’On. Franzoso, dell’Assessore Capriulo, del Consigliere Lomartire e del Consigliere Borraccino: si tratta del destino di 712 famiglie. Mi aspettavo, però, che una volta sviscerato l’argomento, gli invitati avrebbero risposto alle domande, alcune molto intelligenti e molto scomode, fatte da altri. E invece niente, a parte Dante Capriulo che parla di spazi per le Associazioni di Taranto e di un bando interessante.
Da registrare l’incredibile performance del consigliere PDL Lomartire che inscena uno spettacolo elettorale onestamente ridicolo; a metà serata saltano fuori dalla cartellina che si è portato dietro i rilievi della Corte dei Conti sulle irregolarità del bilancio della gestione Stefano, attaccando chi è stato titolare della delega al Bilancio negli ultimi anni (fra cui Capriulo appunto, sollevato da alcuni mesi). La Corte dei Conti è un organo dello Stato con funzioni giurisdizionali ed amministrative di controllo in materia di entrate e spese pubbliche; è l’organo tecnico per antonomasia e bacchetta tantissimi comuni (andate su Internet per verificare). Fa specie che un consigliere Comunale del PDL picchi duro l’assessore di un’amministrazione comunale che ha avuto a che fare con il dissesto più grave che un Comune italiano abbia mai subito in termini di debito pro-capite (900 milioni di Euro e forse qualcosa in più); soprattutto quando, poi, il dissesto è stato causato dalla dissennata amministrazione Di Bello – un’amministrazione non esattamente di centro-sinistra.
Ho provato a riproporre la domanda all’Onorevole Franzoso fuori onda quando, tra un cornetto e l’altro, costui battagliava con Tiziana Magrì sui morti dei Tamburi; il senso della mia domanda era questo: il tasso di disoccupazione della nostra Provincia si attesta al 12,5%, in netto incremento rispetto all’anno precedente come in tutto il Sud Italia, nonostante l’incremento di domanda d’acciaio che ha fatto ripartire la nostra industria pesante e parte dell’indotto industriale. Taranto è intrappolata in una monocultura governata dall’acciaio, perché l’acciaio ha bisogno di energia (Edison ed Eni) mentre il cemento (Cementir) e l’acciaio sono indispensabili per l’edilizia. Non si potrebbe cominciare a pensare a qualcosa di alternativo all’acciaio, tenendo anche conto del fatto che l’ILVA inquina un tantino, si muore un po’ di cancro e (forse) c’è qualche caso in più di malattia immunitaria?
Ricordo all’onorevole Franzoso che l’ILVA dovrebbe utilizzare le migliore tecnologie disponibili e l’Onorevole mi risponde che io dovrei spiegargli cosa sono le migliori tecnologie disponibili e dove sono. L’onorevole ha ragione ma così dicendo mi dimostra di non essersi posto un problema fondamentale: se un’azienda ci dice che applica le migliore tecnologie disponibili e non c’è modo di accertare che queste siano realmente tali e che le abbia applicate forse esiste un margine di “libertà produttiva” un po’ troppo ampio (asimmetria informativa). Circa il Dgls 155/2010 l’Onorevole mi dice, ancora giustamente, che il decreto salva-ILVA ha riportato (aumentandoli) i limiti di emissione del benzo(a)pirene a quanto previsto dall’originaria normativa europea fino al 2013. Benissimo, è certamente così: l’onorevole “mi rimbalza” anche in questo caso. Mi domando però come mai si sia andato a peggiorare un Decreto Legislativo precedentemente approvato in Italia che per una volta era migliore di quanto previsto dall’Europa.
So bene che nel sistema economico e produttivo attuale l’acciaio è insostituibile (si pensi a Fincantieri e alle manifestazioni di altri “disoccupati” dei cantieri navali); in quest’ottica ILVA è un concentrato di interessi economici incredibile: produttivi (produce il 40% dell acciaio italiano), occupazionali (è la fabbrica con il maggior numero di dipendenti in Italia), sindacali (il sindacato deve tutelare il lavoro e la salute dei lavoratori), economici (non solo del proprietario ma anche dell’indotto), politici (barcamenarsi tra tutela della salute e lavoro non è facile).
Faccio presente all’Onorevole Franzoso che l’ILVA produce senza AIA (i cui termini di ottenimento sono differiti ad arte da un governo ammiccante). L’AIA è l’Autorizzazione Integrata Ambientale, un nulla osta a produrre nel “rispetto di alcuni standard e principi” che permettano in sostanza un abbattimento progressivo dell’impatto ambientale di talune produzioni in accordo con le Migliori Tecnologie Disponibili (BAT), nell’ipotesi tutta da dimostrare ma verosimile che le tecnologie miglioreranno (e quindi le industrie dovrebbero generare meno esternalità). “Potremmo fare l’esempio delle emissioni inquinanti delle autovetture Euro3, Euro4 Euro5: le auto più inquinanti sono state progressivamente eliminate dal mercato prevedendo incentivi all’utilizzo di auto meno inquinanti fino ad arrivare all’obbligo di produzione di autovetture di ultima generazione; è chiaro che alcune attività industriali particolarmente inquinanti prevedono valutazioni più cogenti relative al posizionamento degli impianti: alle cokerie ILVA, ad esempio, non sono applicate BAT tali da poter ridurre l’impatto inquinante del benzo(a)pirene sugli abitanti dei Tamburi” (Intervista ad Alessandro Marescotti pubblicata su Siderlandia in data 23/02/2011). A causa della mancata concessione dell’AIA su 1.200 impianti (tra i quali il più grande è l’ILVa) la Comunità Europea ha condannato recentemente l’Italia a pagare qualche miliardo di Euro per infrazione della Direttiva Europea IPPC. Taranto è inoltre il polo industriale italiano in cui si produce una grande quantità di CO2 contravvenendo il Protocollo di Kyoto 2008-2012 (Kyoto club su dati ISPRA-IPCC) e contribuendo a causare multe di circa 2 MLD di Euro.
Ecco che l’onorevole parte all’attacco: “Lei non ha rispetto per 13.000 operai e per le loro famiglie; speriamo che raddoppino l’ENI”; ecco la tattica evergreen che tante volte ho denunciato da Siderlandia; questa volta rispondo io : “Onorevole: proteggersi dietro 13.000 scudi umani non è molto onorevole, tanto più quando un certo tipo di imprenditoria e di cultura manageriale li sta rendendo sempre più schiavi”, e gli spiego di aver organizzato un forum nel quale i pochi operai accorsi ci hanno chiarito che sanno bene di rischiare molto in fabbrica, sanno bene di non respirare aria di montagna, ma sanno altrettanto bene di avere mutui da pagare. Gli spiego anche che il contratto integrativo ILVA è così “generoso” (!!!) perché nel 2007 c’è stato uno sciopero unitario riuscito all’80%, non certo per la magnanimità dell’ing. Riva, che con ILVA credo guadagni qualcosina. Ecco che esce fuori la verve “imprenditoriale” dell’onorevole: “Provi lei a fare imprenditoria. Prima di Riva il Governo doveva intervenire in Italsider a suon di migliaia di miliardi di lire per coprire i buchi di bilancio”. E’ vero, la storia insegna che lo Stato è intervenuto spesso in Italsider per ripianare i danni; mi chiedo però chi stia pagando ora, come allora, i danni da inquinamento (in termini di salute), le multe comunitarie e i danni di certa imprenditoria che crea società cattive da far fallire (scaricando tutti i danni su pubblico ed altri privati), chi paga per le società che vivono sulla cassa integrazione passata da mamma-Stato, chi paga per le errate scelte imprenditoriali che condizionano la vita di una collettività per decenni. Paga la collettività, appunto. Per capire quanto fosse facile vivere a Taranto in passato con ditte private appaltatrici dell’ILVA e della Marina basta leggere l’ampia bibliografia di Peppino Stea e Roberto Nistri (che su questo sono d’accordo). Teleperformance, del resto, ha sfruttato per bene i contributi statali e regionali prima di dichiarare che la Direttiva Sacconi la mette in ginocchio. E dove sta l’iniziativa privata ed il rischio d’impresa? Dov’è la “distruzione creatrice” di Schumpeter? E’ facile nascondersi dietro gli operai quando hai le spalle coperte da mamma-Stato. Questa volta l’onorevole se ne va con il consigliere Lomartire sotto il braccio: un uomo del fare. Mentre usciamo da Blustar ribadisco il concetto che avevo spiegato a Tiziana il giorno prima quando mi poneva questa domanda: “Ma non abbiamo già dato tanto?”. Ho risposto: “Tiziana, la politica della monocultura industriale, come vedi, crea rendite private grandi e piccole difficili da sradicare; altro che turismo: qui mi sa che questa imprenditoria vorrà di più”.
Il senso del discorso è ancora più chiaro alla luce di quanto mi ha detto l’Onorevole prima di uscire: “non vorrà mica mettere il naso nelle organizzazioni aziendali private”. Per carità: l’importate è che siano realmente private!
(Siderlandia)