Corruzione, truffa aggravata,
ricettazione. Sono i reati ipotizzati dal sostituto procuratore Enrico
Bruschi in una indagine, delegata al Nucleo di polizia tributaria della
Guardia di Finanza, che rischia di provocare un vero e proprio terremoto
a Palazzo di Città.
Sono sette gli avvisi di garanzia che il magistrato
titolare dell’inchiesta ha dovuto firmare per consentire ai finanzieri
guidati dal tenente colonnello Giuseppe Micelli di compiere al meglio la
loro attività, pur correndo il rischio di scoprire parzialmente le
carte.
Nel mirino sono finiti gli imprenditori Pietro Galiuto,
71 anni, e suo figlio Antonio, 42 anni, entrambi difesi dall’avvocato
Gaetano Vitale. I due Galiuto sono titolari di di due aziende (Volpe e
Geoga) che hanno svolto numerosi lavori pubblici per conto del Comune di
Taranto, soprattutto in città vecchia. Nell’isola, infatti, le imprese
in questione si sono occupate, tra l’altro, della ristrutturazione di
palazzo Pantaleo, il contenitore culturale ubicato nei pressi della
chiesa di San Domenico. L’edificio è stato restituito alla fruizione dei
cittadini nel marzo scorso, dopo lavori per 3,6 milioni di euro,
finanziati dai fondi Urbani II, con quota di partecipazione comunale, e
diretti dall’architetto Enzo La Gioia, responsabile per il Comune
dell’ufficio di Area Vasta.
Proprio La Gioia, difeso dall’avvocato Egidio Albanese, è
uno degli altri cinque indagati: assieme all’ex presidente dell’ordine
degli architetti di Taranto, sotto i riflettori delle Fiamme Gialle sono
finiti il geometra Antonio Mancini, funzionari dell’ufficio comunale
Risanamento Città vecchia già coinvolto nell’inchiesta sul tartarugaio,
il funzionario dei lavori pubblici Marcello Traversa, e Francesco
Scialpi.
L’inchiesta avrebbe preso le mosse da un dettagliato
esposto presentato da un ex dipendente dei Galiuto e concernenti le
modalità di realizzazione dei lavori oggetto di appalto, lavori
riguardanti non solo Palazzo Pantaleo ma anche ulteriori interventi
fatti in città vecchia. Lo scorso 4 luglio i finanzieri hanno eseguito
una approfondita perquisizione negli uffici delle imprese dei Galiuto,
procedendo inizialmente per l’ipotesi di reato di truffa aggravata ai
danni dello Stato.Nel corso della perquisizione, però, i militari avrebbero rinvenuto documentazione tale da far compiere un clamoroso salto di qualità all’inchiesta, accreditando l’ipotesi di corruzione poi formalizzata l’altro giorno, quando i finanzieri sono piombati nelle abitazioni e negli uffici dei funzionari pubblici, compiendo una ispezione finalizzata ad accertare se davvero, come sembrerebbe da alcune carte sequestrate nei giorni precedenti, gli imprenditori hanno corrotto i loro interlocutori e controllori tramite lavori eseguiti nelle rispettive proprietà, senza alcun corrispettivo. (GdM)
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