Vel…Eni senza autore
“Un fenomeno esiguo, contenuto e che non ha provocato alcuna
emergenza ambientale”. Inizia così la terza nota ufficiale in quattro
giorni, evento mai accaduto sino ad oggi, prodotta dall’area
comunicazione dell’Eni dopo quanto accaduto nei giorni 8, 9 e 10 luglio
scorsi. Dunque, nonostante gli esiti finali delle analisi svolte da ARPA
Puglia non siano ancora stati resi noti, l’Eni esclude che l’ambiente
abbia risentito delle ingenti emissioni nell’aria emesse dalle torce
dovute al blocco degli impianti a causa del blackout energetico di
lunedì scorso e di quelle dovute alla ripartenza degli impianti nella
giornata di mercoledì 10. Non solo. Perché nella nota diramata nella
tarda serata di sabato si legge anche altro. L’esclusione che si sia
verificata un’emergenza ambientale sarebbe emersa “al termine del
completamento dell’intervento di tutela ambientale dello specchio di
mare antistante lo scarico di raffineria effettuato dalla società
Ecotaras. Il report redatto dalla società, dichiara un recupero finale
pari a soli 100 litri di acqua con presenza minima di idrocarburi,
assolutamente distanti quindi da quantità che possano destare
preoccupazioni di tutela ambientale del mare o essere posti in
correlazione ai miasmi avvertiti in città”.
Dunque, nessuna emergenza, è tutto nella norma. Sarà. Ma la cosa
davvero “strana” è un’altra. Perché scorrendo la nota dell’Eni si legge
quanto segue: “I risultati delle analisi confermano che non è
attribuibile alla raffineria quanto è stato descritto da più parti come
un grosso sversamento in mare e causa dei cattivi odori in città”.
Dunque, non solo non siamo in presenza di alcuna emergenza ambientale;
ma addirittura si esclude che la raffineria abbia responsabilità per
quanto concerne sia l’emissione delle “sostanze odorigene” che lo
sversamento in mare di liquido contenente idrocarburi. Strano, molto
strano davvero. Perché martedì 9 luglio, all’indomani dello
“sversamento” in acqua di liquido sospetto, era stata la stessa Eni
attraverso una nota ufficiale ad attribuirsi ogni responsabilità: “La
concomitanza delle avverse condizioni meteo e del blocco elettrico non
ha consentito di escludere un effetto di trascinamento di tracce di
acque oleose, causando un fenomeno di iridescenza. Dalle verifiche
odierne (nella mattina del 9) non è stata rilevata, infatti, traccia di
idrocarburi al di fuori dell’area di contenimento”.
Ora. Il fenomeno di “iridescenza” in natura si ha quando “la
superficie di un oggetto osservato in luce bianca appare in colori
cangianti. Ciò accade quando sull’oggetto è presente un sottile strato
di sostanza con indice di rifrazione diverso da quello dell’oggetto: si
creano allora due sistemi di onde riflesse tra i quali si ha
interferenza, con formazione di frange colorate”. Per intenderci, vi è
iridescenza quando c’è un velo d’olio sull’acqua: ovvero proprio quelle
acque oleose di cui parla l’Eni stessa. E visto che sempre l’azienda
afferma che “l’intervento di tutela ambientale (da parte dell’Ecotaras e
della Capitaneria di Porto) dello specchio di mare” è avvenuto
“antistante lo scarico di raffineria”, risulta davvero difficile credere
che lo sversamento in acqua non sia da attribuire all’Eni. Non solo.
Perché nella nota dello scorso 9 luglio, è sempre l’azienda a parlare
della presenza di idrocarburi in acqua: “Dalle verifiche odierne (nella
mattina del 9) non è stata rilevata, infatti, traccia di idrocarburi al
di fuori dell’area di contenimento”. Si dia il caso che gli “idrocarburi
liquidi” sono costituenti del petrolio (grezzo) e del benzene, che è un
costituente naturale del petrolio (il quale a sua volta è composto da
idrocarburi).
Ora: non bisogna di certo essere scienziati o esperti ambientali per
dedurre che lo sversamento in mare avvenuto lo scorso 8 luglio sia da
addebitare all’Eni e a quanto accaduto lo scorso 8 luglio. Così come
appare davvero paradossale che l’azienda continui a negare ogni addebito
in merito alla diffusione in aria/ambiente di emissioni che da sempre
ARPA Puglia addebita alle sue attività ed alla fermata e/o ripartenza di
impianti presenti all’interno della raffineria stessa. Intanto, la
stessa Eni ha annunciato che “dopo la definizione delle indagini in
corso da parte della Procura della Repubblica, Eni è disponibile ad un
confronto con le istituzioni ed il territorio”. Ricordiamo infatti che
la Procura ha avviato un’indagine contro ignoti per “getto pericoloso di
cose”. Questo perché il reato ex articolo 674 del Codice penale
(appunto “getto pericoloso di cose”) confermato anche dalla Corte di
Cassazione con sentenza del 17 novembre 2011, n.42387, ha sottolineato
che “l’evento di reato prescinde dal superamento di eventuali limiti di
legge, essendo sufficiente il superamento del limite della normale
tollerabilità (ex articolo 844 c.c.)”. Cosa che ad esempio per
l’idrogeno solforato è già avvenuta, come abbiamo dimostrato nei giorni
scorsi. Ciò detto, ribadiamo ancora una volta un concetto che molti
ancora oggi fingono di non conoscere: la fissazione di un limite
normativo (sia esso “valore soglia” o “valore limite”) non pone affatto
la certezza della tutela della salute umana.
Gianmario Leone (TarantoOggi, 15.07.2013)
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