La bufera infinita sul cielo di Taranto “Ilva, il più grande disastro europeo”
Taranto non è una questione di sigarette né tantomeno di alcol,
come dice il commissario del Governo, Enrico Bondi.
Secondo i
magistrati di Taranto l’inquinamento della città - il più grande sfregio
avvenuto negli ultimi 30 anni in una città europea dicono - è colpa
dello stabilimento siderurgico Ilva. E’ responsabilità dei suoi
proprietari, dei suoi dirigenti e anche del management che la famiglia
Riva ha scelto quando si è fatta, «fittiziamente», da parte. Ma
sarebbe responsabilità anche di chi - nella politica, nei sindacati, nel
mondo dei media e della chiesa - avrebbe assicurato coperture per
anni alla famiglia Riva e alla sua azienda. È per questo che anche
l’autunno prossimo per Taranto continuerà a essere una stagione
difficile, con la Procura che proseguirà le indagini sull’azienda e
sulla sua storia. A fine luglio i componenti della famiglia Riva oggi
agli arresti (Emilio, Nicola e Fabio, in attesa quest’ultimo di
estradizione dal Regno Unito) saranno liberi per scadenza termini.
La
magistratura aveva in mente di chiudere le indagini prima della fine
dell’estate ma invece hanno scelto una strategia diversa: sul tavolo
del procuratore Franco Sebastio sono finiti agli inizi di giugno gli
ultimi esiti di un’inchiesta parallela, e apparentemente minore,
condotta dalla Guardia di Finanza sui modelli organizzativi interni
all’azienda. Sembrava un problema secondario, da approfondire soltanto
per verificare qual era il ruolo di alcuni dipendenti. E invece
si sta rivelando una questione ben più complessa e preoccupante.
L’ipotesi è che ci fosse un gruppo di dipendenti, quadri e dirigenti,
che saltando tutte le regole interne ed esterne all’azienda, ignorando i
modelli organizzativi, rispondessero direttamente alla proprietà e
seguissero le varie fasi della produzione. Per questo è stato
acquisito ’elenco del personale operante all’interno del complesso
industriale, completo della generalità dei dipendenti, della loro
qualifica, dell’area di appartenenza, nonché la mansione ricoperta nel
periodo che va tra il 2006 e il 2013.
«Si tratta - scrivono i giudici
del Riesame - di una sorta di governo aziendale occulto (non ufficiale)
operante all'interno dello stabilimento di Taranto, una struttura ombra
costituita da soggetti denominati 'fiduciari', che di fatto
governavano il siderurgico'' Accanto a questo, rimane la questione
delle coperture.
Al momento sono una sessantina gli indagati tra
imprenditori, politici, dirigenti pubblici, giornalisti, sindacalisti,
preti. «L' azienda - si legge nel campo di imputazione - cercava di
individuare le problematiche che non avrebbero consentito l' emissione
di provvedimenti autorizzativi nei confronti dello stabilimento Ilva». E
ancora: «Concordando così le possibili soluzioni e individuando i
soggetti di vari livelli (politico-istituzionale, mass media,
organizzazioni sindacali, settore scientifico, clero) da contattare,
provvedendo anche a concordare in anticipo il contenuto di documenti
ufficiali che dovevano essere emanati ed indirizzati allo stesso
stabilimento Ilva».
In sostanza, secondo quanto ricostruisce l’accusa,
la famiglia Riva controllava i controllori: sia quelli istituzionali,
che avrebbero dovuto coordinare e imporre i rilievi. Sia quelli
paralleli, come appunto i giornali. Infine, esiste il problema del
denaro. E’ stata confermata dal Riesame il sequestro di otto miliardi
di euro, a carico di Riva Fire (la cassaforte del gruppo Riva), contro
il quale si era appellato anche il commissario Bondi. Il problema è
che la Guardia di Finanza è riuscita a recuperare soltanto una piccola
parte di quella cifra: come ha testimoniato un’indagine della Procura di
Milano, parte dei fondi Ilva erano stati fatti transitare dalla
famiglia Riva all’estero su otto trust. Nella foto accanto, i camini
dell’Ilva Il gigante della siderurgia è sorvegliato speciale per
quanto riguarda le emissioni. (Rep)
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