Ilva, il Riesame conferma sequestro soldi: “Governo aziendale occulto”
Esiste un “governo aziendale occulto” che opera nello stabilimento Ilva di Taranto,
una “struttura ombra costituita da soggetti denominati ‘fiduciari’ non
inquadrati nell’organizo di Ilva spa, ma riconducibili direttamente alla
proprietà e alla famiglia Riva”. Lo scrive il tribunale del Riesame
nelle motivazioni con le quali conferma il maxi sequestro per equivalente da 8,1 miliardi di euro ai danni della società Riva Fire che controlla Ilva spa.
Nelle
quarantuno pagine del provvedimento il collegio di magistrati rivela la
presenza di alcuni soggetti “funzionalmente dipendenti di altre societa
del Gruppo Riva”, ma “ufficialmente distaccati all’internodello
stabilimento” e altri che invece pur non essendo “ufficialmente
impiegati presso Ilva spa” ricoprono incarico di vertice come Lanfranco
Legnani che “oltre ad essere componente dell’organismo di vigilanza di
Ilva, ricopriva anche l’incarico di ‘direttore ombra’ dello
stabilimento”. Altri ancora, aggunge il tribunale “operavano od operano
all’interno dello stabilimento come consulenti esterni”.
Figure, che secondo due informative della Guardia di finanza di
Taranto, “di fatto governavano il siderurgico, impartendo le necessarie
disposizioni, occupando alloggi nella provincia di Taranto che
risultavano formalmente ‘uffici in attività’ della Riva Fire spa”. Una struttura ombra,
quindi, che secondo la procura ionica è “lo strumento di controllo
della proprietà sulla vita dello stabilimento” con il compito
“effettivo”, quindi, di “verificare l’operato dei dipendenti
assicurandosi che fossero rispettate le logiche aziendali”. Ed è quindi
attraverso i fiduciari che la Riva Fire – e di conseguenza i membri
della famiglia proprietaria della fabbrica – controllava la fabbrica.
Attraverso queste figure che “hanno esercitato un penetrante dominio su
Ilva spa” e hanno dettato “dall’esterno le linee della politica
aziendale” la famiglia Riva continuava – al di là di dimissioni formali e
cessazioni di incarichi ufficiali – a mantenere saldamente le mani
sullo stabilimento di Taranto.
Un nuovo filone di indagine che, quindi, si apre nella vicenda che vede indagati per disastro ambientale
e avvelenamento di sostanze alimentari la proprietà e i vertici dello
stabilimento. Ma i soggetti iscritti nel registro degli indagati, prima
della chiusura dell’attività investigativa, potrebbero aumentare ancora:
i fiduciari, infatti, “hanno in tale veste – scrivono i giudici del
riesame – concorso con i successivi amministratori nella commissione dei
reati”. Non solo. La loro esistenza e la loro azione conferma la
legittimità del maxisequestro disposto dal gip Patrizia Todisco perché
avvalorano le responsabilità della società Riva Fire
che attraverso “i propri amministratori e per il tramite dei fiduciari”,
ha attivamente partecipato alla fase delle scelte decisionali
concementi Ia gestione dello stabilimento di Taranto e quindi “la
consumazione degli illeciti, perseguendo quindi un proprio interesse”.
Ma il martedì nero della famiglia Riva non ha come epicentro solo il palazzo di giusitizia del capoluogo ionico. La procura di Milano, infatti, ha chiesto il rinvio a giudizio
per Emilio Riva e altre tre persone nell’ambito di un’ inchiesta per
frode fiscale dell’Ilva per 52 milioni. L’87enne ex patron dell’Ilva,
agli arresti domiciliari dal 26 luglio scorso, è indagato in qualità di
rappresentante legale e firmatario della dichiarazione fiscale della
società Riva Fire spa, nonché di rappresentante legale e firmatario
della dichiarazione fiscale della società consolidata Ilva spa. (FQ)
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