Un titolone epocale per un paio di cappe aspiranti.
Orgoglio nordestino...
La bonifica dell’Ilva affidata alla Pelfa di Buja
La richiesta d’aiuto era partita direttamente da Taranto. Dai tecnici
dell’Ilva a settembre dell’anno scorso. Da allora, i contatti tra la
più estesa acciaieria d’Europa e le friulane Pelfa group di Buja e
Danieli di Buttrio non si sono mai fermati. Anzi, hanno portato a
stringere accordi valsi alle due imprese friulane importanti interventi
nell’ambito della bonifica in corso all’interno del sito siderurgico
pugliese.
Interventi che nel caso di Pelfa sono partiti proprio in questi giorni e
consistono nella progettazione, costruzione e installazione di un
impianto di captazione e abbattimento dei fumi e delle polveri che si
generano nelle fasi di sversamento delle scorie dai contenitori (paiole)
utilizzati per la fusione dei metalli. Valore: 3 milioni.
Un sistema unico al mondo, che consentirà un considerevole abbattimento
degli agenti inquinanti liberati in atmosfera, visto che –
contrariamente alla norma che vuole le scorie sversate direttamente
all’aperto – l’impianto mobile realizzato da Pelfa permetterà di
aspirare i fumi “in presa diretta” a ogni nuovo versamento.
«Costruiremo due unità di captazione mobili del peso di 150 tonnellate
l’una – fa sapere Andrea Forgiarini, socio dell’impresa fondata da
Redento Fabbro – e da unità di filtraggio da 600 mila metri cubi ora. Si
tratta di lavori mai eseguiti prima, solitamente le scorie sono
sversate all’esterno, mentre in questo caso l’impianto consentirà di
contenere i fumi così da avere emissioni in atmosfera inferiori a 5
milligrammi/metro cubo».
I lavori si dovrebbero concludere all’inizio del nuovo anno con il
montaggio. Ma per arrivare fin qui a Pelfa ci sono voluti dodici mesi
d’intense trattative, il cui esito è stato incerto fino all’ultimo.
«Appena un mese fa, complice la difficile situazione del Governo, non
sapevamo se avremmo dato corpo alla commessa – spiega Indira Fabbro –
fortunatamente, poi, i fondi sono stati sbloccati grazie a un decreto
approvato dal Senato che di fatto ha dato il via libera agli anticipi».
Fondamentali, vista l’importante esposizione già richiesta all’azienda,
per l’acquisto della materia prima. Tra tante imprese in Italia, perché
Pelfa? A rispondere è ancora Fabbro: «Perché nel settore vantiamo ormai
una certa esperienza e fama. A proporre il nostro nome ai tecnici di
Taranto è stata non a caso un’azienda tedesca per cui avevamo realizzato
un carro scoria».
Oltre che indubbia occasione economica, l’Ilva sarà per l’azienda
bujese un’importante vetrina internazionale. Oggi più necessaria che
mai. Il business in Italia dall’avvio della crisi si è ridotto
sensibilmente per Pelfa che ha saputo però far fronte alla recessione,
aprendosi a nuovi mercati e diversificando: oltre al tradizionale
settore della carpenteria metallica per impianti siderurgici negli
ultimi due anni ha investito molto nelle produzioni per il settore
idroelettrico.
«I nostri target di mercato – svela Fabbro – sono ormai la Russia, dove
abbiamo deciso d’investire quest’anno partecipando a una grande fiera a
Mosca, il subcontinente indiano e l’America».
L’export arriva ormai a garantire quasi l’80% del giro d’affari di
Pelfa (25 milioni il fatturato 2012) che a dimostrazione della sua
solidità può dire di non aver usato, a oggi, una sola ora di cassa
integrazione. «In verità l’abbiamo pagata noi – rivendica Forgiarini -, accettando commesse sottocosto pur di mantenere la forza lavoro». (Messagero veneto)
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