«Arpa tutt’altro che morbida L’Aia non cancellerà i rischi»
«Ho giurato sulle ceneri di mio padre che non ci metterò mai più piede.
Ho dedicato la mia intera vita professionale all’igiene industriale e ai
problemi tra i lavoratori e nella popolazione legati alla pervasività
della presenza industriale a Taranto. Venire accusato di aver
ammorbidito gli esiti dei campionamenti ambientali per favorire Ilva è
una cosa che risponde al falso e che non posso accettare». Così si sfoga
il direttore generale dell’agenzia regionale per la prevenzione e
protezione dell’ambiente (Arpa Puglia), Giorgio Assennato, chiamato in
causa sulla base di alcune intercettazioni telefoniche diffuse dopo il
deposito dell’avviso di conclusione delle indagini sul presunto disastro
ambientale provocato dalle emissioni inquinanti dell’Ilva di Taranto.
Assennato ribatte:
«La data degli atti, con tanto di protocollo, smentisce che il rapporto sulla qualità dell’aria di Taranto, commissionato il 7 giugno 2010, sia stato inviato a tutti tranne che ai magistrati». A dimostrazione, il direttore Arpa esibisce il documento, che risulta protocollato (numero 0033958) il 9 luglio 2010. Solo sei giorni dopo, il 15 luglio (Assennato allega le mail), il rapporto arriva a quelli che vengono definiti «i portatori di interessi», ovvero Girolamo Archinà per Ilva e, parallelamente, Biagio De Marzo e Alessandro Marescotti per le associazioni.
Per confutare l’accusa di «ammorbidimento» dei risultati delle analisi, poi, Assennato invita a leggere pagina 17 del rapporto stesso. «I dati sulla concentrazione di benzoapirene nell’aria, nei primi mesi del 2010, mostrano - è scritto - una tendenza ad un aumento dei valori, con unamedia che, per i primi 5mesi dell’anno in corso, si aggira intorno ai 3 nanogrammi per metro cubo. Ciò fa ritenere che gli interventi impiantistici di adeguamento dello stabilimento siderurgico e della cokeria alle migliori tecniche disponibili non siano stati sufficienti a produrre una diminuzione delle concentrazioni ambientali, verosimilmente per il contemporaneo reincremento pro duttivo».
Assennato aggiunge poi che Ilva non aveva digerito la posizione di Arpa: «L’ira dell’I l va scaturiva dal fatto che noi “osavamo” dare indicazioni anche sulla gestione del rischio sanitario, proponendo che, se si fosse ridotta del 10% la produzione nei giorni di vento, si sarebbero abbattuti i livelli di emissione». Una proposta, quella di Arpa, che Ilva aveva giudicato un’indebita invasione di campo e aveva reso l’azienda, secondo Assennato, ancora meno collaborativa. Assennato avverte che anche quando l’attuale Autorizzazione integrata ambientale (Aia) fosse attuata in tutte le sue parti, dalla produzione a pieno regime (8 milioni di tonnellate) dello stabilimento deriverebbe un rischio sanitario per i tarantini che, se pure dimezzato, resterebbe «inaccettabile».
L’Aia, insomma, da sola non basta. Occorre andare oltre e, dice il direttore Arpa, «migliorare ulteriormente gli impianti sul piano ambientale o ridurre la produzione». Né tantomeno sarà risolutivo, per Assennato, il nuovo decreto del governo che accelera le procedure di autorizzazione a favore di Ilva nell’ambito dei procedimenti di Valutazione d’impatto ambientale (Via). «Non è così - dice - che si risolvono i problemi». E la bonifica dei terreni contaminati? «Serve una quantità enorme di soldi. Dovremmo tutti augurarci che Ilva incrementi gli utili e non li porti nei paradisi fiscali. Se Ilva chiude, scenario tutt’altro che impossibile, la bonifica non sarà mai fatta». Dichiarazione, quest’ultima, che fa infuriare il presidente dei Verdi, Angelo Bonelli.
«La data degli atti, con tanto di protocollo, smentisce che il rapporto sulla qualità dell’aria di Taranto, commissionato il 7 giugno 2010, sia stato inviato a tutti tranne che ai magistrati». A dimostrazione, il direttore Arpa esibisce il documento, che risulta protocollato (numero 0033958) il 9 luglio 2010. Solo sei giorni dopo, il 15 luglio (Assennato allega le mail), il rapporto arriva a quelli che vengono definiti «i portatori di interessi», ovvero Girolamo Archinà per Ilva e, parallelamente, Biagio De Marzo e Alessandro Marescotti per le associazioni.
Per confutare l’accusa di «ammorbidimento» dei risultati delle analisi, poi, Assennato invita a leggere pagina 17 del rapporto stesso. «I dati sulla concentrazione di benzoapirene nell’aria, nei primi mesi del 2010, mostrano - è scritto - una tendenza ad un aumento dei valori, con unamedia che, per i primi 5mesi dell’anno in corso, si aggira intorno ai 3 nanogrammi per metro cubo. Ciò fa ritenere che gli interventi impiantistici di adeguamento dello stabilimento siderurgico e della cokeria alle migliori tecniche disponibili non siano stati sufficienti a produrre una diminuzione delle concentrazioni ambientali, verosimilmente per il contemporaneo reincremento pro duttivo».
Assennato aggiunge poi che Ilva non aveva digerito la posizione di Arpa: «L’ira dell’I l va scaturiva dal fatto che noi “osavamo” dare indicazioni anche sulla gestione del rischio sanitario, proponendo che, se si fosse ridotta del 10% la produzione nei giorni di vento, si sarebbero abbattuti i livelli di emissione». Una proposta, quella di Arpa, che Ilva aveva giudicato un’indebita invasione di campo e aveva reso l’azienda, secondo Assennato, ancora meno collaborativa. Assennato avverte che anche quando l’attuale Autorizzazione integrata ambientale (Aia) fosse attuata in tutte le sue parti, dalla produzione a pieno regime (8 milioni di tonnellate) dello stabilimento deriverebbe un rischio sanitario per i tarantini che, se pure dimezzato, resterebbe «inaccettabile».
L’Aia, insomma, da sola non basta. Occorre andare oltre e, dice il direttore Arpa, «migliorare ulteriormente gli impianti sul piano ambientale o ridurre la produzione». Né tantomeno sarà risolutivo, per Assennato, il nuovo decreto del governo che accelera le procedure di autorizzazione a favore di Ilva nell’ambito dei procedimenti di Valutazione d’impatto ambientale (Via). «Non è così - dice - che si risolvono i problemi». E la bonifica dei terreni contaminati? «Serve una quantità enorme di soldi. Dovremmo tutti augurarci che Ilva incrementi gli utili e non li porti nei paradisi fiscali. Se Ilva chiude, scenario tutt’altro che impossibile, la bonifica non sarà mai fatta». Dichiarazione, quest’ultima, che fa infuriare il presidente dei Verdi, Angelo Bonelli.
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