Riva, servono i soldi. E il governo modifica il codice di procedura penale
Dovrebbe arrivare dal Consiglio dei Ministri in programma domani,
l’ultima “novità” partorita dal governo per provare ad uscire dalle
sabbie mobili della vicenda Riva. E’ infatti allo studio in queste ore
una norma che “consentirà agli amministratori delle fabbriche Riva di
disporre anche dei soldi, in deroga con quanto previsto dal codice
penale”. Questo quanto annunciato ieri dal ministro per lo Sviluppo
economico Flavio Zanonato durante l’audizione alla Commissione attività
produttive della Camera. Il governo, dunque, pur di salvare il comparto
siderurgico italiano, è pronto a forzare la mano arrivando a modificare
finanche il codice di procedura penale. La norma in questione, in queste
ore al vaglio dei tecnici del ministero della Giustizia per valutarne
l’effettiva fattibilità, prevede un 104 ter che dica quanto segue:
“quando il sequestro riguarda un’attività produttiva il giudice nomina
un amministratore che dispone anche dei soldi per assicurare
l’amministrazione, la norma ha valore retroattivo”.
Questa norma dovrebbe consentire automaticamente di sbloccare la
situazione attuale, consentendo la ripresa della produzione pur
mantenendo in atto il sequestro dei beni della famiglia Riva. “Con la
norma che vorrei proporre - ha aggiunto Zanonato - il gip deve nominare
un soggetto che fa funzionare l’attività a garanzia dello Stato, che
così confischerà un bene di maggior valore, ma anche dell’imputato, che
se assolto si troverà di fronte un’azienda che continua a funzionare e
che continuando a funzionare non perde valore”. Lo snodo centrale di
tutto quindi, come abbiamo riportato anche ieri, sono le risorse liquide
e i conti correnti congelati (visto che banche hanno bloccato i fidi e
pare non abbiano intenzione di riattivarli per il momento). Il
commercialista Mario Tagarelli, custode e amministratore giudiziario dei
beni sequestrati a Riva FIRE, Riva Forni Elettrici e Ilva Spa, una
volta ricevuto il verbale di immissione in possesso dei beni
sequestrati, non potrà comunque disporre in automatico delle risorse
liquide finite nella rete della Guardia di Finanza e che ammontano a 46
milioni di euro.
Per sbloccarle, così come accadde con il materiale sequestrato nel
novembre dello scorso anno all’Ilva, ci vorrebbe un’istanza di
dissequestro o un nuovo provvedimento dei magistrati: cosa alquanto
improbabile, almeno per il momento, visto che quelle somme servono a
raggiungere i famosi 8,1 miliardi di euro del sequestro per equivalente
ordinato lo scorso 22 maggio. Difficile, al momento, ipotizzare quanto
possa davvero funzionare la norma studiata dal governo. Tra l’altro,
appare francamente risibile che ogni qual volta ci si trovi di fronte ad
un’iniziativa della magistratura, con la conseguente rappresaglia di
ciò che resta del gruppo Riva, il governo in carica provveda a creare
decreti e leggi ad hoc e si spinga addirittura verso una modifica del
codice di procedura penale, pur di aggirare l’operato della Procura di
Taranto.
Ciò detto, siccome anche il governo sa perfettamente che una norma
del genere può reggere nell’immediato, ma non certo nel lungo periodo,
una volta approvata, il governo si è già detto pronto a studiare un
nuovo decreto che punti all’allargamento del perimetro del
commissariamento dell’Ilva di Taranto. La legge approvata lo scorso 1
agosto infatti, non prendeva in considerazione le altre aziende facenti
capo a Riva FIRE, come la Riva Acciaio, che una volta inglobata nel
commissariamento in atto per il siderurgico tarantino, passerà di fatto
sotto il controllo del commissario Enrico Bondi, che nel giro di qualche
mese rischia di trovarsi a gestire i lasciti del gruppo Riva. Intanto,
proprio ieri è avvenuto il deposito del ricorso in Cassazione da parte
della Riva Acciaio contro il sequestro della scorsa settimana.
L’azienda ha inviato ieri una lettera a Mario Tagarelli ed in copia
anche al ministro dello sviluppo Flavio Zanonato e al sottosegretario
del ministero dello sviluppo, Claudio De Vincenti. Nella lettera Riva
Acciaio chiede quindi un incontro con il custode giudiziario “per una
disamina congiunta della situazione e dei suoi possibili sbocchi”. Anche
perché il ministro del Lavoro, Enrico Giovannini, chiamato a rispondere
al question time alla Camera dal Pd sulla situazione occupazionale dei
1.400 lavoratori della Riva Acciaio, ha dichiarato ieri che le imprese
del Gruppo Riva sono “sane” e quindi, “allo stato attuale non sussiste
la necessità di fare ricorso a strumenti di integrazione salariale in
favore dei lavoratori”. Quest’oggi intanto, i consiglieri della
Commissione consiliare Ambiente del Comune di Taranto, incontreranno
negli uffici della direzione dello stabilimento Ilva, il sub commissario
governativo Edo Ronchi che illustrerà loro il nuovo cronoprogramma di
risanamento ambientale previsto dal piano di lavoro dell’AIA redatto dai
tre esperti nominati dal ministero dell’ambiente. Ne vedremo delle
belle.
Gianmario Leone (TarantoOggi, 19.09.2013)
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