Riva, in arrivo la quarta norma ad hoc. I regali dei governi Monti-Letta
Prima la legge “salva Ilva”, poi la “salva ilva-bis” e infine un decreto che autorizza le discariche interne allo stabilimento. Una raffica di leggi ad aziendam in meno di 12 mesi. Eppure il governo italiano è capace di fare di più. Dopo aver restituito gli impianti inquinanti e l’acciaio prodotto illecitamente, dopo aver nominato commissario straordinario dell’Ilva l’ex amministratore delegato, Enrico Bondi, ora cerca una soluzione per restituire il tesoretto alla famiglia Riva, i padroni dell’acciaio italiano, indagati per associazione a delinquere per il disastro ambientale di Taranto. Un quarto provvedimento normativo, insomma, studiato su misura per scavalcare ancora la legge e annullare l’azione della magistratura ionica.
Ad annunciarlo è stato il ministro per lo Sviluppo economico, Flavio Zanonato, che ha proposto come soluzione per far ripartire gli impianti delle 13 società del Gruppo Riva – bloccate dalle fiamme gialle al comando del colonnello Salvatore Paiano e dal maggiore Giuseppe Dinoi – quella di “modificare il codice di procedura penale, istituendo il 104-ter, che consentirebbe di sbloccare i fondi mantenendo il sequestro dei beni”. Non bastava, quindi, aver sacrificato il diritto alla salute di operai e cittadini sull’altare della produzione e dell’interesse nazionale, ora anche il codice di procedura penale dev’essere modificato per favorire i Riva. Una mossa che, inoltre, potrebbe anche andare a incidere sui tanti sequestri preventivi disposti quasi quotidianamente dalla magistratura italiana.
Questo, come detto, sarebbe solo l’ultimo regalo del governo alla famiglia Riva. Il primo, fu voluto dall’ex ministro dell’Ambiente Corrado Clini. Nel dicembre scorso infatti, il governo varò il decreto “salva Ilva” successivamente convertito in legge che prevedeva la restituzione degli impianti inquinanti all’Ilva, l’autorizzazione a produrre in attesa di realizzare le prescrizioni dell’Autorizzazione integrata ambientale e il divieto per la magistratura di intervenire per il tempo necessario all’adeguamento. Una cappa di impunità lunga 36 mesi durante i quali a vigilare sarà il Garante per l’Ilva (Il governo sceglie l’ex pg di Cassazione Vitaliano Esposito, ex giudice “a disposizione” di Mancino nell’inchiesta sulla trattativa Stato-mafia).
Ma l’adeguamento all’Aia si rivela subito un’impresa ardua per l’Ilva. Le ispezioni dell’Ispra e dell’Arpa a distanza di mesi mostrano le violazioni e i ritardi. Il Garante scrive al nuovo governo guidato da Enrico Letta e al ministro dell’Ambiente Andrea Orlando che invece di espropriare l’azienda alla famiglia lombarda sceglie la strada del commissariamento. La scelta cade su Enrico Bondi, già ad dell’Ilva scelto mesi prima proprio dai Riva. Il nuovo decreto “salva Ilva bis” viene confezionato in tempi record e varato luglio 2013: oltre alla nomina di Bondi e allo sblocco dei fondi, prevede anche la nomina di un vice commissario (Edo Ronchi) e un comitato di tre esperti scelti dal ministero. A questo si aggiunge qualche mese più tardi un decreto che autorizza l’Ilva a smaltire i rifiuti nelle due discariche interne, permettendo ancora una volta i Riva di risparmiare milioni di euro.
Il 23 settembre potrebbe arrivare l’ennesimo regalo all’azienda per neutralizzare i provvedimenti della magistratura. In fabbrica, intanto, non è ancora partita alcuna opera di risanamento. Lo stabilimento è lo stesso sequestrato dal gip Patrizia Todisco. La fabbrica diffonde ancora “malattie e morte” come scrissero i periti nella maxi perizia depositato in tribunale. “Io ho vissuto a Genova dove non potevamo assolutamente fare nessuna, nessunissimo slopping perché ci avrebbero chiuso” ha dichiarato davanti al gip uno dei cinque fiduciari dei Riva arrestati nei giorni scorsi. A Taranto invece anche le nubi rosse e nocive sono autorizzate per legge. (FQ)
ILVA: BONDI, NEPPURE IN COREA DEL NORD COMMISSARIAMENTO AZIENDE O GESTIONE COMMISSARIALE CONTI CORRENTI
Norma ad hoc per salvare l' Ilva. Zanonato: «Non è esproprio»
«NON E' UN ESPROPRIO» - Una soluzione che, ha assicurato il ministro Flavio Zanonato, «non è un esproprio», ma un modo per far marciare l'azienda garantendo tutti gli attori coinvolti. Il ministro ha illustrato l'idea, alla quale stanno lavorando i tecnici del Mise insieme a quelli del ministero della Giustizia (e che è già stata presentata alla procura di Taranto), davanti alle commissioni Attività produttive della Camera e Industria del Senato, riunite per fare il punto su una situazione decisamente intricata: da una parte la procura, che ha deciso il sequestro (relativo alla vicenda Ilva) affidando i beni dei Riva a un custode, dall'altra l'azienda, che afferma di non poter mandare avanti l'attività a causa del blocco dei fondi necessari per il pagamento di utenze, fornitori e stipendi. Una vera e propria impasse, dunque, dalla quale si può uscire, ha spiegato Zanonato, con una piccola aggiunta all'articolo 104 delle norme di attuazione del Codice di procedura penale.
MODIFICA - L'articolo 104 bis, ha infatti ricordato il ministro prevede, in caso di sequestro, che «l'amministratore giudiziario abbia a disposizione i beni ma non i soldi, che vanno nel Fondo unico di giustizia. Allora il problema che dobbiamo porci è: come si fa a consentire il sequestro senza bloccare attività produttiva?». La strada ipotizzata prevede dunque «un 104 ter»: «quando il sequestro riguarda le attività produttive, il giudice nomina un amministratore che dispone anche dei soldi e che ha il compito di gestire l'attività per garantire la produzione, l'occupazione e tutto il resto». Insomma, ha sintetizzato: «sarà in grado di disporre delle risorse per pagare gli stipendi e far ripartire gli impianti».
La soluzione ipotizzata, ha comunque assicurato il ministro, non si configura come un esproprio, perché punta unicamente a far marciare l'azienda in attesa dei tempi della giustizia: «Dobbiamo agire indipendentemente dalla magistratura perché abbiamo tempi strettissimi», ha avvertito Zanonato. Tra l'altro, ha aggiunto, si tratta di una norma che va a garanzia di tutti, sia «dello Stato, che così confischerà un bene di maggior valore, che dell'imputato, che se scagionato si ritroverà un'azienda che ha continuato a funzionare e non ha perso il proprio valore». E mentre i Riva ribadiscono in una lettera al custode giudiziale tutta l'intenzione di collaborare per riprendere l'attività «nel più breve tempo possibile», va avanti l'iter giudiziario, con il ricorso in Cassazione contro il provvedimento di sequestro che è stato presentato oggi, e anche quello relativo alla Cig: un incontro con i sindacati è in programma per domani al ministero del Lavoro, ma secondo il ministro Enrico Giovannini, vista la norma in arrivo, non ci sarà necessità di fare ricorso a strumenti di integrazione salariale. (CdS)
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