«Questa sembra essere la “maledizione” di Taranto: si pensano cose buone, cose grandi, ma poi si resta con un pugno di mosche in mano. Come si rischia anche con l’Ilva,
l’immane tragedia di questi ultimi anni». Sono parole dell’ing. Biagio
De Marzo, direttore di uno dei progetti più belli e lungimiranti su
Taranto, quel progetto “Nave Vittorio Veneto Museo del Mare nel Mare“,
che sembrava dover saldare 10 anni fa la storia e la tradizione
marinara di Taranto con la sua dimensione industriale – eterna
maledizione – rappresentata dall’Arsenale militare. Questa è solo una
delle testimonianze raccolte dalla giornalista Tiziana Grassi in questo volume, arricchito dalla intensa prefazione del sociologo Enzo Persichella.
Il titolo Taranto.Oltre la notte, la dice
lunga sulla percezione che gente comune, esperti, operatori economici,
giornalisti, sociologi, esponenti della società civile e politica hanno
della loro città. Da una parte la consapevolezza che si è giunti ad un
punto di non ritorno, che quel “ricatto occupazionale”di
cui molti intervistati parlano (il lavoro o la salute) non abbia
alternative; dall’altra la volontà di cambiare, di trovare nuove strade
fuori da uno sviluppo drogato della città dei due mari (struggentemente
bella nelle descrizioni che alcuni intervistati ne fanno) basato non più
sull’Ilva ma su un modello diverso di industria che deve essere in
primo luogo ecosostenibile, come suggerisce il presidente dell’Autorità
portuale di Taranto Sergio Prete; o che individua il suo andare “oltre
la notte” in una forma i markteging territoriale tutto imperniato sul
mare e sulle attività ad esso connesse, dal turismo alla didattica
ambientale.
Tra le proposte, quella dell’associazione Jonian Dolphin Conservation (di cui Ambient&Ambienti si è interessata).
La consapevolezza, comunque, è che per troppo tempo e tranne poche, isolate voci, il disastro ambientale non è stato preso in debita considerazione;
che la città ora è divisa dopo essere stata troppo tempo supina di
fronte a scelte poco oculate delle classi dirigenti politica e
imprenditoriale; che la magistratura – è l’autorevole parere di Franco
Sebastio, Procuratore aggiunto del Tribunale di Taranto – «deve
esercitare il controllo della legalità, stabilire se si siano
concretizzate determinate ipotesi di reato e decidere di conseguenza,
mentre altri sono gli Organi ai quali spetta affrontare e risolvere le
enormi problematiche che la vicenda Taranto-Ilva solleva».
Una cosa è certa: che dieci anni fa Taranto era un fermento di proposte.
Lo si coglie nella struttura stessa del libro che mette a confronto in
più casi le dichiarazioni che alcuni intervistati avevano rilasciato
all’autrice Tiziana Grassi ( giornalista, tarantina di nascita ma romana
d’adozione, studiosa di problemi delle migrazioni, autrice di numerosi
programmi per Rai International e consulente di programmi culturali per
Rai Uno) in occasione della pubblicazione nel 2004 del suo Dicono di Taranto. Semiotica del territorio. Lontananza. Appartenenza. Percorsi,
con quelle rilasciate dagli stessi a distanza di 10 anni per questo
volume. Ma c’è anche la fortissima delusione e la rassegnazione nelle
testimonianze di quelli che 10 anni fa, giovanissimi, avevano tentato
con “entusiasmo a vendere” (sono le parole dei fondatori della
cooperativa MondoMare) e che con estrema difficoltà propongono progetti
che rivitalizzino una città che nel V secolo a.C. diede i natali al
matematico e filosofo Archita.
Un doveroso cenno meritano le belle foto di Luciano Manna.
Gli scatti, rigorosamente in bianco e nero a corredo di ogni
intervista, segnano le ambiguità di una città in chiaroscuro (e gli
scatti hanno toni cupi e desolati non senza significato) ora più che mai
alla ricerca di se stessa e tesa nella scelta tra lavoro e salute,
consapevole che questa non è una antinomia, a patto che si trovino i
soldi per risanare. Forse è proprio così: oltre la notte per forza ci
deve essere il sole.
Tiziana Grassi, Taranto. Oltre la notte, Progedit, 2013, pagg. 195, € 20 (Ambienteambienti)
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