A Taranto chiudono le produzioni "buone" perché non è lasciato nessuno spazio all'idea di una riconversione ecologica delle industrie.
Di questo, tanti sono i responsabili: dalle proprietà che spremono i contributi senza fare ricerca e formazione alle cieche amministrazioni locali, fino ai sindacati, il cui unico interesse sembra essere esclusivamente "mantenere la produzione", anche se vecchia, per mantenere i privilegi acquisiti dei dirigenti.
Un altro pezzo che se ne va, schiacciando ancora di più la città sotto la morsa del ricatto dell'iperindustria pesante.
Confidiamo che la provincia di Taranto sappia stringersi attorno ai 147 lavoratori e fare fronte comune contro questo ennessimo attacco.
" ..ogni impresa sociale richiede comprensione del contesto, capacità di ascolto, relazioni dirette, competenze tecniche e, soprattutto, capacità imprenditoriali. [...] Oggi il problema centrale della conversione ecologica sembra essere questo: convincere e coinvolgere i lavoratori che vedono il loro posto di lavoro minacciato, o già perso, che la strada da imboccare non è il ritorno alla situazione di prima; che lungo questa traiettoria non c'è sbocco possibile. Mentre l'obiettivo della sostenibilità [...] offre infinite e concrete possibilità di ricostruire lavoro, reddito e benessere; anche se un benessere diverso da quello, peraltro sempre più misero, prospettato dalla moda e dalla pubblicità.
...la vera sfida del momento è andare a proporre una prospettiva del genere a chi sta lottando, per lo più in forme drammatiche e a volte estreme, per difendere il proprio posto di lavoro; andargli a spiegare che in quella forma quel posto di lavoro non tornerà mai più, che limitarsi a difenderlo è una strada senza uscita e che la sola possibilità di salvaguardarlo risiede in un impegno collettivo per produrre altro, in un altro modo, per un altro mercato - un mercato ancora in gran parte da costruire - riconvertendo la fabbrica, l'impianto, l'ufficio, il laboratorio, l'azienda, il campo, verso produzioni e attività sostenibili."
Da "La conversione ecologica" di Guido Viale
Taranto, chiude il colosso dell'eolico
Senza lavoro i 147 dipendenti Vestas
L'annuncio nel giorno in cui era previsto l'avvio della cassa integrazione ordinaria per 13 settimane. La denuncia dei sindacati: "Stanno trasferendo altrove la produzione". Lo stabilimento aperto negli anni Novanta con gli incentivi statali
Nel giorno dell'avvio della cassa integrazione ordinaria per 13 settimane, arriva, a sorpresa, l'annuncio choc: a Taranto la Vestas chiude lo stabilimento che produce macchine e impianti per energia eolica. Lo hanno comunicato i rappresentanti aziendali ai sindacalisti delle federazioni metalmeccaniche. In 147, quindi, sono destinati a restare senza lavoro. La crisi della Vestas si era palesata di nuovo agli inizi di settembre. Nello stabilimento di Taranto si era infatti registrata una contrazione produttiva, che i sindacati metalmeccanici definirono significativa a partire da ottobre, per la navicella "V90", una delle macchine eoliche realizzate. E così l'azienda, ai primi di settembre, annunciò subito l'apertura della procedura per la cassa integrazione ordinaria per 120 unità per 13 settimane in quanto tra ottobre e quasi tutto novembre non erano previsti ordinativi. Inoltre, tra l'ultima settimana di novembre e dicembre ci sarebbero state da costruire 12 macchine, ma mancava l'ok finale. In più, c'era il rischio che la "V90" uscisse fuori produzione perché non più richiesta dal mercato.
I sindacati avevano contestato alla Vestas l'assenza di visibilità sul breve-medio termine tant'è che avevano coinvolto le proprie strutture nazionali per un confronto con i vertici dell'azienda. Nel frattempo, avevano dichiarato il blocco dello straordinario e della flessibilità ed effettuato anche alcune giornate di sciopero. Alla fine, l'accordo in Confindustria era arrivato: 13 settimane di cassa integrazione ordinaria per 120 unità per fronteggiare la riduzione di lavoro, con partenza il 30 settembre e conclusione il 5 gennaio ed una piccola pausa nelle festività di fine e inizio d'anno.
Contestualmente all'avvio della cassa, però, la Vestas ha deciso di chiudere e di fermare definitivamente l'attività a Taranto. I sindacati, che, ovviamente, contestano la decisione aziendale, ritengono che la Vestas abbia deciso di ricollocare in un altro stabilimento del gruppo la produzione della "V 90". D'altra parte, gli stessi sindacati avevano annunciato nelle scorse settimane che la società aveva comunque in cantiere un piano da mille tagli ma che ancora non si sapeva quali stabilimenti sarebbero stati interessati dalla riduzione del personale.
La Vestas è un'azienda danese nata nel 1945 come produttrice di elettrodomestici e che poi si è specializzata nella progettazione, costruzione e forniture di turbine eoliche. Sede centrale è Aarhus. A Taranto la Vestas, alle porte della città, era arrivata negli anni '90 con gli incentivi della legge 181 del 1989 sulla reindustrializzazione delle aree di crisi siderurgica. In questi anni ha conosciuto fasi di espansione ed ha effettuato anche assunzioni di personale in relazione ai programmi di sviluppo dell'energia dal vento sia in Italia, dove ha installato diversi campi eolici, che all'estero.
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