Ilva, inchiesta alla fine gli indagati saranno 50
È scattato il conto alla rovescia per la chiusura dell’inchiesta avviata nel giugno del 2010 sul disastro ambientale provocato dall’Ilva. Dopo anni di indagini, arresti e sequestri, il pool di magistrati coordinati dal procuratore capo Franco Sebastio sta mettendo ordine nei 90 faldoni di atti giudiziari messi in fila sinora allo scopo di notificare agli indagati - che dovrebbero essere una cinquantina tra politici, funzionari pubblici, dirigenti e proprietari dello stabilimento siderurgico - il canonico avviso di conclusione delle indagini preliminari, atto che solitamente precede la richiesta di rinvio a giudizio.
Negli ultimi giorni i finanzieri del Gruppo di Taranto e del Nucleo di polizia tributaria hanno dato seguito alle ultime deleghe, allo scopo di delineare al meglio le condotte di quanti hanno consentito che per anni gli impianti dell’area a caldo della più grande acciaieria d’Europa fossero causa di malattie e morte per operai e cittadini, come accertato dai consulenti del giudice per le indagini preliminari Patrizia Todisco.
Due le direzioni seguite dagli inquirenti: Bari e Roma. Sul primo fronte, va registrato l’interrogatorio dell’assessore regionale all’ambiente Lorenzo Nicastro, chiamato dai finanzieri nella veste di persona informata sui fatti per spiegare alcune vicende, risalenti all’estate del 2010, emerse nel riascolto delle intercettazioni telefoniche compiute tre anni fa a carico di Fabio Riva, il vicepresidente di Riva Group sfuggito all’arresto il 26 novembre del 2012 e tutt’ora latitante a Londra, e Girolamo Archinà, il potente consulente dell’Ilva ancora sottoposto agli arresti domiciliari. Stando a quanto si è appreso, a Nicastro sarebbe stato chiesto conto dei rapporti tra il governatore Nichi Vendola e il direttore generale dell’Arpa Giorgio Assennato, rapporti sui quali già in passato si era soffermata la Guardia di Finanza, ipotizzando addirittura la tentata concussione.
L’altro fronte caldo è quello romano e riguarda il ministero dell’Ambiente per il ruolo che politici e funzionari pubblici avrebbero avuto nel rilascio dell’Autorizzazione integrata ambientale firmata a favore dell’Ilva il 4 agosto 2011 dall’allora ministro Stefania Prestigiacomo e dall’allora direttore generale Corrado Clini. Alcuni consulenti dell’Ilva, intercettati dai finanzieri, sostennero che quell’Aia era stata di fatto scritta da loro, una affermazione sulla quale gli inquirenti hanno lavorato per accertare eventuali complicità a livello ministeriale. (GdM)
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