Ilva può usare le navi solo per Taranto
Ilva Servizi Marittimi presenta alla Magistratura di Taranto un'istanza
per il dissequestro totale delle navi che però la respinge. Concesso
l'uso delle unità solo per le esigenze necessarie alla produzione del
siderurgico di Taranto: il trasporto delle materie prime. Le navi,
insieme agli immobili, ai conti correnti e alle partecipazioni
azionarie, rientrano infatti nell'ordinanza di sequestro preventivo per
equivalente firmata dal gip di Taranto, Patrizia Todisco, nell'ambito
dell'inchiesta sull'inquinamento dell'Ilva con relativo risarcimento
ambientale. Il sequestro, partito a maggio, si è esteso il mese scorso
anche alle altre attività del gruppo Riva attraverso l'articolo numero
2359 del Codice civile che riguarda il coordinamento e il controllo
delle società. E così sono finiti nella rete della Guardia di Finanza
altri beni del gruppo Riva per un ammontare, ha precisato di recente il
procuratore di Taranto, Franco Sebastio, di quasi 600 milioni di euro
(la stima preventiva, invece, era di 950 milioni sulla base delle poste
patrimoniali indicate nei bilanci delle società colpite). Di questi
circa 60 milioni, come è emerso in seguito, costituiscono liquidità dei
conti correnti. Ora, se per quest'ultimi c'è stata una schiarita grazie
all'accordo intervenuto venerdì scorso tra ministero dello Sviluppo
economico, custode-amministratore giudiziario, banche e Riva Acciaio,
rimane invece aperto il capitolo di tutti gli altri beni oggetto di
sequestro e che fanno capo alle società controllate dall'Ilva. Per
questo, nei giorni scorsi, il ministro Flavio Zanonato aveva pensato ad
un decreto legge che estendesse il commissariamento dell'Ilva sulle
controllate. Ma nel tesissimo clima politico di fine-inizio settimana,
il decreto è naufragato - anche perchè l'accordo ha spento l'emergenza
Riva Acciaio - ed è difficile che veda la luce adesso.
La mossa di Ilva Servizi Marittimi verso l'autorità giudiziaria è quindi
finalizzata a riavere beni che servono a garantire l'approvvigionamento
di materie prime a Taranto, ma anche a tutelare la controllante Ilva.
La quale, ovviamente, deve «giocarsi» la carta del patrimonio per
ottenere dalle banche il credito che serve a finanziare i costosi lavori
di ambientalizzazione del siderurgico pugliese (il commissario Enrico
Bondi vuole stringere con le banche un accordo da 2,450 miliardi di
euro). Va comunque detto che il sequestro fatto nei confronti di Ilva
Servizi Marittimi, così come verso le altre società, sinora non aveva
impedito che i beni venissero utilizzati così come puntualizzato anche
dal procuratore. Nei giorni scorsi, intanto, la Procura aveva già
disposto il dissequestro delle «materie sussidiarie e di consumo
necessarie all'attività produttiva di Taranto Energia», la controllata
dell'Ilva che gestisce la centrale di 1100 Mw che nel siderurgico di
Taranto alimenta l'area a caldo. In tal senso era stata accolta
l'istanza della società confermando così il collegamento funzionale che
unisce «Taranto Energia» all'Ilva di Taranto, quest'ultima salvaguardata
nella sua continuità produttiva dalla legge 231 del 2012, meglio
conosciuta col nome di «Salva Ilva». (sole24h)
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