Voragine ai Tamburi per i lavori fatti male alle condotte Ilva
Lavori realizzati male e totale assenza di
manutenzione. Sono queste, secondo l’architetto Salvatore Favale, le
cause già individuabili per risalire alle responsabilità della voragine
che si è aperta al mercato del quartiere Tamburi il 12 febbraio 2012 e
che ha inghiottito un furgone con all’interno tre persone rimaste,
fortunatamente, lievemente ferite. Nelle 84 pagine che compongono la
relazione, il perito nominato dal giudice per le indagini preliminari
Giuseppe Tommassino, pur premettendo che sarebbero necessari ulteriori
accertamenti «per potere affermare con adeguata affidabilità» le cause
dell’evento, ha comunque indicato chiaramente che esiste un nesso tra i
lavori per la realizzazione dell’area mercatale terminati nel 2005 e le
condotte sotterranee dell’Ilva – una delle quali si trova esattamente a
qualche metro di profondità rispetto alla voragine – con le quali la
fabbrica porta le acque del Mar Piccolo in fabbrica per raffreddare gli
impianti.
In particolare, per il perito, vi sono due elementi evidenti: «la prima
direttrice va dalle caditoie che perdevano acqua verso la galleria Ilva
n. 2, la cui struttura entrava in crisi rompendosi; la seconda, dalla
galleria rotta che, trascinando al suo interno tanto materiale, ormai
sciolto, per circa 46 metri lineari, provocava in superficie una
voragine». In sostanza, durante i sette anni tra i lavori del mercato e
l’apertura della voragine, il mancato funzionamento del sistema di
raccolta delle acque piovane avrebbe pian piano sciolto l’argilla –
situato tra la galleria e la superficie – e generato lo svuotamento
dello spazio sotto la superficie che quella mattina di febbraio avrebbe
ceduto sotto il peso del furgone.
Eppure sfogliando la relazione dell’architetto Favale emerge con
chiarezza che vi erano state diversi campanelli d’allarme. Il 25 gennaio
2012, ad esempio, quando la galleria numero 2 dell’Ilva è crollata.
Oppure la presenza sul pavimento del piazzale del marcato, da tempo
secondo il perito, di evidenti lesioni e macchie scure che, però,
«nessuno ha notato».Il perito, infine, oltre a suggerire nuovi
accertamenti per completare l’indagine e verificare lo stato di altre
zone segnate da lesioni, punta il dito contro una serie di fattori: la
totale assenza di manutenzione tra il 2005 e il 2012, la mancanza del
«collaudo tecnico amministrativo» che il comune di Taranto avrebbe
dovuto compiere entro qualche mese dalla fine dei lavori avvenuti a
gennaio 2005 e, soprattutto, la condotta della fase progettuale e
realizzativa dei lavori caratterizzata da «tante e tali leggerezze che
hanno annullato il principio delle condizioni di sicurezza posta a base
di ogni processo di questo genere». (GdM)
Nessun commento:
Posta un commento