Ilva, pressing sulla commissione rifiuti
Un percorso studiato per mostrare i “gioielli” della fabbrica ed evitare
i reparti inquinanti, una relazione che mettesse in evidenza gli
investimenti realizzati in campo ambientale e qualche parlamentare amico
per svolgere le pressioni giuste.
Nella fitta rete tessuta da
Girolamo Archinà, l’ex public relation dell’Ilva sotto inchiesta
nell’ambito di Ambiente svenduto, finì anche la Commissione parlamentare
di inchiesta sul ciclo dei rifiuti. Dal 13 al 15 settembre del 2010,
l’organo parlamentare arrivò in missione a Taranto. L’attività dello
stabilimento siderurgico fu uno dei motivi della visita.
La
circostanza mise in fibrillazione l’apparato dell’Ilva. Ma Archinà
sembrava avere una soluzione per tutto. Il 10 settembre, telefona
all’on. Pietro Franzoso (Pdl), tragicamente deceduto a novembre del
2011. Franzoso oltre ad essere un parlamentare della provincia di
Taranto, è componente della Commissione rifiuti con funzioni di
segretario. L’incontro tra i due avviene durante la cerimonia di
inaugurazione della Fiera del Levante a Bari. Per quanto informale, la
riunione sembra sortire gli effetti desiderati tanto che il giorno dopo
Archinà istruisce il direttore dello stabilimento, Luigi Capogrosso
(anch’egli indagato), sui comportamenti da tenere con la Commissione.
«Mi sono visto con… la persona qui (è evidente che si tratta dell’on.
Franzoso – scrivono gli inquirenti)… dovremmo porre più attenzione ad
alcuni interventi impiantistici che attengono l’ecologia, tipo
l’impianto urea, piuttosto che un altro impianto e poi porre
l’attenzione ai flussi che vanno verso l’esterno… tipo… come abbiamo
fatto con la questione Pcb».
Capogrosso prende nota ed il giorno
prima della visita, relaziona a Fabio Riva (anch’egli sotto inchiesta)
il quale ordina «mi raccomando mettiamo tutto in ordine». Capogrosso lo
tranquillizza forte delle indicazioni avute da Archinà: «avremmo messo
giù un percorso… che adesso mettiamo su carta… perchè dall’informazione
di Archinà noi volevamo far vedere l’impianto di Urea con la relativa
gestione delle polveri… poi l’impianto di bricchette quelle di Ambruoso,
che passiamo li davanti».
Nella conversazione viene fuori il nome
dell’on. Gaetano Pecorella, presidente della Commissione. «Ah Pecorella,
quello della Franzoni», esclama Fabio Riva che forse lo confonde con
l’avv. Carlo Taormina.
Ma è proprio su Pecorella che si svolge il
pressing maggiore perchè, a conclusione dei lavori rilascia una
dichiarazione alla stampa affermando che i costi delle bonifiche debbano
gravare sui responsabili dell’inquinamento. A complicare ulteriormente
le cose interviene anche il noto ambientalista Fabio Matacchiera che in
quei giorni denuncia l’incompatibilità dell’on. Franzoso in seno alla
Commissione perchè la moglie è l’amministratrice della Iris di
Torricella (comune di residenza di Franzoso), una delle maggiori aziende
dell’appalto Ilva.
Archinà quindi tenta di correre ai ripari ne
parla prima con Capogrosso e poi con lo stesso Franzoso. «Il discorso
che stamattina gli devo fare avere alla persona – dice a Capogrosso – il
discorso se il concetto che dice il Presidente che varrebbe… è il
privato che deve bonificare, allora perchè è intervenuta la Regione per
bonificare le aree di Matra e Cemerad?»
Gli stessi dubbi vengono
riportati al parlamentare di Torricella. Archinà gli suggerisce di
«aiutare il presidente Pecorella ad essere oggettivo» ed a tal fine
Archina e Franzoso concordano sul fatto che sia necessaria una
precisazione sulla questione. (Tursi - CdG)
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