Mar Piccolo inquinato e Marina Militare: ritardi abissali per la messa in sicurezza dell’area ex Ip
A che punto è l’iter per la messa in
sicurezza di emergenza dell’area ex Ip dell’Arsenale Militare? Da quanto
ci riferiscono fonti dell’assessorato regionale all’Ambiente, il
progetto definitivo è stato trasmesso dalla Marina Militare lo scorso 20
novembre ed è stato protocollato dalla Regione Puglia il 2 dicembre,
solo pochi giorni fa. Ovviamente i tecnici della Regione non hanno
avuto ancora il tempo per approfondire i dettagli. La vera notizia,
però, è un’altra: la consegna del documento giunge con oltre un anno di
ritardo, dopo un percorso reso tortuoso anche da impicci burocratici.
Torniamo sull’argomento a distanza di
qualche mese, mentre continua a persistere un’ubriacatura mediatica che
vede l’Ilva come unica protagonista. Ma ad inquinare il territorio
ionico hanno contribuito anche altri soggetti. La vicenda dell’area ex
Ip è un caso emblematico. Si tratta di un’area situata nel primo seno di
mar Piccolo ed interessata da una pesante contaminazione (metalli
pesanti, pcb, inquinanti inorganici) dovuta proprio alle attività
passate dell’Arsenale militare. Ce ne siamo ampiamente occupati nei mesi
scorsi, quando insieme al TarantoOggi abbiamo denunciato i ritardi
relativi a questo importante intervento mirato a bloccare un ulteriore
contaminazione del mar Piccolo.
Lo scorso mese di febbraio eravamo
rimasti colpiti dalle (fin troppo) rassicuranti dichiarazioni del
capitano di vascello Fabrizio Gaeta, direttore del Genio Militare della
Marina di Taranto, che in un’intervista riportata dalla Gazzetta del
Mezzogiorno aveva affermato: «Ciò che abbiamo garantito in conferenza di
servizi procede a passo spedito. E non potrebbe essere diversamente».
La nostra conoscenza dei fatti, però, ci diceva altro. L’assessorato
regionale all’Ambiente aveva confermato i nostri dubbi sulla lentezza
che caratterizzava l’iter per la messa in sicurezza di quell’area,
nonostante le diverse sollecitazioni rivolte alla Marina.
Ma facciamo un passo indietro. La
consegna del Progetto definitivo per la messa in sicurezza di emergenza
delle acque di falda (Mise) era prevista per il luglio del 2012. Doveva
essere un passaggio cruciale, al termine di un iter piuttosto tortuoso
che aveva visto il Servizio Ciclo dei Rifiuti e Bonifica della Regione
formulare una serie di osservazioni e prescrizioni sul Progetto
presentato da Marigenimil. Nel corso della Conferenza dei Servizi
decisoria, tenuta l’8 marzo 2012, Marigenimil aveva assicurato una
programmazione finanziaria che garantiva l’avvio delle procedure per
l’esecuzione delle opere entro il 2012.
Il 30 marzo del 2012, l’assessore
regionale all’Ambiente Lorenzo Nicastro aveva annunciato che il progetto
di Marigenimil aveva ricevuto l’ok dei tecnici regionali affermando,
inoltre, che l’iniziativa del Genio Militare avrebbe consentito di
“contenere definitivamente la contaminazione accertata nella falda
acquifera”. Ma la data prevista per la consegna del progetto definitivo
– luglio 2012 – non è mai stata rispettata. Di questo slittamento, in
città, non ne parla nessuno. Come se fosse assolutamente normale che
per riparare a decenni di guasti ambientali, si proceda con una lentezza
tale da apparire indisponente nei confronti di un territorio già
profondamente ferito.
Nei mesi scorsi avevamo denunciato
anche i ritardi relativi alla presentazione della caratterizzazione
integrativa del sito, richiesta al fine di avere un quadro puntuale
della situazione prima dei necessari interventi. Dalla Regione fanno
sapere che dopo l’ultimazione da parte dalle strutture tecniche della
Marina Militare, lo scorso 23 maggio, il documento è stato trasmesso
alla Regione. Anche l’attività di rimozione dei rifiuti dall’area,
stando ai report periodici che giungono agli uffici regionali,
risulterebbe ultimata. I lavori si sarebbero conclusi lo scorso 15
marzo.
Persiste, invece, un alone di mistero
sul sistema di mitigazione per la propagazione della falda. Lo scorso 8
febbraio – ci dicono dalla Regione – la Marina Militare aveva comunicato
che pur avendo perfezionato l’affidamento dei lavori per la
realizzazione degli impianti, non si era potuto procedere perché l’area
era sotto sequestro. Inoltre – fanno sapere dall’assessorato - le
attività di mitigazione richiedono un’autorizzazione di competenza
provinciale per lo scarico a mare delle acque trattate, che alla data
della comunicazione non risultava ancora rilasciata. Un aspetto su cui
ci riserviamo di tornare per fornire ulteriori dettagli, magari anche
con il contributo della stessa Marina Militare, se vorrà fornire
informazioni. Ma è tutta la vicenda da tenere sotto osservazione fino al
suo epilogo. Per amore del mar Piccolo, di Taranto e della verità.
Alessandra Congedo - inchiostroverde
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