Ilva, il latitante Riva tratta “Fateci vedere il carcere”
Fabio Riva, uno dei proprietari dell’Ilva al centro dell’inchie – sta
per disastro ambientale, continua a battersi per evitare l’estradizione a
Taranto dal suo “esilio” in libertà vigilata a Londra. L’esito potrebbe
dipendere dalla trattativa intavolata tra il Dipartimento per
l’amministrazione penitenziaria e gli avvocati inglesi dell’in –
dustriale, aperta via lettera dai legali. Gli stessi che lo assisteranno
nell’udienza dinanzi al giudice distrettuale che dovrà decidere se
estradarlo in Italia oppure consentirgli di proseguire la sua latitanza
dorata. NELLA lettera alla Procura di Taranto, i legali hanno chiesto di
poter inviare un loro esperto a valutare le condizioni del carcere che
dovrebbe ospitare Riva. “Non spetta a noi decidere” hanno replicato i
pubblici ministeri, che hanno immediatamente girato la palla al Dap. Il 4
dicembre scorso, il dipartimento ha rigettato la richiesta definendo
non “sufficiente – mente motivata” l’istanza arrivata dall’Inghilterra.
La vicenda poteva chiudersi qui e invece il dipartimento ha lasciato
comunque una porta aperta. Secondo quanto ricostruito dal Fatto , il Dap
ha infatti specificato che se la richiesta fosse stata giustificata in
maniera più esauriente, l’amministrazione penitenziaria l’avrebbe
valutata di nuovo. I legali di Fabio Riva, non si sono fatti sfuggire
l’oc – casione e pochi giorni dopo il “no” ricevuto da Roma, hanno
inviato una nuova lettera direttamente al Dipartimento del ministero
della Giustizia. Poche pagine per esprimere in maniera più chiara le
motivazioni per le quali è necessario consentire a un esperto di
visitare il carcere ionico, dove al momento sono detenute oltre 600
persone, e stabilire se ci sono le condizioni per ospitare anche l’ex
latitante Fabio Riva. Insomma, un ultimo capitolo, non di poco conto,
prima che la battaglia giudiziaria in corso da un anno tra Procura di
Taranto e difensori inglesi possa giungere alla fine. La decisione della
Corte inglese, infatti, dovrebbe giungere a gennaio 2014. Nelle scorse
settimane, i pubblici ministeri di Taranto hanno inviato a Londra una
nuova memoria per ribadire la necessità di decretare l’estradizione che
il prosecuto r , il pubblico ministero inglese, ha presentato al giudice
distrettuale lo scorso 9 dicembre. Un rischio che evidentemente diventa
sempre più vicino e che quindi ha spinto i difensori a giocarsi per due
volte la carta del sopralluogo. Un’ultima spiaggia. Perché Fabio Riva
non ha intenzione di fare “nemme – no un giorno di carcere” ed è per
questo che scelse di volare all’estero poco prima che la magistratura di
Taranto firmasse l’ordine di carcerazione nel novembre 2012. A
RACCONTARLO sono i suoi familiari che, ignari di essere intercettati,
commentavano la scelta di lasciare l’Italia: “Fabio non ascolta nessuno e
fa solo di testa sua”, ma soprattutto “non ne voleva saper nulla e non
era sicuro al 100 per cento che gli avrebbero dato i domiciliari”. Così
l’industriale, accusato di associazione a delinquere finalizzata al
disastro ambientale, volò in Inghilterra sfuggendo al carcere. Fino al
suo arresto, il 22 gennaio 2013, la latitanza di Fabio Riva non sembrava
essere particolarmente limitante. Per festeggiare il nuovo anno, ad
esempio, secondo quanto emerso dalle indagini, negli ultimi giorni del
2012 Riva lasciò la sua residenza londinese per raggiungere le coste
francesi e trascorrere la notte di San Silvestro a bordo della “RA”,
l’im – barcazione di famiglia ormeggiata a Beaulieu sur mer, in Costa
Azzurra. L’Interpol e la gendarmeria francese arrivarono qualche giorno
più tardi, ma del latitante non c’era traccia. A distanza di un anno dal
suo arresto, quindi, la vicenda potrebbe trovare una fine. In caso di
accoglimento, Riva si dovrebbe difendere di fronte al suo giudice
naturale. E magari anche spiegare ai cittadini di Taranto il significato
di una frase intercettata dai finanzieri, in cui affermava: “Due casi
di tumore in più all’anno… una minchiata” (mentinformatiche)
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