La politica e il caso Ilva. Vico: sono sempre stato dalla parte degli operai
Dopo aver atteso la notifica dell’avviso di conclusione delle indagini preliminari e sopportato accuse di ogni tipo, Ludovico Vico, parlamentare del Partito democratico dal 2006 al febbraio scorso, quando risultò il secondo dei non eletti, accetta di rispondere alle domande della Gazzetta. Il suo nome non è tra i 53 coinvolti nell’inchiesta “Ambiente svenduto” che ha svelato il sistema Ilva. Prima di fare politica attiva con il Pd, Ludovico Vico ha passato anni e anni nella Cgil, per la quale è stato segretario generale della Camera del Lavoro di Taranto dal 1993 al 2000 e poi segretario regionale nel 2001.
Vico, come mai solo ora, a 12 mesi dalla diffusione delle intercettazioni delle telefonate tra lei e Girolamo Archinà, responsabile delle relazioni esterne dell'Ilva, rompe il silenzio?
Non ho mai parlato finora per due ragioni. La prima: non credo che nella mia comunità ci sia tanto desiderio di sentire la mia versione dei fatti, almeno fuori da ogni ipocrisia o strumentalizzazione. La seconda: la magistratura doveva fare il proprio dovere fino in fondo, svolgendo la funzione di accertamento della verità che ho sempre ritenuto insindacabile. Era doveroso attendere la conclusione delle indagini preliminari per capire quali erano le contestazioni e a chi venivano rivolte. Ero sicuro che gli eventi avrebbero dimostrato come stavano le cose. Certo, parlare oggi di Ilva e Taranto è come tentare di fermare uno tsunami a mani nude. Troppa la rabbia, troppo il dolore.
Lei è finito sulla graticola per i colloqui con Archinà, il maestro degli insabbiamenti dell'Ilva. Prima di chiarire il merito delle telefonate, il metodo: era necessario parlare con Archinà?
Guardi, le rispondo come ha risposto il governatore Nichi Vendola, Archinà era la porta d'accesso ai Riva, bisognava dialogare con lui per confrontarsi con la proprietà. La mia conoscenza con lui risale agli anni del sindacato ed era una conoscenza come ho spiegato praticamente d’ufficio. Ma occorre anche dire che le intercettazioni si riferiscono al 2010 quando non solo era auspicabile parlare con quella fabbrica ma addirittura indispensabile per tentare di condurla a più miti consigli sia sul tema del mantenimento della forza lavoro che sul tema dell’eco-sostenibilità. Se non avessimo parlato con l’azienda e si fossero confermati i 5mila esuberi dell’epoca saremmo stati accusati lo stesso.
Non era un obbligo, invece, avere quel tipo di confidenza, tale da comportare perfino il suggerimento di proposte di legge, no?
Quando si conosce una persona da tanti anni, il lei non si usa, almeno nel paese reale, quello dell’ipocrisia non lo frequento. Quanto alla proposta di legge, chiarisco a lei e spero a tutti: è vero, come risulta agli atti dell'inchiesta, Archinà mi ha inviato una mail con la quale proponeva la depenalizzazione dell'articolo 674 del codice penale, quello riguardante il getto pericoloso di cose, reato spesso imputato ai Riva e ai dirigenti dello stabilimento, proposta finita però in un cestino. Non l’ho mai presa in considerazione, non esiste un mio atto parlamentare in tal senso, mi spiace che nessuno abbia avuto la forza, la voglia, l’onestà intellettuale di verificarlo e di darne dunque conto. Mi spiace, inoltre, che in questa falsa notizia sia inciampato in una intervista anche un esponente del mio partito per cui nutrivo una grande stima come l’ex magistrato Felice Casson. La mia storia parlamentare, e prima ancora sindacale, sul punto non ammette discussioni e la difenderò fino in fondo. Le ricordo che sono mie le denunce sulle infiltrazioni mafiose nell'Italsider pubblica e sono mie anche le denunce sul dissesto, poi dichiarato formalmente, del Comune di Taranto, il più grande dissestodella storia d’Italia.
Quante responsabilità ha la politica nel caso Ilva?
Chiaro che responsabilità a posteriori esistono ma non si possono delineare compiutamente ignorando il contesto, ovvero che la presenza del gruppo Riva a Taranto è sempre stata una presenza da fortino da difendere a tutti costi e non una presenza di costruzione del dialogo. Proprio l’assenza di dialogo con gli enti, i sindacati e cittadini rimane il punto più negativo della vicenda Ilva, tanto che è proprio la magistratura ad intervenire, svolgendo di fatto una funzione di supplenza. Guardi, io per formazione culturale, prima ancora che sindacale e politica, ho sempre difeso la fabbrica e chi vi lavorava, non ho mai sostenuto le tesi di chi voleva chiudere l'acciaieria, fregandosene del destino di migliaia di operai. Spero non sia una colpa. (Gdm)
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