Ilva, veleni e fanghi la denuncia di Ronchi
«Per valutare la portata della decisione della Cassazione occorre attendere le motivazioni. Mi auguro solo che gli effetti di questo verdetto non aggiungano altre incertezze. Per risanare Ilva servono punti fermi, altrimenti diventa tutto più complicato». Predica cautela il subcommissario Edo Rochi, inviato dal Governo al fianco di Enrico Bondi, per guidare la ristrutturazione dell’acciaieria che avvelena Taranto. Due giorni fa la Cassazione ha cancellato il sequestro da otto miliardi e cento milioni di euro decretato dal gip Patrizia Todisco. Quel tesoro è ritenuto il profitto accumulato dai Riva grazie ai mancati investimenti per abbattere l’impatto ambientale di cokerie e altiforni.
Una strategia elusiva che Ronchi sta pesando quotidianamente sul campo. Così è proprio dalle sue parole che arriva una conferma al teorema dei magistrati ionici. «In Ilva – racconta – abbiamo riscontrato situazioni inaccettabili. Spie di una sciatteria diffusa sulle tematiche ambientali, figlia di una attenzione esclusivamente focalizzata sul profitto. È chiaro che non tocca a me stabilire quanto questa politica abbia consentito di guadagnare. Ma è chiarissimo che tanto si poteva fare e non è stato fatto».
Un atto di accusa durissimo che sembra essere anche una risposta a chi ancora ieri sponsorizzava la linea del dialogo con i Riva.
«Nei reparti – racconta Ronchi abbiamo trovato fanghi di produzione industriale abbandonati al loro destino. Gli stessi tecnici dello stabilimento con i quali ci rapportiamo, ammettono senza timori che il livello di guardia portato dalla gestione commissariale non esisteva in passato. Sul campo – continua l’ex ministro Ronchi – stiamo sconfessando chi ha sostenuto che non esisteva la tecnologia per ridurre drasticamente le emissioni di fumi e polveri. Per anni – aggiunge si è detto che interventi come la copertura dei parchi erano impraticabili. Ora ci sono i progetti già approvati a smentire chi in realtà ha scelto di non intervenire».
Il cammino di Bondi e Ronchi da gennaio dovrà fare i conti anche con il colpo di spugna con il quale la Cassasazione ha cancellato i sigilli su circa due miliardi di euro, effettivamente scovati dalla Finanza. Il nuovo quadro è destinato a pesare sull’azione diretta a reperire i fondi per attuare le prescrizioni dell’Autorizzazione integrata ambientale e per mantenere l’equilibrio finanziario della grande fabbrica. «Mi sono confrontato con Bondi – confessa Ronchi – e abbiamo convenuto che qualsiasi tipo di valutazione va fatta solo quanto saranno disponibili le motivazioni. Chiaramente per noi è di fondamentale importanza il recente provvedimento che autorizza la possibilità di attingere risorse dai sequestri, messi a segno anche in indagini diverse da quelle di Taranto, per finanziare le bonifiche».
Nel mirino dei commissari, infatti, vi è il patrimonio bloccato dalla Finanza su ordine della Procura di Milano, nell’ambito delle indagini sul denaro spedito all’estero dai Riva. «Questa norma deve restare una certezza – conclude – se si vuole davvero migliorare la prestazione ambientale degli impianti e garantire il futuro della fabbrica». (RepBa)
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