Informazione imboccata, attaccamento identitario al territorio, fitorimediazione confrontando zona Ilva e Fiume Tara, il il caso del rione bonificato di Stoccolma, in Svezia. Punti toccati nell'incontro di Peacelink, organizzato ieri pomeriggio in Università, in via Duomo ed intitolato: “Taranto, dal disastro ambientale, alle eco-alternative”. Ancora una volta, la voglia di capire la Taranto industriale guardando ad un'alternativa diversa nel futuro emerge nelle scelte dei neolaureati, e non sempre di Taranto: l'analisi del passato, scandagliando la sociologia dei consumi, con la tesi “Le morti che non contano. L'Ilva e Taranto”, di Francesco Scialpi; l'analisi degli stati d'animo tra recente passato ed un periodo molto vicino all'attualità, con la tesi di Psicologia, di Deborah De Iure, “Integrazione di metodi nella ricerca psicosociale: il caso dell'Ilva di Taranto tra rappresentazioni e identità”; la ricerca, grazie alla fitorimediazione nella tesi di di Adriano Fonzino, sull'Ecologia, “Bioaccumulazione di idrocarburi policiclici aromatici (IPA) in isopodi detritivori da terreni contaminati, ruolo dell'azione di fitorimediazione di Phragmites australis"; finale con il resoconto della spedizione di Daniele Marescotti, in rappresentanza del Cetri Tires (Circolo Europeo per la Terza Rivoluzione Industriale) a Stoccolma, in collaborazione con Peacelink, nel rione periferico industriale bonificato di “Hammarby Sjostad”. Moderava il dibattito, in diretta streaming sul web, la responsabile del nodo di Taranto di Peacelink, Fulvia Gravame, la quale ha esordito negando il miglioramento della qualità dell'aria tarantina, alle prese con quasi quotidiani slopping, assolutamente fuori legge e non consentiti nell'Aia, Autorizzazione integrata ambientale. Francesco Scialpi è riuscito a raccontare con linguaggio tecnico il menefreghismo di parte del territorio, complice della mancanza di reazione in questi anni, avvalendosi di contributi video già noti sulle intercettazioni di “Ambiente Svenduto” e citando l'inchiesta in corso della Magistratura, con le sue perizie o la scelta a suo avviso discutibile della campagna regionale “Questa è Taranto”: «Cos'è l'attualità? Quando un episodio crea scalpore, alcune notizie vengono accantonate e riprese quando fa comodo». Ed ancora: «Mi viene in mente la psicosi collettiva quando si è parlato dei 40.000 posti di lavoro a rischio, mentre Ilva conta 12859 diretti e 3000 nell'indotto. E 21711 sono i dipendenti del gruppo Riva nel mondo. Ho trovato discrasie tra due libri sullo stesso tema. Uno parla di 20.000 alberi abbattuti per la costruzione dell'acciaieria, l'altro di 40.000. A Taranto, si sono creati degli ossimori per vendere i giornali. Salute contro lavoro. Come è possibile metterli in contrasto?». Deborah De Iure, di Bari, a Padova ha discusso la sua tesi dopo aver trovato divisioni sul caso Ilva, rimarcando più volte l'alto attaccamento al luogo emerso, specialmente quando faceva domande al campione intervistato evidenziando la minaccia dell'Ilva: «Ho studiato le metafore in riferimento all'Ilva - spiegava - l'azienda è vista come un mostro. Sono presenti i termini di battaglia, guerra, sfruttamento e colonizzazione». Verrebbe fuori il sottodimensionamento del rischio in chi è favorevole all'Ilva. L'ultimo neo dottore, Adriano Fonzino, ha illustrato il suo esperimento di fitorimediazione, confrontando una zona con inquinanti pesanti come gli Ipa, vicino ad una portineria Ilva, e la zona del fiume Tara con le piante fitorimedianti autoctone. Concludendo sull'efficacia di queste tecniche naturali e ipotizzando diversi usi, come avviene nella fitodepurazione delle acque reflue degli agriturismi, senza dover rimuovere il terreno inquinato e smaltirlo in discariche di rifiuti speciali.
Francesca Rana, Nuovo Quotidiano di Puglia, edizione di Taranto, 17 dicembre 2013
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