La città sepolta dalla polvere dell’Ilva
“Noi non ce la meritiamo Taranto. Le città più belle del mondo lo sapete quali sono? Budapest, Bucarest e Tarant nuestr”.
Così un abitante di Taranto vecchia riassume la rabbia, non solo verso le istituzioni, ma anche nei confronti dei suoi concittadini nel documentario “Polvere – The Italian Dust”, realizzato Vincenzo Luca Forte e Giovanna Testa.
Inquinamento, tumori, corruzione, periferie disagiate, disoccupazione: lo sguardo non è puntato solo sull’Ilva, è a 360 gradi su una città umiliata, annichilita, divenuta simbolo del disastro italiano.
“Il diritto alla salute è stato sacrificato in virtù del diritto al lavoro - spiega Vincenzo Luca Forte presentando il documentario -. Si è chiesto ai cittadini di scegliere tra lavoro e salute: una falsa scelta, un ricatto subdolo”. Gli autori puntano il dito contro l’indifferenza delle istituzioni, “che si passano la palla avvelenata e si discolpano“.
Il documentario, accompagnato dalle musiche tradizionali della città e quasi tutto in dialetto tarantino per mantenere la forza e la rabbia degli interventi, ma sottotitolato in inglese per tentare di far conoscere il dramma della città anche fuori dall’Italia, sarà presentato domani alle 15 alla Camera dei deputati (Palazzo Marini) dagli autori alla presenza dei comitati cittadini e delle associazioni degli agricoltori, del presidente della Commissione di Vigilanza, Roberto Fico, altri parlamentari del Movimento 5 Stelle, giornalisti e autori.
La polvere è quella che per più di 50 anni è fuoriuscita dai camini dell’Ilva e che è entrata nei polmoni di operai e abitanti del Rione Tamburi, quartiere adiacente al polo industriale. La stessa polvere che ha contaminato la mitilicoltura e l’agricoltura, settori sui quali l’economia tarantina si è sempre fondata. Come racconta uno dei tarantini nel reportage, “lo stabilimento siderurgico è sorto proprio alle spalle del cimitero, forse già prevedevano di fare 11.850 morti”.
Nel documentario si parla anche del rapporto tra Girolamo Archinà, direttore della relazioni istituzionali dell’Ilva, e il presidente della Regione Puglia, Nichi Vendola, anche alla luce della pubblicazione dell’intercettazione di una telefonata tra i due risalente al 2010, che tante polemiche ha scatenato.
Taranto non è però solo Ilva. C’è Taranto Vecchia, con le rovine della Magna Grecia, e il borgo marinaro abbandonato a se stesso, vittima di un’industrializzazione forzata. Ci sono le discariche, ben cinque, di rifiuti speciali, tra le più grandi d’Europa, oltre agli inceneritori.
“Puoi fermare chiunque qui in strada e chiedere se ha avuto un morto di tumore in famiglia – dice un giovane ripreso nel documentario -: tutti ti diranno di sì”. (Restoalsud)
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