Tehran addio, tra premi, malinconia, gaffe e speranza
Quinta ed ultima puntata della straordinaria esperienza narrata in prima persona dal protagonista
È l’11 maggio 2013, giornata in cui si conclude la 16° edizione del IIFUT International Iranian Festival of University Theatre, dove abbiamo presentato tre repliche del nostro spettacolo “L’Eremita contemporaneo – MADE IN ILVA” e condotto un workshop intensivo con gli studenti della Facoltà di Teatro di Tehran nell’ambito del nostro progetto di ricerca MEGALOPOLIS.
Riceviamo dai nostri assistenti l’invito alla cerimonia ufficiale di premiazione del festival che si svolge nel prestigioso City Theatre uno splendido edificio circolare, gioiello dell’architettura persiana. Il teatro è gremito di studenti, professori universitari, esponenti della cultura di Tehran. Sulla scena scintillano un centinaio di statuette metalliche, trofei del festival, che ricordano vagamente gli oscar Hollywoodiani. Solo dopo diverse ore, la cerimonia giunge alla sezione internazionale, al’interno della quale era in programma il nostro spettacolo. Nell’annuncio in lingua Farsi del presentatore riesco a distinguere chiaramente il nostro nome seguito immediatamente da uno scroscio di applausi e grida. La nostra assistente con un viso emozionato mi fa segno di correre sul palco, dove raggiungo una serie di professori in fila ad attendermi ai quali stringo prontamente la mano, apprestandomi, ahimè, a compiere una gaffe colossale. Nel mezzo della colta schiera c’è anche una docente, che con evidente imbarazzo e con prontezza di riflessi risponde al mio gesto ritraendo la sua mano.
In Iran non è possibile stringere in pubblico la mano di donna, per un uomo, a maggior ragione in un teatro da mille posti durante una cerimonia ufficiale! Per fortuna il mio gesto suscita una reazione ilare nel pubblico, incentivandone gli applausi. Sono sorpreso. Mai potevo aspettarmi tanta riconoscenza. E sorpresi sono anche gli assistenti del festival che quando scendo dal palco ancora emozionato mi confessano “Here the people love you”.
In effetti questo sentimento di amore per la cultura e di riconoscenza profonda verso chi compie una ricerca nell’arte ci ha accompagnato in tutta questa esperienza. La cultura qui ha un valore profondo ed è supportata, valorizzata. Esiste però anche tutta quella corrente di espressione artistica che va oltre le regole e che diventa proibita, censurata. Tutto questo genera una vitalità che non esiste più nei paesi occidentali e una cultura “undergound” rigogliosa nonostante fare arte, in questo paese possa diventare davvero pericoloso. Si avverte un bisogno attivo di cultura e un desiderio di libera espressione artistica molto forte. Gli studenti si scambiano film, libri, musica che non potrebbero trovare nei canali ufficiali e legali. Ed è proprio agli studenti che ci siamo sentiti vicini, in qualche modo utili e necessari, maestri e al tempo stesso compagni di viaggio.
In un certo senso mi hanno fatto riflettere e ritrovare la forza di lottare per difendere la nostra idea di cultura e di arte. Spesso infatti la libertà che sembra caratterizzare le società occidentali nasconde invece dei meccanismi di censura dettati non dal sistema politico, ma da quello economico. La qualità spesso fatica ad esprimersi perché non produce moneta immediata e quindi appare come emarginata e relegata in comparti e contesti che faticano a sopravvivere.
Il nostro progetto MEGALOLOPOLIS voleva riflettere proprio su questo e ha trovato qui a Tehran numerosi altri spunti di riflessione e confronto. È bastata una settimana per affezionarsi alla città e alla sua gente ed è con dispiacere che ci apprestiamo a lasciare questo paese in cui il nostro nuovo progetto ha gettato un seme che speriamo germogli.
Un luogo in cui anche il nostro spettacolo L’eremita contemporaneo – MADE IN ILVA ha trovato nuovi significati, creato nuove possibilità, ottenuto riconoscimenti. Una città che con Taranto ha in comune l’inquinamento atmosferico ed il calore dei suoi abitanti e che ha accolto la vicenda dell’Ilva come se la riguardasse da vicino, perché espressione di sentimenti universali come quello della ricerca della verità, della libertà, della salute e del lavoro.
Certo ci rammarica un po’ il fatto di non essere ancora riusciti a portare il nostro spettacolo nella città di Taranto, città natale della regista Anna Dora Dorno, a cui questo spettacolo, per il proprio contenuto, deve la sua genesi. Ci sembra un po’ paradossale aver fatto conoscere la vicenda Ilva al pubblico Iraniano e non poter ancora parlare con questo lavoro agli operai e ai cittadini tarantini che vivono all’ombra di questo mostro. In Italia le dinamiche legate alla circuitazione degli spettacoli purtroppo seguono poco l’interesse dei cittadini.
Ci consola però il fatto di aver ricevuto, subito dopo la premiazione dell’IIFUT, la notizia che L’Eremita contemporaneo – MADE IN ILVA è stato candidato al Premio Museo Cervi di Reggio Emilia e al premio Landieri – Teatro di impegno civile a Napoli. Dunque siamo tornati con un premio in valigia pronti a conquistarne altri due. Un ulteriore incentivo a resistere ad una crisi che ormai è ovunque e rischia di annientare la nostra volontà alla quale noi possiamo rispondere con il teatro, che è tutta la nostra vita, il nostro mezzo per viaggiare e venire a contatto con altre culture, per raccontare storie, provocare, difendere, informare, per incontrare altri esseri umani come noi e confrontarci con loro. E così guardiamo avanti al prossimo progetto Stracci della memoria che ci porterà prima in Austria al Festival Spectrum e poi nella città in cui viviamo, Bologna, dove presenteremo il nuovo spettacolo “Il rito” nel chiostro del Teatro Stabile Arena del sole, dove i lavoratori del teatro, in risposta ai tagli ed alla situazione difficile, hanno dato vita con le proprie forze alla rassegna estiva Il sole dell’Arena.
Epilogo
In questi ultimi giorni la notizia dell’elezione del moderato Rohani alle presidenziali in Iran mi riempie di sollievo e accende in me la speranza di poter assistere un giorno ad un cambiamento. Provo ad immaginare la reazione delle persone che ho incontrato e che tanto confidavano in queste elezioni. In fondo ho vissuto anche io la tensione di questo clima elettorale che mi ha intrappolato nel traffico di Tehran per via dei numerosi posti di blocco e dei controlli alle auto, nel timore che potessero ripetersi i tragici avvenimenti che hanno accompagnato le precedenti elezioni. Mi consola la sensazione che forse torneremo presto, valutando la possibilità di partecipare ad altri festival e di organizzare progetti più lunghi e articolati per poter entrare maggiormente in contatto con questa città, la sua cultura e la sua doppia anima, quella visibile in superficie e quella “underground” che si respira nei caffè degli studenti, nei teatri delle università, tra i giovani, che vivono un eterno dissidio: restare per cambiare le cose o emigrare in un altro paese, per sfuggire alla censure e alle regole che limitano la loro libertà.
Nicola Pianzola, attore - Greenreport
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