Ilva, no al ricorso dei Riva, confermato il sequestro dei beni
Il decreto di sequestro è entrato in esecuzione il 24 maggio scorso. Fino ad oggi sono stati sequestrati beni per un miliardo di euro circa. Il sequestro ordinato dal gip Patrizia Todisco è preventivo, per equivalente e ai fini dell'eventuale confisca a procedimento concluso. In sostanza, la somma in questione è ritenuta dai periti dell'autorità giudiziaria l'ammontare che serve per bonificare dall'inquinamento l'area dell'Ilva di Taranto.
Secondo il gip, infatti, che ha accolto la relativa richiesta della Procura di Taranto, l'Ilva, negli anni, avrebbe omesso i necessari investimenti ambientali. E a proposito di questi ultimi, il procuratore di Taranto, Franco Sebastio, parlando giorni fa alla commissione Industria del Senato che lo aveva convocato per un'audizione, non ha escluso che si possa andare anche oltre questa cifra per i lavori di risanamento in quanto già la sola copertura dei parchi minerali del siderurgico, una delle maggiori fonti di inquinamento, ipotizza la spesa di alcuni miliardi.
Per gli avvocati di Riva Fire, il sequestro andava annullato in quanto viola la legge. Disposto dal gip in base alla legge 231 del 2001 sulla responsabilità amministrativa delle imprese che dal 2011 è stata estesa anche ai reati
Sinora il sequestro è stato eseguito solo per un miliardo di euro sugli 8 previsti e riguarda beni, conti, titoli e partecipazioni della capogruppo Riva Fire. Esclusa invece l'Ilva e tutto ciò che è funzionale alla produzione e all'attività del sito di Taranto, salvaguardato nella sua continuità operativa dalla legge 231 dello scorso dicembre.
Il ricorso contro il gip era stato presentato, dopo le dimissioni del cda dell'Ilva il 25 maggio, dall'ex amministratore delegato della stessa Ilva, Enrico Bondi, che però nei giorni scorsi si è disimpegnato e ha disimpegnato l'azienda dalla battaglia legale rimasta, a questo punto, solo di Riva Fire. Bondi, infatti, dal 4 giugno, in base al decreto legge 61, è commissario dell'Ilva su scelta del Governo e il manager ha ritenuto incompatibile questa sua nuova posizione con la vicenda giudiziaria del sequestro.
Qualche giorno prima del sequestro di Taranto, a Milano su ordine della Procura lombarda era stato sequestrato a Emilio Riva e al fratello Adriano un miliardo e 200 milioni che, secondo l'accusa, sono stati fatti uscire dalle casse dell'azienda per essere trasferiti nel paradiso fiscale dell'isola di Jersey. I Riva insieme a due commercialisti di Milano sono accusati di reati fiscali e valutari ma per questa vicenda Emilio Riva e i due professionisti non hanno presentato ricorso al Tribunale del Riesame. (Rep)
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