Squaz, un fumettista che “fiancheggia” le lotte
Chi è Squaz?
Sono un fumettista ed illustratore, nato a Taranto ed “emigrato” a milano da 20 anni. Ho iniziato pubblicando brevi storie a fumetti per fanzine e riviste underground, in seguito sono approdato a Frigidaire, Rolling Stone, XL di Repubblica, Linus ed Il Male di Vauro e Vincino. Ho all’attivo alcuni libri a fumetti tra i quali “Pandemonio”, “Dimmi la Verità”, “Minus Habens” e “Le 5 Fasi” (con il collettivo DUMMY).
Parliamo delle tue opere: Minus habens una storia sul concetto di diverso: tema sacrosanto che in italia spesso non riusciamo a capire. in Italia è un fenomeno sociale non marginale: come vedi la situazione e quali sono i motivi che ti hanno spinto a scrivere Minus habens?
Probabilmente il motivo è stato la nascita del mio primo figlio, inizialmente infatti doveva essere una storia per bambini. Lavorandoci su è poi diventata una specie di favola per adulti, ma sempre con le rime baciate e tutto il resto. Il tema della diversità mi ha sempre appassionato. Su Frigidaire per esempio ho pubblicato una serie a fumetti dal titolo “Lombrosario” che parlava sostanzialmente di casi clinici. A partire da lì sono stato contattato dal collettivo ACTION30 per collaborare ad uno spettacolo multimediale intitolato Constellation 61 che prendeva spunto dall’opera di Franco Basaglia, e che mi ha portato a contatto con pazienti ed operatori della salute mentale. Diciamo però che della diversità mi interessa più che altro l’aspetto sociale, filosofico. Sappiamo tutti che da come la società tratta le minoranze si può stabilire il suo grado di civiltà, non è una cosa che riguarda solo l’Italia.
A questo proposito fa abbastanza impressione che il motto dell’Unione Europea sia proprio “uniti nella diversità”.
Mi pare che questa unione si fondi sul ricatto e sull’uso della forza, e che i diversi non siano mai stati costretti ad omologarsi come ora.
Ci è piaciuto molto il tuo lavoro sull’Ilva di Taranto. Come vedi la situazione giù? Quali sono le prospettive.
Ti riferisci alla “Cartolina da Taranto” che ho pubblicato su Internazionale qualche mese fa. In effetti, era la terza volta che parlavo di Taranto sulle pagine di quella rivista. La differenza è che, diversamente dalle due volte precedenti, in quest’ultimo caso affrontavo un tema di bruciante attualità e di rilevanza nazionale (e non solo) come quello dell’Ilva, da testimone in presa diretta.
La situazione adesso sembra in movimento, con qualche delusione (la scarsa affluenza al referendum) e qualche piccola soddisfazione (il concertone del Primo Maggio). In realtà, il governo è evidentemente orientato a lasciare le cose come stanno, ed il fatto che la proprietà dell’Ilva abbia spremuto la fabbrica come un limone, con tute le conseguenze che conosciamo, fa chiaramente intendere che a giochi finiti mollerà ognuno al proprio destino lasciando dietro di sé macerie sia sociali che ambientali. La riconversione e le bonifiche sarebbero l’unica soluzione sensata, ed è quello che chiedono i cittadini, ma anche questo non è sufficiente. Penso alla bonifica fatta a Bagnoli, che ha creato più danni che altro. E’ ovvio che si deve affrontare un problema per volta, penso solo che questo è l’inizio di una lunga lunga battaglia.
E invece Belli dentro?
Belli dentro è una raccolta di miei fumetti brevi pubblicata in Francia nel 2006 (almeno credo) da un piccolo editore underground.
Si trattava di storie precedentemente pubblicate qua e là, raccolte in volume. Non ne ho mai avuto una copia tra le mani, né ho mai visto soldi. Temo che ai francesi non sia piaciuto molto. D’altronde, l’editore che lo pubblicò nel frattempo ha chiuso i battenti…
Attivismo ed arte…
Intanto, non mi considero un attivista. Casomai un fiancheggiatore. E poi l’arte dovrebbe creare i presupposti perché la gente viva in modo più pieno e consapevole, dovrebbe sollevare onde e schiuma e spruzzi. Se vuoi, è una pre-condizione.
Paliamo della graphic novel: qual è la situazione e il futuro in Italia?
Penso che il graphic novel sia un “tenere la posizione”, nel senso che ci sono autori che più di altri hanno investito molto in questo senso e ci credono tantissimo perché era importante ritagliare al fumetto un terreno in cui operare, con riconoscimenti culturali ed anche qualche vantaggio economico. Io dico che è un “tenere la posizione” nel senso che invece di andare nella direzione del romanzo a fumetti, quando già il romanzo tradizionale è in crisi e si avvia a dei grossi mutamenti, avrei trovato più proficuo puntare fin da subito verso direzioni più avventurose. Ma forse è questione di carattere e su queste questioni sono molto poco pragmatico.
Di sicuro, negli ultimi anni è cresciuta una generazione di fumettisti di talento (a volte enorme) che ha trovato il modo di esprimersi in maniera estremamente personale, senza troppi vincoli commerciali e senza dover fare per forza intrattenimento, e di vedere riconosciuto il proprio lavoro anche fuori dai nostri confini. Cosa che negli anni ’90, quando cioé ho cominciato io, sembrava ormai impensabile.
Di seguito CARTOLINE DA TARANTO
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