Ovvero tassare l'Italia per le inadempienze, aggiungendo una nuova tassa a quelle che già l'Italia ha versato per Ilva e co.
Il bilancio dell'operazione non può che essere a carico dei cittadini, costretti a pagare due volte: per l'inquinamento (in ambiente e salute) e per le tasse (i fondi per l'infrazione distolti da voci di spesa nazionali più utili).
Serve davvero questo teatrino?
I conti ancora sbagliati dell'Ilva
Denunciate le inadempienze ambientali a Taranto. Il governo ammette a
denti stretti. Rischio proceduta di infrazione europea. La solita
vecchia storia degli impegni presi e non rispettati.
I conti della salute, in casa Ilva, non tornano. Rivela una delegazione Ong di Taranto, volata a Bruxelles per informare i servizi della Direzione generale Ambiente della Commissione Ue sulla situazione degli impianti, che il gruppo siderurgico non ha rispettato 35 delle 94 prescrizioni impartite dalle autorità comunitarie per la piena messa in sicurezza degli impianti pugliesi. Il 9 maggio l’azienda ha dichiarato che le inottemperanze sarebbero solo nove. L’Ong ha cifre diverse. Oltretutto, fa notare, le prescrizioni contenute nell'Autorizzazione integrata ambientale (Aia) erano legate a un calendario ormai ampiamente scaduto. Se non saranno applicate, l’Italia sarà colpita da una procedura di infrazione Ue.
Le violazioni, secondo quanto riferito a TmNews dalla delegazione guidata da Alessandro Marescotti di Peacelink e da Fabio Matacchiera del Fondo antidiossina, contengono alcune circostanze particolarmente importanti, ad esempio quelle (nn. 40, 51, 58, 65 e 67) riguardanti il confinamento, mai effettuato, delle polveri tossiche che fuoriescono non filtrare dalla base (e non dalle ciminiere) di certe installazioni. Numerose altre prescrizioni non attuate riguardano le centraline e i sistemi di monitoraggio delle emissioni di vario tipo dagli impianti e dai camini, e il 'biomonitoraggio' su organismi e terreni e sul latte materno nell'area circostante.
Un dramma? Il sottosegretario allo Sviluppo economico, Claudio De Vincenti, ritiene si possa aggirare: basta rimodulare le scadenze non rispettate dall'azienda, dandole più tempo. "Come aveva chiesto l'Ilva - ha detto l’esponente del governo -, stiamo valutando la riconsiderazione della tempistica di alcuni di questi interventi, mentre altri sono stati realizzati o sono in corso di realizzazione", pur essendo scaduti i termini: "Ci sono interventi di grande rilievo nell'organizzazione della produzione e di consistenza tecnologica tale che dobbiamo trovare i tempi giusti per ottenere questi risultati".
Si immagina, insomma, che sia sufficiente “una messa a punto della tempistica" di quanto era già previsto dall'Aia. "Stiamo vedendo come applicare (le prescrizioni, ndr), stiamo sollecitando interventi e stiamo seguendo il piano di investimenti che l'Ilva si è impegnata ad approvare" ha proseguito il sottosegretario, aggiungendo testualmente che le prescrizioni non ancora attuate "sono in corso di rispetto".
E nel caso che l 'Azienda non ottemperi alle prescrizioni, neanche se sono riscadenzate? "La legge è molto chiara nel prevedere eventuali sanzioni", ha risposto De Vincenti.
L’Europa ha cercato di mettere a posto ciò che l’Italia aveva trascurato per anni, a un costo micidiale per gli uomini e l’ambiente. Ancora una volta, a quanto pare, non è bastato. Abbiamo preso impegni che non abbiamo potuto (o non potevamo) rispettare. Adesso chiediamo di rinegoziarli pagando ancora con la nostra credibilità. Scommettiamo che fra mesi e mesi saremo ancora qui a parlarne? (Lastampa)
I conti della salute, in casa Ilva, non tornano. Rivela una delegazione Ong di Taranto, volata a Bruxelles per informare i servizi della Direzione generale Ambiente della Commissione Ue sulla situazione degli impianti, che il gruppo siderurgico non ha rispettato 35 delle 94 prescrizioni impartite dalle autorità comunitarie per la piena messa in sicurezza degli impianti pugliesi. Il 9 maggio l’azienda ha dichiarato che le inottemperanze sarebbero solo nove. L’Ong ha cifre diverse. Oltretutto, fa notare, le prescrizioni contenute nell'Autorizzazione integrata ambientale (Aia) erano legate a un calendario ormai ampiamente scaduto. Se non saranno applicate, l’Italia sarà colpita da una procedura di infrazione Ue.
Le violazioni, secondo quanto riferito a TmNews dalla delegazione guidata da Alessandro Marescotti di Peacelink e da Fabio Matacchiera del Fondo antidiossina, contengono alcune circostanze particolarmente importanti, ad esempio quelle (nn. 40, 51, 58, 65 e 67) riguardanti il confinamento, mai effettuato, delle polveri tossiche che fuoriescono non filtrare dalla base (e non dalle ciminiere) di certe installazioni. Numerose altre prescrizioni non attuate riguardano le centraline e i sistemi di monitoraggio delle emissioni di vario tipo dagli impianti e dai camini, e il 'biomonitoraggio' su organismi e terreni e sul latte materno nell'area circostante.
Un dramma? Il sottosegretario allo Sviluppo economico, Claudio De Vincenti, ritiene si possa aggirare: basta rimodulare le scadenze non rispettate dall'azienda, dandole più tempo. "Come aveva chiesto l'Ilva - ha detto l’esponente del governo -, stiamo valutando la riconsiderazione della tempistica di alcuni di questi interventi, mentre altri sono stati realizzati o sono in corso di realizzazione", pur essendo scaduti i termini: "Ci sono interventi di grande rilievo nell'organizzazione della produzione e di consistenza tecnologica tale che dobbiamo trovare i tempi giusti per ottenere questi risultati".
Si immagina, insomma, che sia sufficiente “una messa a punto della tempistica" di quanto era già previsto dall'Aia. "Stiamo vedendo come applicare (le prescrizioni, ndr), stiamo sollecitando interventi e stiamo seguendo il piano di investimenti che l'Ilva si è impegnata ad approvare" ha proseguito il sottosegretario, aggiungendo testualmente che le prescrizioni non ancora attuate "sono in corso di rispetto".
E nel caso che l 'Azienda non ottemperi alle prescrizioni, neanche se sono riscadenzate? "La legge è molto chiara nel prevedere eventuali sanzioni", ha risposto De Vincenti.
L’Europa ha cercato di mettere a posto ciò che l’Italia aveva trascurato per anni, a un costo micidiale per gli uomini e l’ambiente. Ancora una volta, a quanto pare, non è bastato. Abbiamo preso impegni che non abbiamo potuto (o non potevamo) rispettare. Adesso chiediamo di rinegoziarli pagando ancora con la nostra credibilità. Scommettiamo che fra mesi e mesi saremo ancora qui a parlarne? (Lastampa)
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