Prima hanno provato a mettere lo stesso presidente Ferrante come custode giudiziaro degli impianti sequestrati. Ora ci riprovano con l'Amministratore Delegato Enrico Bondi come Commissario Statale ad acta.
Difficile la vita dei dirigenti Ilva, controllori di se' stessi!
Emergenza Ilva, verso il commissario
Che la vicenda Ilva abbia assunto toni
drammatici per il governo, lo dimostrano le due sospensioni del vertice
di ieri a Palazzo Chigi. In un primo momento la riunione ha visto
protagonisti il premier Enrico Letta, i ministri Zanonato e Orlando, e i
vertici dell'Ilva, l'ad Bondi e il presidente Ferrante. Dopo la pausa
pomeridiana il vertice è ripreso in serata, per poi essere nuovamente
sospeso poco prima delle nove. A quanto si apprende al momento di andare
in stampa, il governo avrebbe deciso di nominare un commissario ad acta
per l'Ilva, figura che potrebbe essere ricoperta dallo stesso Enrico
Bondi. Prende dunque corpo l'idea del commissariamento anticipato,
eventualità prevista nella legge «salva-Ilva»: ora la priorità del
governo sarà quella di trovare le risorse per portare avanti i lavori
previsti dall'Aia (l'autorizzazione integrata ambientale).
Quasi certamente sarà utilizzata la legge Marzano, che riguarda le aziende insolventi: al momento si ragiona sulla possibilità di reperire i fondi attraverso il coinvolgimento delle banche (Intesa San Paolo, Ubi e Leonardo su tutte) e della Cassa Depositi e Prestiti. Aiuti arriveranno dall'Ue, che entro l'11 giugno varerà il piano sulla siderurgia. Bisogna «fare tutto il possibile per scongiurarne la chiusura»: questo quanto dichiarato dal vicepresidente della Commissione Ue responsabile per l'industria, Antonio Tajani. Il piano prevede che sarà più facile utilizzare fondi europei regionali, così come ricevere prestiti della Bei per finanziarie interventi destinati alla salvaguardia dell'ambiente. Inoltre, eventuali aiuti pubblici destinati all'innovazione degli impianti e alla riqualificazione della produzione non saranno soggetti alle norme che vietano aiuti di Stato e potranno quindi essere erogati senza particolari difficoltà.
Come detto più volte, il nodo centrale della vicenda Ilva è l'attuazione dell'Aia e il rispetto delle prescrizioni in essa indicate. L'Ilva Spa, scorporata a gennaio dal ramo principale del gruppo Riva, non possiede le risorse finanziarie per attuare gli impegni economici previsti: per questo l'azienda non ha mai presentato il piano finanziario a copertura degli investimenti promessi all'ex ministro dell'Ambiente Corrado Clini, all'indomani del rilascio dell'autorizzazione lo scorso 26 ottobre. Inoltre l'Ilva, attraverso due relazione trimestrali inviate al ministero dell'Ambiente a gennaio e a fine aprile, ha ammesso l'impossibilità di rispettare i tempi del crono programma. Stessa cosa aveva evidenziato l'Arpa Puglia in una nota del 13 febbraio. E non furono da meno i tecnici Ispra che dopo la prima ispezione effettuata a marzo, nella loro relazione evidenziarono il mancato rispetto di dieci prescrizioni. Non è un caso se il ministero dell'Ambiente ieri ha chiesto ai tecnici Ispra, presenti dalla mattina nell'Ilva per la seconda ispezione, di anticipare dal 7 giugno alla fine di questa settimana la relazione con i risultati, «in modo da poter acquisire tutti gli elementi necessari alla stesura del resoconto, naturalmente nel rispetto della corretta e precisione delle procedure e di tutti gli aspetti tecnici». Inoltre il ministero ha smentito la notizia in merito ad «una presunta proroga concessa all'Ilva» sul rispetto dell'Aia. Nel testo varato nell'ottobre scorso, è infatti già previsto che l'impresa possa richiedere «modifiche non sostanziali alla tempistica degli interventi prescritti sulla base di motivazioni tecniche ed economiche». Dilazione che prevede comunque il termine dei lavori entro e non oltre il 31 dicembre 2015.
E con un ritardo clamoroso rispetto all'inizio della vicenda giudiziaria, che entro metà giugno potrebbe vedere la chiusura delle indagini preliminari dell'inchiesta penale con i vari rinvii a giudizio, la commissione Industria del Senato si è finalmente decisa a promuovere un'indagine conoscitiva sulla vicenda dell'Ilva e sull'industria siderurgica nazionale da svolgere dai prossimi giorni. Obiettivo dell'indagine «verificare lo stato di attuazione dei contenuti previsti dai decreti legge approvati nei mesi scorsi». Evidentemente, dopo aver concesso un'Aia e una legge ad aziendam in tutta fretta, i conti non tornano nemmeno al Parlamento.
Intanto, Emilio Riva ha presentato ricorso al Tribunale del Riesame di Milano contro il sequestro di 1,2 miliardi di euro che, secondo l'accusa, sarebbero stati sottratti dalle casse dell'azienda, portati all'estero e fatti rientrare in Italia con lo scudo fiscale del 2009. Sempre ieri si è sciolto il consiglio provinciale di Taranto, dopo la bufera giudiziaria che il 15 maggio ha colpito l'ente con l'arresto, per concussione per una vicenda legata all'autorizzazione di una discarica di rifiuti speciali all'interno dell'Ilva, del presidente Gianni Florido e dell'ex assessore provinciale all'Ambiente, Michele Conserva. Dopo due tentativi andati a vuoto, sono state depositate le 16 firme necessarie per lo scioglimento anticipato dell'assemblea eletta nel 2009. Intanto, in fabbrica prosegue il clima di calma apparente in attesa che Roma decida il futuro dell'Ilva. Con i soldi dei cittadini. (G. Leone - Manifesto)
Quasi certamente sarà utilizzata la legge Marzano, che riguarda le aziende insolventi: al momento si ragiona sulla possibilità di reperire i fondi attraverso il coinvolgimento delle banche (Intesa San Paolo, Ubi e Leonardo su tutte) e della Cassa Depositi e Prestiti. Aiuti arriveranno dall'Ue, che entro l'11 giugno varerà il piano sulla siderurgia. Bisogna «fare tutto il possibile per scongiurarne la chiusura»: questo quanto dichiarato dal vicepresidente della Commissione Ue responsabile per l'industria, Antonio Tajani. Il piano prevede che sarà più facile utilizzare fondi europei regionali, così come ricevere prestiti della Bei per finanziarie interventi destinati alla salvaguardia dell'ambiente. Inoltre, eventuali aiuti pubblici destinati all'innovazione degli impianti e alla riqualificazione della produzione non saranno soggetti alle norme che vietano aiuti di Stato e potranno quindi essere erogati senza particolari difficoltà.
Come detto più volte, il nodo centrale della vicenda Ilva è l'attuazione dell'Aia e il rispetto delle prescrizioni in essa indicate. L'Ilva Spa, scorporata a gennaio dal ramo principale del gruppo Riva, non possiede le risorse finanziarie per attuare gli impegni economici previsti: per questo l'azienda non ha mai presentato il piano finanziario a copertura degli investimenti promessi all'ex ministro dell'Ambiente Corrado Clini, all'indomani del rilascio dell'autorizzazione lo scorso 26 ottobre. Inoltre l'Ilva, attraverso due relazione trimestrali inviate al ministero dell'Ambiente a gennaio e a fine aprile, ha ammesso l'impossibilità di rispettare i tempi del crono programma. Stessa cosa aveva evidenziato l'Arpa Puglia in una nota del 13 febbraio. E non furono da meno i tecnici Ispra che dopo la prima ispezione effettuata a marzo, nella loro relazione evidenziarono il mancato rispetto di dieci prescrizioni. Non è un caso se il ministero dell'Ambiente ieri ha chiesto ai tecnici Ispra, presenti dalla mattina nell'Ilva per la seconda ispezione, di anticipare dal 7 giugno alla fine di questa settimana la relazione con i risultati, «in modo da poter acquisire tutti gli elementi necessari alla stesura del resoconto, naturalmente nel rispetto della corretta e precisione delle procedure e di tutti gli aspetti tecnici». Inoltre il ministero ha smentito la notizia in merito ad «una presunta proroga concessa all'Ilva» sul rispetto dell'Aia. Nel testo varato nell'ottobre scorso, è infatti già previsto che l'impresa possa richiedere «modifiche non sostanziali alla tempistica degli interventi prescritti sulla base di motivazioni tecniche ed economiche». Dilazione che prevede comunque il termine dei lavori entro e non oltre il 31 dicembre 2015.
E con un ritardo clamoroso rispetto all'inizio della vicenda giudiziaria, che entro metà giugno potrebbe vedere la chiusura delle indagini preliminari dell'inchiesta penale con i vari rinvii a giudizio, la commissione Industria del Senato si è finalmente decisa a promuovere un'indagine conoscitiva sulla vicenda dell'Ilva e sull'industria siderurgica nazionale da svolgere dai prossimi giorni. Obiettivo dell'indagine «verificare lo stato di attuazione dei contenuti previsti dai decreti legge approvati nei mesi scorsi». Evidentemente, dopo aver concesso un'Aia e una legge ad aziendam in tutta fretta, i conti non tornano nemmeno al Parlamento.
Intanto, Emilio Riva ha presentato ricorso al Tribunale del Riesame di Milano contro il sequestro di 1,2 miliardi di euro che, secondo l'accusa, sarebbero stati sottratti dalle casse dell'azienda, portati all'estero e fatti rientrare in Italia con lo scudo fiscale del 2009. Sempre ieri si è sciolto il consiglio provinciale di Taranto, dopo la bufera giudiziaria che il 15 maggio ha colpito l'ente con l'arresto, per concussione per una vicenda legata all'autorizzazione di una discarica di rifiuti speciali all'interno dell'Ilva, del presidente Gianni Florido e dell'ex assessore provinciale all'Ambiente, Michele Conserva. Dopo due tentativi andati a vuoto, sono state depositate le 16 firme necessarie per lo scioglimento anticipato dell'assemblea eletta nel 2009. Intanto, in fabbrica prosegue il clima di calma apparente in attesa che Roma decida il futuro dell'Ilva. Con i soldi dei cittadini. (G. Leone - Manifesto)
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