giovedì 9 maggio 2013

Il canto del Gallo

Riassumiamo le motivazioni in soldoni:
  1. Se all'Ilva è stato concesso di continuare a tenere gli impianti accesi nel tempo necessario ad abbattere l'inquinamento,
  2. vuol dire che l'Ilva poteva continuare a produrre. 
  3. Se poteva produrre, poteva anche vendere il prodotto di quella produzione. 
  4. Non c'è ragione allora per sequestrare quel prodotto che, tra l'altro, non è inquinato in se'. 
  5. Infine (ciliegina sulla torta) l'esecutivo può decidere come gli pare se un impianto è strategico o no, in base alle contingenze e a quello che gira per i titoli dei mercati.
Quindi: l'Ilva è necessaria e può produrre anche se ammazza!

Più costituzionale di così... si muore (appunto!)


Consulta deposita motivi rigetto ricorsi gip-tribunale su Ilva

La Corte Costituzionale ha depositato le motivazioni con le quali, il 9 aprile scorso, ha dichiarato in parte inammissibili e in parte non fondate le questioni di legittimità costituzionale sugli articoli 1 e 3 della legge 231/2012, cosiddetta 'salva-Ilva', sollevate il 15 gennaio e il 22 gennaio scorsi dal Tribunale di Taranto e dal giudice per le indagini preliminari Patrizia Todisco.
La Consulta ha dichiarato inammissibili le questioni sollevate dal gip in riferimento a tre articoli della Costituzione: 25, primo comma, e 27, primo comma (obbligo dell'ordinamento di reprimere e prevenire i reati) e 117 primo comma (limiti del potere legislativo dello Stato). Dichiarate invece 'non fondate' tutte le altre questioni di legittimità costituzionale sollevate dal gip (che contestava complessivamente la violazione di 17 articoli della Costituzione, tra cui il principio della separazione tra poteri dello Stato) e anche dal Tribunale, per il quale la legge 231 avrebbe violato cinque articoli della Costituzione. (ANSA)

(Adnkronos) - ''Nessuna'' delle norme censurate ''e' idonea ad incidere, direttamente o indirettamente, sull'accertamento delle responsabilita''' e ''spetta naturalmente all'autorita' giudiziaria, all'esito di un giusto processo, l'eventuale applicazione delle sanzioni previste dalla legge''. E' quanto sottolinea la Corte Costituzionale nelle motivazioni della sentenza del 9 aprile scorso, depositata oggi in Cancelleria, con la quale ha rigettato le questioni di legittimita' costituzionale sollevate nei confronti della cosiddetta legge 'salva-Ilva'.
''Nella fattispecie oggetto del presente giudizio, non sussiste alcuna lesione della riserva di giurisdizione'' e le disposizioni censurate ''non cancellano alcuna fattispecie incriminatrice ne' attenuano le pene, ne' contengono norme interpretative e/o retroattive in grado di influire in qualsiasi modo sull'esito del procedimento penale in corso'', precisa la Consulta.
L'intervento del legislatore, che, ''con una norma singolare, autorizza la commercializzazione di tutti i prodotti, anche realizzati prima dell'entrata in vigore del d.l. n. 207 del 2012, rende esplicito un effetto necessario e implicito della autorizzazione alla prosecuzione dell'attivita' produttiva, giacche' non avrebbe senso alcuno permettere la produzione senza consentire la commercializzazione delle merci realizzate, attivita' entrambe essenziali -viene rilevato- per il normale svolgimento di un'attivita' imprenditoriale. Distinguere tra materiale realizzato prima e dopo l'entrata in vigore del decreto-legge sarebbe in contrasto con la ratio della norma generale e di quella speciale, entrambe mirate ad assicurare la continuazione dell'attivita' aziendale, e andrebbe invece nella direzione di rendere il piu' difficoltosa possibile l'attivita' stessa, assottigliando le risorse disponibili per effetto della vendita di materiale non illecito in se', perche' privo di potenzialita' inquinanti''.
(Adnkronos) - La norma generale censurata ''non si pone in contrasto con il principio di eguaglianza, di cui all'art. 3 Cost., perche' non introduce - come invece affermano i rimettenti - una ingiustificata differenziazione di disciplina tra stabilimenti ''strategici'' e altri impianti, sulla base di un atto amministrativo - un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri - dotato di eccessiva discrezionalita', derivante dalla genericita' dei criteri di individuazione di tali stabilimenti'', nota la Consulta nella sentenza. ''L'interesse strategico nazionale ad una produzione, piuttosto che ad un'altra, e' elemento variabile, in quanto legato alle congiunture economiche e ad un'altra serie di fattori non predeterminabili (effetti della concorrenza, sviluppo tecnologico, andamento della filiera di un certo settore industriale etc.). Si giustifica pertanto -continua la Corte costituzionale- l'ampiezza della discrezionalita' che la norma censurata riconosce al Governo, e per esso al Presidente del Consiglio dei ministri, in quanto organi che concorrono a definire la politica industriale del Paese. Trattandosi, peraltro, di provvedimento amministrativo, il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri puo' essere oggetto di impugnazione''.

Ecco le sentenze della Corte (per il testo integrale delle motivazioni integrali occorre aspettare ancora)

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