domenica 3 maggio 2009

Riva story

La crisi vista da un "falco" dell'industria siderurgica
Giancarlo Girardi

La lunga ed interessante intervista di Emilio Riva rilasciata al Sole 24 Ore e successivamente ripresa da altra stampa, ci permette di ritornare su questa figura di imprenditore e di uomo. La sua concezione del mercato, della proprietà privata e del ruolo dell'impresa riguarda anche il futuro del siderurgico tarantino e della nostra economia. Egli appare nell'intervista sincero, come spesso gli accade, arrogante alla maniera che si addice ad un duro dell'economia, orgoglioso del proprio percorso umano e professionale. La biografia che ci ripresenta consegna, prima ancora dell'industriale di successo, l'uomo di mercato per il quale tutto ha un prezzo e che nell'arco della propria vita non ha mai inteso "mantenere nessuno", e di ciò, bisogna darne atto, è coerente anche nella sua famiglia ove tutti hanno un compito e rispondono al capo.
Sembrerebbe rappresentare, per alcuni versi, il sogno americano di chi partendo da un semplice dipendente diviene uno dei protagonisti nel suo Paese e nel mondo del suo settore produttivo d'appartenenza.
Inoltre dichiara: "Io mi affeziono poco alle persone, niente alle cose...", quest'affermazione che dovrebbe preoccupare ed intimorire i lavoratori siderurgici, lo distingue nettamente dalla storica casa siderurgica italiana dei Falk che teneva nel dovuto conto i lavoratori e le loro condizioni di sicurezza e di vita, quella dei loro familiari e rappresentanti, delle comunità che ospitavano le loro aziende. "Non ho mai accettato raccomandazioni e relazioni particolari...", il riferimento è alla società civile, quella dei partiti, dei sindacati, della Chiesa ed altro. Ciò che egli sottintende in questo, però, è soprattutto la sua visione del rapporto tra la politica e l'economia. Chi segue da oltre un trentennio le vicende della siderurgia pubblica e privata ed io personalmente sono anche stato per ventidue anni dipendente pubblico e per otto di Emilio Riva, sa bene che così non è stato.
Nella patria mondiale del liberismo, l'America, infatti, un fenomeno industriale tale non sarebbe stato possibile, come non lo sarebbe stata la vicenda economica e politica dell'attuale Presidente del Consiglio italiano. Riva ha il merito, però, di produrre una reale ricchezza, l'acciaio, e non un semplice, seppure importante ed oggi decisivo consenso mediatico e commerciale. Nella sua intervista ci aiuta, inoltre, a comprendere ciò che è avvenuto negli ultimi sessanta anni nel suo settore che era e resta trainante per l'economia mondiale. Ci ricorda la crisi siderurgica del 64 che gli consentì le prime acquisizioni di altre fabbriche come lo fu altrettanto quella del 75. La svolta avviene nell'86, quando entra nel capitale dell'Italsider di Cornigliano, mentre il salto decisivo che lo porterà ad acquisire sino ad oggi 38 siti produttivi di cui 18 all'estero, lo fa, come ben sappiamo, nel 95 con lo stabilimento di Taranto e di ciò che restava dell'intera siderurgia pubblica.
Sappiamo tutti di quella regalia della politica italiana, non la sola, né la prima, all'imprenditoria privata del tutto simile all'operazione, successiva nel tempo, riguardante Alitalia, in cui Riva si disobbliga, si fa per dire, acquistando quote per centoventi milioni di euro. Allo stesso modo lo ha fatto, in passato, elargendo sostegni economici ad ambedue gli schieramenti dei partiti e degli uomini politici. Cifre rese note per legge data l'elevata consistenza ed è possibile riscontrarlo dalle sue denunce annuali dei redditi. Egli ci ricorda il problema finanziario dell'allora siderurgia pubblica ma non rivela la cifra assolutamente irrisoria della sua acquisizione al punto che già dall'anno seguente comincia, caso unico sia in Italia che altrove, ed è lui stesso ad ammetterlo, a macinare utili. Pur affermando di non essere un mago, afferma di aver stimato per un'eventuale vendita nel 2006 l'ex Ilva per un valore cinquanta volte quello iniziale di acquisto.
Non fa riferimento, ovviamente, al radicale cambio del personale concesso a spese dello Stato con il beneficio generalizzato in Ilva dell'amianto e che gli consente oggi di pagare i giovani operai siderurgici al livello più basso d'Europa, di assumerli con leggi inique, di essere facilmente concorrenziale con gli altri in Europa anche per i livelli d'inquinamento concessi dalla legislazione italiana non adeguata e per i quali tutti noi paghiamo ogni anno multe salate.
Qui a Taranto ci sentiamo ancora, per molti aspetti importanti, fuori dell'Europa, il nostro futuro è nelle mani del mercato e, quindi, del miglior offerente, perché "nel 2011...ci saranno ancora altre occasioni", così chiude Emilio Riva la sua intervista.
Aplrileonline

3 commenti:

Donato ha detto...

Cosa succederà nel 2011? A cosa si riferisce Riva con la frase: "nel 2011...ci saranno ancora altre occasioni"?

Anonimo ha detto...

Attualmente stà rimettendo a nuovo gli impianti con i soldi per l'inquinamento quindi niente filtri.
Il personale sarà al 70% in cassa tra luglio ed agosto quindi risparmia.
Fine 2010 finirà i lavori e toccherà il massimo della produzione nuovamente e nel 2011
venderà Taranto e Cornegliano o agli Indiani o ai russi.
Prepariamoci al peggio.....

Donato ha detto...

Io spero per i prossimi anni una contrazione del mercato dell'acciaio che faccia rendere meno appetibile uno stabilimento di proporzioni così gigantesche.
Taranto se non è a pieno regime non è economicamente conveniente