lunedì 26 novembre 2012

Parole sagge per orecchie sorde

Una famiglia tra Ilva e Teleperformance
"Tre figli, un mutuo e un Natale da incubo"

La famiglia Cocco vive al Tamburi di Taranto e trema: Fabio lavora al siderurgico, Francesca al call center ed entrambi rischiano di perdere i posti di lavoro nei due colossi in crisi: "Andra avanti è un'impresa, lo facciamo per i nostri bambini"

Eccoli lì gli incubi che tormentano Taranto. Riflessi negli occhi scuri di Fabio Cocco, 39 anni, operaio delle acciaierie Ilva. E di sua moglie Francesca Martinese, 36 anni, impiegata nel grande call center Teleperformance. Manca un mese a Natale ed entrambi rischiano di veder sfumare il lavoro sul quale hanno costruito la loro vita. Perché quelle aziende minacciano di chiudere. "Ogni giorno mastichiamo preoccupazione e rabbia" - dice Fabio scuotendo la testa. Parla lentamente e lancia sguardi carichi di dolcezza alla moglie e ai tre figli, Marco, di 16 anni, Danilo, di 12, e Federica, l' ultima arrivata che ha solo quattro mesi. I fratelli coccolano quella piccola vestita di rosa. Sembra una principessa nel saloncino di casa. Centodieci metri quadri in via Orsini, nel cuore dei Tamburi, il rione martoriato dai veleni assassini dell' Ilva. L' appartamento è al secondo piano, niente ascensore, in una palazzina rossiccia.
Il colore di una moda imposta. Perché tanto le polveri della vicina fabbrica i palazzi li fa diventare rossi lo stesso. Il siderurgicoèa meno di un chilometro. Dietro il muro di cinta c' è lo stabilimento travolto da una burrasca giudiziaria, con il sequestro di sei reparti, compreso quello di Fabio. "Dopo il sequestro non è cambiato quasi nulla. Al massimo - racconta - si fa maggior attenzione ad evitare lo slopping. Prima invece non se ne curava nessuno". Per slopping si intendono le piogge di polveri rosse sprigionate dall' acciaieria.
Una delle cause dell' inquinamento killer che uccide e fa ammalare i tarantini. I giudici hanno messo l' Ilva in un angolo contestando l' accusa di disastro ambientale. Ed ora la proprietà agita lo spettro della chiusura. "Non possiamo avercela con i giudici perché stanno facendo il loro lavoro" - dice Fabio. "Come operaio e come padre di famiglia ho il dovere di mantenere la calma e di pretendere risposte. Perché tutto questo deve finire. Chi deve mettere i soldi li metta. Non è giusto vivere nell' incubo di perdere il lavoro o di ammalarsi. E peggio ancora di vedere i figli ammalarsi".
Nella casetta dei Tamburi si chiede verità.E la si chiedea tutti. Per uscire da un destino che assomiglia ad un ricatto. "Il Governo deve darci delle risposte. E anche i Riva ci devono delle risposte. Anzi ne basta una sola. Devono dirci se vogliono chiudere o restare. Noi ci regoleremo. Ai miei figli continuo a insegnare che non devono aspirare ad un lavoro in quella fabbrica". Risposte che sua moglie Francesca vuole dai manager del call center in cui lavora. Teleperfomance vuole ridurre l' orario di lavoro per contenere le perdite. Il sindacato non ci sta. E se non ci sarà accordo, il call center potrebbe gettare la spugna. "Come si fa a non avere paura - sussurra Francesca - Io rischio il lavoro e lui pure. Abbiamo un mutuo e tre bambini. La vera impresa è lasciare tutto questo fuori dalla porta di casa. E guadare avanti. Sorridendo ai nostri figli". di MARIO DILIBERTO (Repubblica)

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