Quando fondammo il Comitato per Taranto, quando scendevamo nelle piazze per denunciare quanto stava avvenendo in quella fabbrica, quando iniziavamo a parlare di diossina, mercurio, PCB... di camino E312, di AIA, ci sentivamo spesso rispondere e accusare di fare dell'allarmismo psicologico (!), noi ostinatamente e con convinzione abbiamo proseguito nella nostra strada, e ciò che noi denunciavamo a gran voce è oramai una realtà assodata.
Da Ilfattoquotidiano.it
Relazione del Politecnico di Torino per conto del siderurgico: battuto ogni record italiano di inquinamento nel quartiere Tamburi, adiacente allo stabilimento. Lo studio sul tavolo del Governo, che non lo ha divulgato
Diossina in valori alti, altissimi, al
quartiere Tamburi di Taranto. Numeri schizzati anche quaranta volte oltre i limiti, ben superiori al “record storico” registrato in
Italia
e circa diciotto volte oltre i numeri toccati durante i rilevamenti
dell’Arpa tra il 2008 e il 2011. E questa volta, tra l’agosto 2013 e il
febbraio 2015, a riscontrare quei picchi fino a 791 picogrammi al metro quadro, sono stati due laboratori per conto della stessa
Ilva. I dati sono contenuti in una relazione stilata dal
Politecnico di Torino, chiusa lo scorso 23 dicembre, che l’azienda avrebbe inviato al
ministero dell’Ambiente, ma che il dicastero guidato da
Gianluca Galletti avrebbe omesso di divulgare.
A novembre 2014, la rilevazione del dato più preoccupante: la centralina del
quartiere Tamburi, il più vicino all’impianto siderurgico, ha registrato un valore medio giornaliero di
791 picogrammi
al metro quadro rispetto a un ‘valore soglia’ che per le “deposizioni”
si attesta tra 15 e 20 picogrammi. Anche il dato di febbraio 2015, 212
picogrammi, è allarmante, mentre il valore medio dei 19 mesi in esame è
di 56 picogrammi al metro quadrato. Dati che l’Ilva ha dovuto
raccogliere come prescritto nell’
Autorizzazione integrata ambientale, non resi pubblici, ma che hanno spinto l’associazione ambientalista
Peacelink a scrivere al ministro
Galletti
chiedendo di “conoscere urgentemente i rapporti di prova con le analisi
relative ai controlli sulle deposizioni della diossina. Sono analisi
che Ilva dovrebbe aver già effettuato e che non sono attualmente
pubbliche. Vogliamo che siano resi
pubblici perché da essi dipende la salute della popolazione di
Taranto”. Al titolare dell’Ambiente si è rivolto anche
Angelo Bonelli della Federazione dei Verdi: “Il Ministro dell’Ambiente deve spiegare all’Italia intera, non solo ai
tarantini, perché non ha reso pubblici i dati di rilevamento della diossina a Taranto effettuati con i
deposimetri che hanno raggiunto valori drammaticamente eccezionali in modo particolare nel quartiere Tamburi”.
Peacelink spiega di aver scoperto che sul sito del
ministero “mancano proprio i dati sulla diossina che dovrebbero essere raccolti nel
Piano Monitoraggio
e Controllo dell’Aia Ilva”. Quindi, continua la lettera scritta a
Galletti, “ci siamo attivati nelle scorse settimane per colmare tale
vuoto di
informazione”. Secondo la ricostruzione dell’associazione ambientalista, il 27 gennaio sarebbero stati richiesti i dati al ministero e all’
Ispra,
l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale,
ricevendo una risposta insoddisfacente in data 12 febbraio: “Infatti il
ministero dell’Ambiente, tramite Ispra, ha sostanzialmente detto di
rivolgerci all’
Arpa Puglia”. Un feedback ritenuto “non
idoneo” perché venivano richiesti “i dati che l’Ilva raccoglie e che
deve trasmettere al ministero dell’Ambiente tramite la sua
struttura commissariale”. L’Arpa avrebbe ricevuto i dati solo lo scorso
24 febbraio, ma la domanda degli ambientalisti resta valida: “La situazione ci sembra inquietante: mancano i dati delle
deposizioni della diossina effettuati da Ilva e fino a ora la struttura commissariale non ha reso pubblici
tali dati: perché?”.
Inoltre dai
dati emerge che all’interno della fabbrica i
valori raccolti da altre cinque centraline sono più bassi. In sostanza i
Tamburi sono più inquinati dell’Ilva? Nella relazione, firmata lo scorso 23 dicembre dall’ingegner
Maurizio Onofrio, sono state indicate come cause “altri fattori di
contaminazione” tra cui probabilmente “
gas di scarico” e “
caldaie industriali” oltre “alla combustione di legno”, una ragione che ricorda la
polemica nata attorno alla perizia
inviata alla Regione Puglia dall’ex commissario Enrico Bondi sui tarantini e il fumo di sigarette. Per fonti investigative consultate da
ilfattoquotidiano.it, invece, il valore del
quartiere Tamburi è più alto perché le diossine verrebbero trascinate dal vento all’esterno della fabbrica, fino a numerosi chilometri di distanza.
Secondo il direttore generale di Arpa Puglia,
Giorgio Assennato, l’aspetto più preoccupante “è il ritardo con il quale si viene a
conoscenza di questi dati”. Ora l’Arpa ha deciso di inviare i propri tecnici presso uno dei
laboratori che ha raccolto i dati per capire come sono stati effettuati i campionamenti, ma il numero uno dell’
Agenzia regionale per l’ambiente mette un punto fermo: “Il dato di 81 picogrammi registrato nel maggio 2014 appartiene a un tipo di
diossine chiaramente riconducibili a
impianti industriali”. Oggi Arpa ha informato anche il presidente della Regione Puglia,
Michele Emiliano, che definisce i valori “di ordini di grandezza pericolosamente superiori ai limiti” e ha quindi scritto al premier
Matteo Renzi e alla
Procura di Taranto,
informandoli delle misure attivate. Emiliano ha chiesto con urgenza ad
Arpa di avviare un’indagine diretta nel quartiere Tamburi e all’
Asl di Taranto di “verificare le condizioni di igiene e sicurezza in ambienti di lavoro” e “di accertare eventuale presenza di
aziende produttrici di generi alimentari e, nel caso, di procedere al campionamento e successive analisi presso i laboratori competenti”.
Preoccupazione esprime anche il medico
Annamaria Moschetti,
pediatra tarantino che in questi anni si è occupata del ‘caso
diossine’: “Innanzitutto è probabile che quei valori, se confermati,
siano stati registrati in
concomitanza con valori
altrettanto alti di altri inquinanti. Un impianto di quel tipo non può
mai stare a ridosso di una città – spiega a ilfattoquotodiano.it – L’Aia
rivista, ora in vigore, secondo i dati Arpa, vede ancora almeno 12mila
persone esposte a quello che si chiama
rischio cancerogeno inaccettabile, anche nel caso in cui venga totalmente rispettata – continua la
pediatra – E invece mi chiedo: a fronte della dichiarazione di attenzione ai
bambini, dove sono i risultati delle analisi sulla diossina nel latte materno imposte dalla prescrizione 93 dell’
Autorizzazione integrata ambientale?”.