giovedì 29 settembre 2011

Nuova favola, stessi personaggi!

Fotovoltaico, la sfida parte da Taranto
Marcegaglia produrrà nello stabilimento ionico un innovativo pannello in silicio amorfo

Uno stabilimento politicamente interessante. Così, il presidente della Regione Puglia Nichi Vendola ha definito i nuovi impianti del Gruppo Marcegaglia inaugurati ieri mattina.
In via Ariosto, nell’area industriale sulla strada per Statte, verranno prodotte lamine sottili al silicio amorfo. Si tratta di una tecnica innovativa che consente di ottenere un innovativo pannello fotovoltaico perfettamente integrato con i manufatti su cui viene collocato.
«Questo stabilmento – ha detto Vendola – è importante per due motivi. In primo luogo perchè completa la filiera nel settore dell’energia rinnovabile con la produzione della componentistica; in seconda istanza perchè si tratta di un prodotto molto sofisticato che consentirà un ulteriore sviluppo del fotovoltaico e che ci spinge verso la solarizzazione delle nostre città. D’altronde l’uscita dalla crisi e la crescita si possono realizzare solo con attività legate alla sostenibilità ambientale».
La cerimonia inaugurale dello stabilimento, è stata preceduta da una conferenza stampa alla quale oltre a Vendola hanno preso parte il fondatore del Gruppo, Steno Marcegaglia, suo figlio Antonio, l’assessore regionale allo Sviluppo economico Loredana Capone ed il presidente della Provincia di Taranto Gianni Florido.
Antonio Marcegaglia ha ricordato la storia dello stabilimento nel quale si produce il pannello Marcegaglia Solar.
Uno stabilimento che in passato aveva ospitato la Belleli e che dopo la non felice esperienza nel settore delle caldaie industriali, è approdato all’assetto attuale con 170 dipendenti. Un numero destinato ad aumentare di circa 100 unità nei prossimi 12/18 mesi. In questo arco di tempo sarà, infatti, raddoppiata, la capacità produttiva degli impianti.
«Abbiamo realizzato un investimento di 15 milioni di euro – ha continuato Antonio Marcegaglia – perchè crediamo in un settore ad elevato contenuto tecnologico nel quale finora spadroneggiavano i produttori tedeschi e cinesi. In una fase di grave crisi, il nostro Gruppo spinge sull’acceleratore dell’alta tecnologia perchè crediamo in questo stabilimento e ci piacerebbe fare di Taranto la capitale del fotovoltaico. Siamo disponibili a sostenere e sperimentare forme di collaborazione con gli enti pubblici che vogliono promuovere l’energia rinnovabile».
Il presidente della Regione ha agganciato il suo ragionamento al rapporto Svimez pubblicato nei giorni scorsi. Lontano dall’esultare per l’aumento dello 0,3% del Pil in Puglia, Vendola ha messo sotto accusa il Governo che taglia più al Sud e che investe nel Mezzogiorno utilizzando solo la finanza straordinaria. «Il divario è cresciuto, la forbice Nord-Sud si è ulteriormente allargata – ha proseguito Vendola – ma nessuno sembra considerare il fatto che senza il rilancio del Mezzogiorno, tutto il Paese ristagna».
Un quadro a tinte fosche nel quale l’iniziativa di Marcegaglia è un fascio di luce, secondo il presidente della Regione, perchè si muove in un ambito come quello delle energie rinnovabili, indicato dallo stesso Svimez come settore strategico.
Ma anche qui l’Italia paga i gravi ritardi del governo di centrodestra. «Nel solare regna il far west – ha detto il governatore – perchè chi doveva emanare le linee guida, ha impiegato sette anni prima di farlo». Sul fotovoltaico, ha aggiunto il vicepresidente Capone, puntano molto anche i progetti di Area Vasta.
Tra le innumerevoli possibilità di utilizzo, il pannello di silicio amorfo può sostituire i milioni di metri cubi di lastre di eternit e amianto che ancora coprono capannoni ed edifici lungo tutto lo Stivale, con un duplice beneficio: la rimozione e la bonifica da un materiale tossico, la produzione di energia a zero emissioni di gas serra.
Vendola ha tranquillizzato anche il gruppo dei disoccupati organizzati che ha manifestato dinanzi allo stabilimento. «Per loro – ha detto – stiamo disegnando un bando innovativo».
Numerose le autorità intervenute alla cerimonia. L’arcivescovo Benigno Papa ha impartito la benedizione al nuovo stabilimento. Tra gli altri era presente il vicepresidente dell’Ilva, Fabio Riva.

mercoledì 28 settembre 2011

Un capolavoro di equidistanza scientifica!

Verosimilmente... Fa rima con il non far niente!
Ma è colpa dell'ARPA se chi deve fare non fa niente?
Ovviamente no!
Una domanda sorge spontanea: ma noi siamo "soggetti interessati"?


Dispersione sostanze odorigene a Taranto

In data di ieri, 27 settembre 2011, si è registrato a Taranto un fenomeno di dispersione di sostanze odorigene, che ha interessato varie zone della città. I tecnici del Dipartimento Provinciale ARPA di Taranto sono intervenuti prontamente, anche grazie alla vicinanza della sede del Dipartimento ARPA di Taranto (l'Ospedale Testa) con la sorgente delle emissioni, accertando che la dispersione si è originata verosimilmente dalle operazioni di caricamento di greggio dalla Raffineria ENI su una nave collocata nel Porto Mercantile.
Nonostante il sistema di recupero dei vapori presente sul sistema di caricamento del pontile fosse in funzione all'atto del sopralluogo, questo non è stato in grado di assicurare un efficace abbattimento delle sostanze odorigene emesse durante le operazioni.
In conseguenza dell'intervento di ARPA, alle ore 8 le operazioni di caricamento del greggio sulla nave sono state sospese. Tuttavia, il regime dei venti, che ha avuto nel corso della giornata del 27 un andamento variabile (prima da sud, poi da nord-ovest, poi nuovamente da sud) con una velocità del vento non elevata, tale da non consentire una rapida diluizione, ha fatto sì che la "bolla" di aria con presenza di sostanze odorigene si sia spostata, in successione, su varie zone della città, continuando a produrre disturbi, allarmi e lamentele.
L'esame dell'andamento degli inquinanti rilevati dalla rete di qualità dell'aria gestita da ARPA ha evidenziato un valore particolarmente alto di benzene e, in minor misura, di toluene nell'aria alle ore 4,00 presso la centralina di via Machiavelli ed un incremento della concentrazione di H2S dalla ore 6, con un dato invalido alle ore 5, che potrebbe essere dovuto ad un valore istantaneo troppo elevato, che ha mandato in saturazione il sensore. Ciò conferma che la dispersione delle sostanze organiche, con prevalenza di quelle più bassobollenti (più volatili), e dei composti odorigeni solforati è iniziata nelle primissime ore della giornata, interessando prima le aree limitrofe al porto e all'area industriale, e quindi le altre zone della città.
L'attività di indagine sul fenomeno accaduto e sulle sue cause, da parte del Dipartimento ARPA di Taranto, è tuttora in corso. Inoltre, al fine di accertare la funzionalità degli impianti di abbattimento a bordo della nave, è stato richiesto l’intervento della Capitaneria di Porto.
Degli esiti saranno informati tutti i soggetti interessati.




Effettuare il download dei valori orari registrati.

Liberate Cassandra!

Comunicato stampa

Il Tribunale del Riesame di Taranto, composto dal Presidente dott. Michele Petrangelo e dai Giudici Luca Ariola e Maria Christina De Tommasi, ha dissequestrato l'intervista rilasciata da Alessandro Marescotti pubblicata dal sito Affaritaliani.it in data 13 gennaio 2011 e relativa alle analisi realizzate dal Fondo Antidiossina Taranto sui frutti di mare prelevati dai fondali del Mar Piccolo.

In accoglimento della richiesta di riesame proposta da Alessandro Marescotti difeso dall'avv. Sergio Torsella, il Tribunale ha annullato il sequestro ritenendo che quanto dichiarato da Alessandro Marescotti "risulta corrispondente alla verita' oggettiva dei fatti".

Alessandro Marescotti, presidente di PeaceLink, era stato querelato penalmente da alcune cooperative di mitilicoltori per diffamazione, diffusione di notizie false ed esagerate, procurato allarme in relazione alla presenza di diossina nei mitili (articoli 110, 595, 656, 658 del Codice penale).

Il Tribunale del riesame ha affermato che Marescotti ha esercitato il suo diritto "sancito dall'art.21 della Costituzione esprimendo la sua personale opinione su un tema di rilevanza sociale nella comunita' tarantina (...) senza la consapevolezza di offendere la reputazione di alcuno (...) fornendo la sua particolare chiave di lettura con toni peraltro adeguati allo scopo (c.d. Limite della continenza), divulgando notizie che non hanno affatto rappresentato la realta' in modo alterato, ma che, al contrario, senza cagionare inutili allarmismi, hanno consentito ai cittadini di avere piena consapevolezza di quanto normativamente previsto, senza alcun danno per la tranquillita' pubblica".
Il Tribunale specifica inoltre: "Tanto basta per escludere quindi oltre al fumus commissis delicti relativo all'art. 595 c.p., anche quello relativo all'art.656 c.p. (...) nonche' all'art.658 c.p.".
Alla luce di tali considerazioni giuridiche il Tribunale del Riesame accoglie il ricorso di Marescotti e annulla il decreto di sequestro preventivo che avrebbe portato all'oscuramento dell'intervista sul web di Affaritaliani.it e dei relativi dati informativi contenuti in una dettagliata dabella con i dati della diossina riscontrati nelle cozze e comparato con altri alimenti.

Associazione PeaceLink
www.peacelink.it

martedì 27 settembre 2011

E se non fanno qualcosa loro, chi sennò?

Fuga di gas tossici a Taranto, malori tra medici e personale dell'Asl

I dipendenti del Sert al lavoro nei locali dell'ex ospedale Testa sono rimasti intossicati dopo l'ennesivo episodio avvenuto nella sede di fronte alla raffineria dell'Eni e a poche centinaia di metri dall'Ilva. Lì dove i tecnici avevano rilevato livelli fuori norma di sostanze inquinanti
Alcuni dipendenti del Dipartimento dipendenze patologiche e del Servizio tossicodipendenze dell'Asl di Taranto, al lavoro nei locali dell'ex ospedale Testa, sono rimasti intossicati a causa di una fuga di gas sprigionatasi dagli stabilimenti della zona industriale. Non è la prima volta che succede, e i lavoratori ora protestano affinché la sede del Sert venga spostata.
La struttura dell'ospedale 'Testa', dove lavorano medici, psicologi, assistenti sociali e infermieri del Sert, si trova sulla statale 106 Taranto-Reggio Calabria, quasi di fronte alla raffineria Eni e a poche centinaia di metri di distanza dall'Ilva.
I dipendenti hanno accusato piccoli malori, irritazioni agli occhi, mal di testa e nausea, giudicati guaribili in pochi giorni dai sanitari del pronto soccorso dell'ospedale 'Santissima Annunziata'. Già in passato i tecnici dell'Arpa avevano rilevato in quella zona un livello fuori dalla norma di sostanze inquinanti. (Repubblica)

Grazie Zeus!?

Fulmine sull’Ilva, si blocca l’Altoforno 1

La pioggia ed il violento temporale che nella tarda mattinata di ieri si sono abbattuti su Taranto, non hanno provocato soltanto i soliti disagi legati agli allagamenti stradali, ma anche un grave incidente nello stabilimento siderurgico di Taranto. Non ci sono stati feriti, ma soltanto danni agli impianti.
Ma procediamo con ordine. La pioggia ha sorpreso e disturbato la processione dei SS. Medici Cosma e Damiano, nella città vecchia. Le strade dell’isola non hanno retto l’impatto con gli scrosci d’acqua e si sono allagate dopo qualche minuto. Il traffico dell’ora di punta è andato in tilt come pure il sistema fognario per il deflusso delle acque piovane. Nella zona di Porta Napoli alcuni tombini sono letteralmente saltati costringendo i vigili urbano ad interrompere per qualche ora la circolazione su un breve tratto stradale. Se la sono vista brutta anche gli automobilisti nei sottopassaggi cittadini.
E proprio a causa del temporale ieri pomeriggio si è verificato un grave episodio nello stabilimento Ilva di Taranto. Un fulmine è caduto su una tubazione della Centrale termoelettrica numero 1 all’interno della quale circola aria compressa. Il tubo del diametro di circa 20 centimetri è stato tranciato di netto. Una parte ha colpito un trasformatore che è andato in tilt. La tubazione colpita dal fulmine, inoltre, alimentava la fabbrica di ossigeno che rifornisce l’Altoforno uno. Questa circostanza ha costretto alla fermata l’impianto. I tecnici dell’Ilva si sono immediatamente messi al lavoro per riparare il guasto e ripristinare il corretto funzionamento dell’altoforno. Le operazioni sono durate fino a tarda ora.http://www.blogger.com/img/blank.gif La produzione ha subito inevitabili rallentamenti, ma pian piano è tornata alla normalità.
Sul luogo dell’incidente si sono subito recati i rappresentanti delle Rls e del servizio interno dell’Ilva per verificare il corretto ripristino dell’impianto. «Si è trattato – spiega Antonio Talo, segretario generale della Uilm ionica – di un episodio dovuto alle condizioni climatiche, attribuibile solo al cattivo tempo. In ogni caso, da parte dei nostri rappresentanti in fabbrica, c’è la massima attenzione perchè non va lasciato nulla al caso. Questa circostanza ci offre l’occasione per una verifica generale dell’impianto colpito dal fulmine». (Corgiorno)

Ilva paga per malattie. E il mobbing?

Operaio si ammala, maxirisarcimento dell'Ilva

Per 25 anni ha lavorato nell’acciaieria tarantina, in contatto con a sostanze tossiche e cancerogene. Quando ha scoperto di essersi ammalato s’è rivolto alla magistratura ed ha ottenuto un maxi-risarcimento per il danno biologico subito. E’ la storia di Antonio Angelini, operaio Italsider-Ilva dal 1975 al 2000, impiegato presso il tubificio con la specifica di addetto alla resinatura dei tubi.
Secondo i medici, scrive il Corriere del Mezzogiorno s’è ammalato di epatopatia cronica tossica per la prolungata esposizione a sostanze micidiali come toluene ed apirolio: il primo è un idrocarburo aromatico che viene usato come solvente mentre il secondo è il più famigerato Pcb (policlorobifenile), vietato fin dagli anni ’70, ma massicciamente utilizzato nei trasformatori elettrici per il raffreddamento e la lubrificazione. In presenza di forte calore sprigiona diossina nebulizzandosi nell’aria con effetto altamente cancerogeno. Nell’uomo causa danni al fegato, alterazioni dei sistemi endocrino e immunitario e cancro.
Il giudice del Lavoro Annamaria Lastella ha dato ragione all’operaio, riconoscendogli una invalidità del 36 per cento e ha condannato l’Ilva ad un risarcimento di 198 mila euro, «un record per questo tipo di patologie, molto frequenti, che solitamente vengono risarcite con cifre tre volte inferiori», spiega il suo avvocato Stefania Pollicoro.

Intanto un altro giudice, il gip Patrizia Todisco ha ordinato l’imputazione coatta nei confronti di cinque fra dirigenti e capi-reparto dell’Ilva per una denuncia di mobbing presentata da un operaio per presunti maltrattamenti culminati con il licenziamento. Si tratta di Francesco Forastiero, Guido Scarcella, Danilo Greco, Pietro Gatto e Marcello Cordisco. Per loro il pm Raffaele Graziano invece aveva chiesto l’archiviazione. Daniele Donvito, difeso dall’avvocato Eligio Curci, racconta di essere diventato un operaio scomodo. Era uno di quelli sempre pronti a segnalare ogni inosservanza delle norme in materia di sicurezza sul lavoro.
Per questo, nel giro degli ultimi cinque anni prima del suo licenziamento, sostiene di aver subìto atteggiamenti vessatori persecutori e ritorsivi da parte dei suoi superiori, finalizzati ad isolarlo. Tesi questa che ha trovato riscontro anche nelle indagini degli ispettori del Lavoro. Secondo la denuncia, l’operaio era stato costretto ad una inoperosità forzata, e nel contempo veniva additato davanti ai colleghi come uno scansafatiche. Nel maggio del 2008, con una serie di contestazioni disciplinari è stato messo all’angolo fino al licenziamento per insubordinazione al superiore gerarchico. (Affaritaliani)

lunedì 26 settembre 2011

Vota per "La svolta"


La Svolta. Donne contro l’Ilva, il documentario di denuncia sull'Ilva di Taranto, è stato selezionato per la seconda edizione del Via Emilia doc festival, primo festival italiano online del cinema documentario.
VOTA “La Svolta. Donne contro l’Ilva”
Dal 15 settembre al 15 novembre “La Svolta. Donne contro l’Ilva”, insieme agli altri 28 selezionati, potrà essere visto e votato sul sito del festival: http://www.viaemiliadocfest.tv/index.php

Il titolo più votato sarà premiato con il “Premio del Pubblico Web 2011″, mentre una giuria qualificata designerà il vincitore assegnandogli il “Premio della Giuria ViaEmiliaDocFest 2011″.

Insieme, tutti!

Un programma "partecipativo" dal comitato Donne per Taranto:

Dall'8 al 30 ottobre, dalle 18 alle 22 portiamo INFORMAZIONE vera con VIDEO, TESTIMONIANZE, TECNICI, MEDICI...

Un Progetto "audace" quello del Comitato Donne per Taranto perchè convinte che la CITTA' sarà con noi e farà sentire che SIAMO STANCHI di dover subire!
AIUTATECI perchè diventi un evento di tutta la città.

abbiamo necessità di:

- un furgoncino per poter trasportare il materiale e per poterlo riporre a termine serata, in modo da evitare di caricare e scaricare tutto il materiale ogni giorno.
Chi ce lo presta? (magari lo guida anche :-))
- un generatore, nel caso il Comune non dovesse darci la "luce pubblica" (ne abbiamo fatto richiesta... ma meglio essere preparati al loro diniego)
- un cassa acustica, un microfono
- una quarantina di sedie
- un gruppetto di 5-6 uomini o ragazzi che ci diano una mano per sistemare ogni sera il tutto
- qualcuno che prepari VIDEO da far girare a manetta :-)
- un paio di tecnici che ci diano una mano per proiezioni video e per apparecchiatura.
- qualche "sponsor" che ci finanzi nelle spese :-(
- qualcuno che ci dia una mano per preparare cartelloni e altro materiale divulgativo

il Wwf Taranto ci presta video-proiettore e schermo
per qualunque disponibilità o chiarimento contatteci a donnepertaranto@libero.it
o su fb

FORZA TARANTO! E' ARRIVATO il MOMENTO DI FARE UN PO' DI FATTI!

domenica 25 settembre 2011

Ma ci faccia il piacere!!!

Ed ecco gli spot in cui L'Ilva dà proprio i numeri!!!
E a noi si torcono le budella!





Un'ironia sulla "comunicazione" dell'Ilva dalle Donne per Taranto



ed eccone un'altra



Ma senza ironie... quelli che "lavorano" al soldo di Ilva, si commentano da soli. Cercate di capire quello che dicono:

sabato 24 settembre 2011

Rifiuti e controlli: andranno mai d'accordo?

Allarme rifiuti nelle discariche del tarantino
Non c’è da stare tranquilli

Comunicato stampa del comitato Vigiliamo per la discarica

E’ a dir poco sconcertante che l’assessore all’ambiente di Grottaglie, ing. Giammarco Lupo, con grandissima tempestività e contemporaneamente all’allarme dato da autorevoli personalità istituzionali, si sia affrettato a tranquillizzare circa i rifiuti che arrivano alla discarica gestita da Ecolevante spa.
Sconcertante perché queste dichiarazioni tranquillizzatrici arrivano in contemporanea all’allarme sollevato dall’assessore regionale Nicastro e dal presidente della provincia Florido, per gravi irregolarità che riguardano sia i rifiuti provenienti dalla Campania che da altre zone, dopo che l’Arpa, sollecitata dalla Regione, ha effettuato controlli a campione il 12 e il 14 settembre us. nella discarica di Statte.
Sconcertante perché tali rassicurazioni dell’assessore all’ambiente di Grottaglie, ingegnere ambientale, arrivano mentre da mesi si è attivata la Direzione distrettuale antimafia di Lecce che starebbe indagando - le notizie sono di questi ultimi giorni - su un presunto traffico illecito di rifiuti trasportati su camion dalla Campania alla Puglia. Indagini che sarebbero partite già da dicembre scorso quando alcuni cittadini che presidiavano la discarica Italcave di Statte allertarono le autorità preposte circa la presenza di macchie di percolato sull’asfalto della strada che porta proprio alla discarica.

E veniamo alle cause dell’allarme.
L’assessore all’ambiente Nicastro ha annunciato di aver “diffidato tutti, dagli organi campani ai gestori delle discariche pugliesi, dal ricevere senza le omologhe necessarie i rifiuti provenienti dalla Campania con codice 19.12.12”.
Per intenderci, i rifiuti col codice 19.12.12 sono proprio quei rifiuti per cui, come narrato da Roberto Saviano nel libro “Gomorra”, e in particolare per l’operazione “Eldorado” citata in quel libro, la discarica di Grottaglie è risultata essere una delle discariche destinatarie dello smaltimento di questi rifiuti, così come già documentato dalle sentenze del Tribunale di Milano del 2006 e del 2008. E tutto ciò a prescindere dalla circostanza che non sono state ravvisate responsabilità da parte del gestore della discarica. Per dare un’idea della quantità, solo nel 2008 e 2009 di rifiuti col codice 191212 nella discarica Ecolevante ne sono state smaltite 94.207,330 (novantaquattromiladuecentosette/330) tonnellate!
Ora, è da oltre un anno che Vigiliamo ha interpellato Regione e Provincia, che non hanno dato alcuna risposta, e l’Arpa, per conoscere quali disposizioni sono state date dalla Regione Puglia e dalla Provincia di Taranto, affinché gli organi preposti, in special modo l’ARPA/TA e la Polizia provinciale di Taranto, effettuassero puntuali controlli sui rifiuti e sulla documentazione relativa alle analisi e alle certificazioni che devono accompagnare i rifiuti col codice 191212 e i rifiuti con “codice a specchio”.
Ma il comitato Vigiliamo per la discarica ha dovuto prendere atto che presso l’ARPA/TA non c’è alcuna documentazione relativa a controlli specifici attuati da essa su questo tipo di rifiuti. Infatti l’Arpa non ha poteri di controllo continuativo, ma agisce solo su input e su speciali sollecitazioni della Regione, come nel caso della discarica di Statte.
Poi, quando nel luglio scorso ha rivolto al neo assessore all’ambiente G.Lupo gli stessi interrogativi ha avuto come risposta la tranquillizzante nota informativa trasmessa da Ecolevante.
Invece è proprio questo il momento opportuno perché l’assessore all’ambiente G.Lupo e il sindaco di Grottaglie sollecitino le preposte Autorità regionali e provinciali a dare disposizioni all’Arpa perché effettui su tutte le discariche del tarantino, e quindi anche sulla discarica gestita da Ecolevante, controlli a campione sui rifiuti in arrivo recanti il codice 191212, proprio come è stato fatto per i rifiuti in arrivo nella discarica di Statte.
Infatti non basta che Nicastro abbia annunciato di aver “diffidato tutti, dagli organi campani ai gestori delle discariche pugliesi, dal ricevere senza le omologhe necessarie i rifiuti provenienti dalla Campania con codice 19.12.12”.
Occorre che l’Arpa, su disposizione di Regione e Provincia, effettui controlli adeguati non solo sulle “omologhe” che accompagnano i rifiuti con codice 191212 ma anche sugli stessi rifiuti, e non solo sui rifiuti provenienti dalla Campania, ma su tutti i rifiuti in arrivo recanti il medesimo codice. Infatti, stando alle stesse dichiarazioni di Nicastro riportate dalla stampa, “dall’inizio dell’anno … sono stati 22 i carichi rigettati, ma provenienti da tutta Italia”.

giovedì 22 settembre 2011

Sito contaminato di Taranto, ecco cosa diceva Arpa Puglia nel 2009

E’ datato 2009 un interessante documento curato dalla dott.ssa Mina Lacarbonara di Arpa Puglia che si sofferma sui dati relativi ai siti contaminati della regione. La nostra attenzione si concentra su quello di Taranto. Riportiamo di seguito un estratto della relazione.

SIN TARANTO

La superficie rientrante nel SIN di Taranto è pari a circa 22 km2 (aree private), 10 km2 (aree pubbliche), 22 km2 (Mar Piccolo), 51,1 km2 (Mar Grande), 9,8 km2 (Salina Grande). Lo sviluppo costiero è di circa 17 km. Lo stato di avanzamento delle attività di caratterizzazione e bonifica di seguito descritto è così organizzato:

· Area demaniale di competenza dell’Autorità Portuale di Taranto - È estesa per 3,3 km2 e comprende gli sporgenti prospicienti il Mar Grande ed una fascia costiera delimitata dalle aree private operanti nella zona industriale di Taranto (principalmente Raffineria ENI ed ILVA), estendendosi dal Ponte di Pietra fino alla zona di Punta Rondinella. Quattro dei 5 sporgenti (II, III, IV e V) sono affidati in concessione ad ILVA, mentre il Molo Polisettoriale è affidato in concessione alla società Taranto Container Terminal (TCT). Mentre è stata caratterizzata la fascia costiera retrostante gli sporgenti, non sono ancora stati presentati i piani di caratterizzazione relativi agli sporgenti stessi (che rappresentano il 66% dell’area portuale in termini di estensione reale).

· Aree pubbliche, relative ad aree demaniali e aree del Comune di Taranto – Comprendono, oltre all’area Portuale, l’area della Salina Grande (9,8 km2, che rappresenta quasi il 50% delle aree pubbliche) e l’area Romanelli-Gennarini. Per il 92% di queste aree non è stato ancora prodotto un piano di caratterizzazione.

· Aree di interesse pubblico - Nonostante per circa il 60% delle aree non sia ancora stato prodotto un piano di caratterizzazione, è da segnalare che le aree di maggior interesse, sia per pregio ambientale (gravina Leucaspide) che per riconversione industriale (area Distripark), sono state caratterizzate o in fase di caratterizzazione. Le aree in cui la caratterizzazione è da completare risultano essere il Canale d’Aiedda (Comune di Taranto) e le aree a sud e a nord della gravina Leucaspide, che sviluppano una estensione di circa 2,2 km2.

· Aree con industrie private – Rappresentate da: o Grandi aziende (ILVA, ENI, Cementir, Edison) o Piccole e Medie aziende sulla Strada Provinciale Taranto-Statte o Piccole aziende a ridosso della Strada Statale 100, a nord della Raffineria ENI o Aree non interessate da attività industriali a nord (Comune di Statte) ed a sud (Comune di Taranto) di proprietà Italcave (2,9 km2) o Piccole aziende sulla Strada Statale 106 Jonica.

IL SUOLO

Sono stati presi in considerazione un numero totale di campioni di suolo pari circa a 7.000, rappresentativi di un area complessiva di 15,5 km2 per una profondità massima compresa tra 10 e 20 m. I campioni su è stata riscontrata contaminazione dovuta ad una o più sostanze sono circa il 3% del totale, con un massimo del 50% nell’area ex Yard Belleli ed un minimo di 0,5% in aree dell’ILVA. Gli inquinanti maggiormente presenti sono IPA (circa 60% dei superamenti delle concentrazioni definite dalla legge vigente) e metalli pesanti, prevalentemente concentrati nell’area ex Yard Belleli. Contaminazione da idrocarburi ed aromatici (BTEX) si riscontra nell’area della Raffineria ENI (10% dei superamenti). Si può osservare che per quanto riguarda gli IPA si sono riscontrati valori di concentrazione nel suolo pari a più di 75 volte il valore soglia, mentre per gli idrocarburi, lo xilene ed alcuni metalli, come il vanadio, lo zinco ed il rame, l’eccedenza arriva a più del 1000% (oltre 10 volte) rispetto al limite normativo.

LA FALDA

L’assetto geologico-idrogeologico dell’area industriale di Taranto ha creato le condizioni per l’esistenza di una falda superficiale che si poggia sulle argille del Bradano e di un acquifero profondo carsico impostato nella formazione cretacea del Calcare di Altamura. La maggiore contaminazione delle acque sotterranee è stata rilevata nelle aree ENI, ILVA ed ex-Yard Belleli, di cui si riportano alcuni dati relativi alla distribuzione della contaminazione. Nell’area ENI si è riscontrata contaminazione in diversi punti per la presenza di arsenico, BTEX, idrocarburi ed MTBE a nord dello stabilimento nell’area impianti ed hot spot nella zona deposito.

La contaminazione da Idrocarburi ed MTBE è stata rilevata anche nell’area ex PRAOIL, in vicinanza di Punta Rondinella. Attualmente è in corso l’intervento di bonifica delle acque sotterranee realizzato con un sistema di pompaggio delle acque con well-points e trincee drenanti, che assicurano il contenimento della propagazione dei contaminanti verso il mare, e successivo trattamento finalizzato al riutilizzo delle acque all’interno dello stabilimento. Nell’area ILVA la falda superficiale è risultata contaminata per il 7% delle determinazioni analitiche complessive (6.682).

Gli inquinanti inorganici presenti sono manganese, ferro, alluminio, arsenico, cromo totale, cromo esavalente e cianuri totali, mentre i contaminanti organici sono IPA, BTEX e diversi composti clorurati (1,2 dicloropropano, triclorometano, 1,1 dicloroetilene, tetracloroetilene, cloruro di vinile, 1,2 dicloroetano e tricloroetilene). La falda profonda è risultata contaminata per il 4% delle determinazioni analitiche complessive (3.770). Gli inquinanti inorganici rilevati sono piombo, ferro, manganese, alluminio, cromo totale, nichel e arsenico mentre tra gli inquinanti organici sono presenti triclorometano, tetracloroetilene, diversi IPA, 1,2- dicloropropano e 1,1 dicloroetilene.

È da rilevare che i focolai di contaminazione di alcuni inquinanti sono posti idrogeologicamente a monte dell’area ENI, molti altri sono localizzati in aree distanti meno di 1 km dall’area Belleli che affaccia direttamente sul mare. Nonostante ripetuti solleciti delle Conferenze di Servizi ad attuare con urgenza gli idonei interventi di messa in sicurezza di emergenza della falda, ad oggi non risultano attivate misure in tal senso né risulta siano stati presentati i progetti di bonifica dei suoli e delle acque. Nell’area ex Yard Belleli le acque di falda sono risultate contaminate in maniera diffusa da arsenico, nichel, selenio, idrocarburi totali, fluoruri, solfati ed in forma puntuale da IPA.

Nel 2005 è stato approvato in Conferenza dei Servizi il Progetto di Messa in Sicurezza di Emergenza, presentato dal Commissario Delegato per l’Emergenza Ambientale in Regione Puglia, che prevede la realizzazione di una barriera fisica (palancolata metallica impermeabile sul lato mare) con annessa barriera idraulica di 18 pozzi e realizzazione di un impianto di trattamento delle acque di falda, oltre alla realizzazione di un diaframma plastico posto lungo parte del perimetro nord ovest. Ad oggi tali interventi non risultano attivati per mancanza di risorse economiche.

STATO DI QUALITA’ DEI SEDIMENTI MARINI

L’area marina del SIN di Taranto è stata suddivisa, data la sua estensione, in quattro settori di intervento: 1. Mar Piccolo (al cui interno ricade l’area dell’Arsenale Militare) 2. Area ovest punta Rondinella (in cui ricade il porto fuori rada) 3. Mar Grande I Lotto (al cui interno ricade l’area del porto in rada) 4. Mar Grande II lotto ( al cui interno ricade la Nuova Stazione Navale della Marina Militare). I piani di caratterizzazione delle aree marine sono stati redatti da ICRAM per interventi da attuare a cura del Commissario Delegato per l’Emergenza ambientale della Regione Puglia.

Nei sedimenti marini caratterizzati sono stati riscontrati superamenti di idrocarburi policiclici aromatici, PCB, metalli ed altri microinquinanti sia riferiti ai valori di intervento definiti da ICRAM (approvati nella Conferenza di Servizi Decisoria del 29/12/2004) sia rispetto al 90% dei valori limite per siti ad uso industriale (Tabella 1 col. B – all. 1 del DM 471/99). Per i volumi dei sedimenti eccedenti quest’ultimo limite (ca. 277.000 m3), il MATTM ha richiesto di attivare idonei interventi di Messa in Sicurezza di Emergenza.

A seguito di opposizioni da parte delle associazioni di mitilicoltura preoccupati degli effetti del dragaggio sulla qualità dei mitili, è stato proposto dalla Provincia di Taranto di effettuare unhttp://www.blogger.com/img/blank.gifo studio di dettaglio sull’area, ad oggi in fase di elaborazione, in modo da colmare alcune lacune individuate in fase di caratterizzazione e verificare, con un’analisi costi-benefici, il miglior sistema di intervento da attuare.

Fin qui la relazione di Arpa Puglia. I segnali di allarme erano evidenti da tempo, così come la necessità di agire con interventi di emergenza. Tutto il resto appartiene, purtroppo, alla storia recente e fa emergere tutta l’inadeguatezza di una classe dirigente che a livello locale e nazionale non ha voluto e saputo muoversi a tutela della città.

4.2_Siti_Contaminati[1] (scarica il documento)


(Inchiostroverde)

Niente referendum ILVA

Referendum su Ilva, un'altra bocciatura
Il Consiglio di Stato: «È inammissibile»

Si chiude, almeno per ora, l’iniziativa lanciata da «Taranto Futura» per la chiusura dello stabilimento siderurgico dell’Ilva a Taranto. La quinta sezione del Consiglio di stato ha rigettato il ricorso, ritenendolo «inammissibile», presentato dal comitato guidato dall’avvocato Nico Russo contro la bocciatura del referendum decisa dal Tar con cui i tarantini avrebbero dovuto decretare o meno la chiusura della fabbrica dell’acciaio. Il ricorrente dovrà pagare anche duemila euro per le spese legali. La decisione del tribunale amministrativo regionale era arrivata nell’ottobre scorso e, di fatto, stoppava il provvedimento con il quale il sindaco Stefàno aveva indetto, a termini di legge, il referendum.
LO STOP - I giudici sospesero l’indizione del referendum perché riscontrarono, nella formulazione dei quesiti referendari da sottoporre ai cittadini per la raccolta delle firme, la presenza di quelle che definirono «relazioni ingannevoli». I promotori, cioè, li accompagnarono affermando che «il governo garantiva la piena occupazione» anche in caso di chiusura dello stabilimento. (CdM)

mercoledì 21 settembre 2011

Venghino signori, venghino!

La Tempa Rossa preoccupa Taranto
AMBIENTE. Il progetto di adeguamento degli impianti Eni, autorizzati dal ministero, non convince gli ambientalisti che temono altri veleni.

Nel bouquet di autorizzazioni ambientali firmate lunedì scorso dal ministro Prestigiacomo spicca la rosa spinosissima del progetto “Tempa Rossa”. Si tratta dell’adeguamento degli impianti Eni alla rinnovata esigenza di stoccare due milioni e mezzo di tonnellate di petrolio provenienti dai pozzi lucani della Val d’Agri. Il greggio non verrà raffinato nello stabilimento di Taranto, per cui è escluso un aumento diretto della produzione. Tuttavia il duplice sì del ministero dell’Ambiente - alla valutazione d’impatto ambientale e all’autorizzazione integrata ambientale - si tradurrà nel transito, dal capoluogo ionico, di una quantità considerevole di petrolio in più rispetto al presente.
Necessarie, quindi, nuove infrastrutture e un’inevitabile crescita delle attività: la costruzione di due serbatoi, dove sarà stoccato il greggio, dalla capienza di 180mila metri cubi; il potenziamento dei pontili al porto, l’incremento del traffico di navi destinate a caricare il petrolio e trasferirlo negli scali in cui sarà rivenduto ad altre compagnie. Si stima che i due serbatoi vedranno la luce in 28 mesi di lavoro, con l’impiego di 200 operai. Il traffico marittimo lieviterà di oltre il doppio: si passerà da 40 a 90 navi in rada per il trasporto del greggio. Lo stoccaggio, attraverso i nuovi impianti, imporrà attività di pre-raffreddamento del petrolio e di recupero dei vapori nelle operazioni di caricamento. Questo sembra il punto critico, già evidenziato dagli ambientalisti: le spine della rosa cui alludevamo riferendoci al bouquet del ministro Prestigiacomo.
Perché l’incremento delle attività dello stabilimento tarantino va di pari passo ad una crescita del fabbisogno energetico. In parallelo a “Tempa Rossa”, corre da qualche anno il progetto Enipower della nuova centrale a ciclo combinato per sostituire quella attualmente in funzione. L’impianto prevede una produzione di energia tre volte superiore a quella attuale con una drastica riduzione delle sostanze inquinanti, ma con un incremento deciso delle emissioni di anidride carbonica. Questo punto è vivacemente contestato dagli ambientalisti anche se l’Eni ha ribadito una compensazione della maggiore produzione di Co2 su scala nazionale. L’associazione ambientalista Legamjonici ha già attivato un tam-tam attraverso il social network Facebook. L’intenzione è quella di organizzare un sit-in contro la realizzazione a Taranto del progetto “Tempa Rossa”.
I timori per l’impatto ambientale sono ovviamente dettati dai carichi già poderosi - di anidride carbonica e sostanze inquinanti - presenti nell’atmosfera del capoluogo ionico data l’alta concentrazione di impianti nell’area industriale. Senza dimenticare il peso storico complessivo delle attività: mezzo secolo di acciaierie Ilva e poco meno di raffineria Eni e cementificio Cementir, per citare le realtà più importanti. Un carico consolidatosi nei decenni con inevitabili conseguenze sull’ecosistema. «Infatti - spiega Biagio De Marzo, presidente di Altamarea, il cartello di alcune associazioni ambientaliste tarantine - a indignarci è l’atteggiamento delle istituzioni: dal governo, alla Regione, al Comune. Nel 2008 è stato firmato un accordo di programma dall’ex ministro dell’Ambiente Pecoraro Scanio che prevedeva il rilascio delle Autorizzazioni integrate ambientali per Taranto e Statte, aree a rischio ambientale, in maniera unitaria.
L’idea era quella di trattare i problemi dell’inquinamento ihttp://www.blogger.com/img/blank.gifn maniera coordinata e globale. Pongo alcune domande senza risposta: al porto arriveranno più navi, ci saranno due nuovi serbatoi, la sicurezza è garantita? È stato aggiornato dalla prefettura di Taranto il piano della sicurezza in caso di incidente? Dove sono i documenti?». Il ministero dell’Ambiente, oltre al progetto Eni, ha autorizzato lunedì scorso, secondo le procedure di Valutazione d’impatto ambientale e Autorizzazione integrata ambientale, il metanodotto Flaibano/Istrana della Snam Rete Gas, tra Udine e Treviso; il progetto del gasdotto sottomarino della Progas Metano, componente il sistema di trasporto e distribuzione di gas naturale all’Isola di Procida (Napoli), “nel tratto di mare tra il lago del Fusaro (Bacoli) e la zona porto dell’isola di Procida”; la prima fase di “disattivazione accelerata” per il rilascio incondizionato del sito (decommissioning) della centrale nucleare di Latina. (Terranews)

Siamo esempio-emblema italiano

Welfare e lavoro, nuove priorità
IN FONDO. Bisogna affrontare la scommessa della modernità e uscire da una nicchia ecologica nella quale i Verdi si sono rinchiusi.

E' un processo difficile quello del nuovo soggetto ecologista in Italia perché la sfida è grande. Si tratta da un lato di far “tornare” gli ecologisti agli anni ottanta, quando la “novità” dell’ecologia portava migliaia di persone in piazza persino per sostenere azioni su tematiche “ostiche all’opinione pubblica” come quella del Buco dell’Ozono. Dall’altro bisogna affrontare la scommessa della modernità e fare il salto per uscire da una “nicchia ecologica” nella quale i Verdi troppo spesso si sono rinchiusi. Il meccanismo di questa nuova dinamica non può essere che quello dei contenuti a partire da temi, vista la congiuntura economica che non è mai stato una priorità per i Verdi: lavoro e welfare. È possibile? Sì, è possibile e anche doveroso, perché l’ecologia deve uscire da una visione “ristretta” e affrontare a 360 gradi tutte le problematiche dell’esistenza, superando la visione ottocentesca dello sviluppo che vede contrapposte le questioni ambientali con quelle sociali.

Un esempio su tutti è quello dell’Ilva di Taranto. Se da un lato è fondamentale salvare migliaia di posti di lavoro, dall’altro è impensabile che ciò costi migliaia di tumori. Eppure la soluzione è a pochi chilometri. Sempre a Taranto c’è il più grande stabilimento di aerogeneratori in Italia che impiega 700 persone. «Solve et coagula» affermava anni fa l’indimenticato Alex Langer che se fosse con noi oggi aggiornerebbe la sua affermazione in «Solve, coagula et diremere». È questa l’equazione che dobbiamo risolvere a tutti i livelli, a partire da quello locale. Il Lazio su questo fronte deve cambiare paradigma e passare dalle grandi opere inutili, come la Roma-Latina, alle piccole opere utili come la messa in sicurezza delle scuole.

Deve invertire la rotta sul fronte dei rifiuti trasformando radicalmente la logica di gestione passando da quella che li vede come dei costi per la collettività, utilizzando discariche e inceneritori, a quella che li intende come risorsa e ricchezza attraverso la Raccolta porta a porta, il Riuso e il Riciclo. Per non parlare delle formidabili opportunità che tutte le rinnovabili possono offrire, in termini di sviluppo ecosostenibile, di diminuzione dell’inquinamento e di aumento dell’occupazione. Roma deve abbandonare un modello fondato sul cemento, sulla mobilità individuale che oltre a ledere sempre di più le condizioni di vita dei cittadini rappresenta anche un freno anche all’economia. Scendere nel concreto e risolvere i problemi utilizzando al meglio il bagaglio di risorse, conoscenze e buone pratiche che i Verdi possiedono aprendo così una nuova stagione politica per l’Italia, per il Lazio e per tutti i cittadini. Questa deve essere la logica con la quale agire, lasciandoci alle spalle una volta per tutte quella di rimanere fermi guardando costantemente allo specchietto retrovisore. (Terra)

martedì 20 settembre 2011

Questa sera la Città Vecchia parla di rigenerazione

Rigenerazione urbana, housing sociale, partecipazione.

Se ne parla martedi 20 settembre, alle ore 20, in un incontro nell'isola... che c'è.
Al Comitato di Quartiere “Città Vecchia”, c/o Arco Paisiello.


Con la stesura del Documento Programmatico di Rigenerazione Urbana da parte del Comune di Taranto, così come previsto dall'articolo 3 della Legge Regionale n. 21 del 29 Luglio 2008, si dichiara aperta una “nuova” stagione urbanistica per le sorti del capoluogo jonico. Nelle intenzioni, la rigenerazione urbana vuole essere una “sperimentazione” in grado di rinnovare la sostenibilità, la qualità della vita, l'ambiente, le politiche sociali e non per ultime – dato che ne sono sempre una conseguenza - quelle economiche delle aree urbane, con particolare riferimento ai centri storici. Cose che, sulla carta, avevamo già letto su di un altro progetto che recava l'insegna “Urban II” e che forse, non a caso, ritroviamo nel DPRU, insieme alla pianificazione strategica di Area Vasta e degli ambiti di intervento. Una dichiarazione di intenti al momento priva, nella sostanza, di una visione concreta, di progettualità, in altre parole di una chiara definizione di quella che sarà la città di domani. Perchè innanzitutto mancano dalle argute analisi territoriali, gli “attori principali”, ovvero gli abitanti della città vecchia, coloro che hanno un ruolo fondamentale per garantire un progressivo miglioramento della qualità della vita e degli spazi urbani vissuti, i reali “portatori d'interesse”. Ma ciò che forse desta maggior preoccupazione è la superficiale riflessione sull'uso e sulla tutela del patrimonio edilizio e sulla compatibilità delle politiche abitative e di sostenibilità con lo strumento dell'housing sociale, una commistione tra pubblico e privati fortemente sbilanciata verso questi ultimi, che strizza probabilmente l'occhio agli appetiti di una parte dell'imprenditoria locale vocata alla “politica del mattone”, più che a quella partecipazione e dell'inclusione sociale.

Queste, ed altre, saranno le tematiche oggetto di una riunione pubblica che si terrà in Via Paisiello, presso il Comitato di Quartiere “Città Vecchia”, con lo scopo di costituire un “Osservatorio sulle politiche urbanistiche” che, alla presenza degli abitanti del quartiere e con il contributo di tecnici e professionisti locali, analizzerà i processi in atto confrontandoli con quelli, già attuati o ancora in itinere, che stanno interessando i centri urbani di diversi Paesi europei.


Comitato di Quartiere “Città Vecchia”, tel. 099. 4716012
comitato.di.quartiere@email.it
www.comitatodiquartiere.blogspot.com

ENI: bomba ad orologeria?

(AGENPARL) - Roma, 30 set - Pubblicata oggi l’interrogazione parlamentare a prima firma dell’On. Pierfelice Zazzera (IDV) – altri firmatari gli onorevoli Di Stanislao, Piffari e Palagiano– sullo stato di sicurezza della raffineria Eni di Taranto, che a quanto ci risulta non avrebbe adottato il piano di emergenza esterno come previsto dalla legge. In merito il deputato dipetrista precisa “Lo stabilimento dell’Eni è una polveriera alle porte di Taranto in quantoproduce prodotti petroliferi ed usa sostanze altamente infiammabili e tossiche. Secondo quanto prevede il decreto legislativo 334/99il gestore è tenuto a redigere il rapporto di sicurezza e a mettere a norma l’impianto. L’ENI peraltro è adiacente all’ILVA in cui sono stoccati 2750 tonnellate di Ossigeno altamente infiammabile. Insomma tra ENI e ILVA i tarantini oltre a subire gli effetti inquinanti siedono su una dinamite. Il Piano di Emergenza Esterno è finalizzato a proteggere la popolazione da eventuali emergenze industriali provocate da esplosioni o da agenti tossici. Ma la stessa prefettura di Taranto afferma che il Piano di Emergenza Esterno non è stato approvato perché l’ENI non è in regola. L’ENI ha già ricevuto diversi richiami dal Comitato Tecnico Regionale (CTR) al fine di adeguarsi alla normativa e pertanto di dotarsi di un rapporto di sicurezza attraverso delle prescrizioni che ancora oggi, scrive sempre il CTR nel rapporto del 14/07/2011, risultano inevase. Il CTR denuncia inoltre superficialità e carenza di documentazione. Il mancato ottemperamento alle prescrizioni di adeguamento alla normativa, che risalgono al 04/07/2009, come confermato dal CTR sarebbe un fatto gravissimo perché mette a rischio la stessa sicurezza dei cittadini di Taranto e dei lavoratori. Peraltro, - prosegue Zazzera – oltre all’ILVA nei pressi dello stabilimento ENI passa la ferrovia, ci sono strutture produttive ed un laboratorio ospedaliero della ASL. A quanto ci risulta, e da quanto denunciano le associazioni taratine, i cittadini sarebbero all’oscuro di tutto e oltre a non essere adeguatamente informati a Taranto non sono mai state fatte così’ come prevede la normativa esercitazioni in caso di possibile incidente industriale. Taranto, qualora dovesse essere tutto confermato, si troverebbe seduta sopra una polveriera neppure a norma. Ho chiesto quindi al Ministro di far luce sulla questione, chiarendo inoltre se al dicastero dell’Ambiente siano state comunicate le verifiche ispettive relative alle misure di controllo adottate, e se risultino provvedimenti di sospensione di attività come previsto in tali casi dall’art. 27 comma 4 del decreto legislativo 334/99. È fondamentale garantire la sicurezza dei cittadini e chi lavora presso l’ENI. Noi dell’IDV sollecitiamo l’ENI di Taranto a rispettare la Leggee a garantire la sicurezza, altrimenti si renderebbe responsabile anche della chiusura dell’impianto e quindi della perdita dei posti di lavoro”.

Finalmente!

Stop ai rifiuti campani nelle discariche tarantine

Stop ai rifiuti campani nelle discariche tarantine BARI — I rifiuti campani che arrivano in Puglia costituiscono una minaccia ambientale. Non corrispondono ai parametri stabiliti dalle norme. Per questo, la Regione invita i cittadini al «controllo sociale» e diffida le quattro discariche pugliesi per rifiuti speciali a non ricevere il pattume che non sia in regola. In caso contrario, annota l’assessore regionale all’Ambiente Lorenzo Nicastro, potrebbe configurarsi il reato di «traffico illecito di rifiuti».
La Puglia cambia registro. La disponibilità di un anno fa ad accogliere il pattume napoletano non è revocata. Ma ora la giunta alza la voce per chiedere il rispetto delle norme. «Gli amministratori della Campania – tuona Nicastro – e i responsabili di quel che sta succedendo dovrebbero dimettersi». L’assessore incontra i cronisti e riepiloga gli ultimi eventi. Con lui il collega al Bilancio Michele Pelillo, il direttore dell’Arpa Giorgio Assennato e il responsabile scientifico Massimo Blonda. Proprio da un paio di rilievi eseguiti dall’Arpa è arrivata la conferma che i rifiuti campani non sono in regola.
Per capire il perché conviene riepilogare. A dicembre 2010, Campania e Puglia si accordano per il trasferimento di 50mila tonnellate di pattume «trattato». Ossia: rifiuti solidi urbani tritovagliati e separati (l’umido dalla parte secca) in modo che possano essere smaltiti in discariche per «rifiuti speciali». L’accordo non viene rispettato, la Puglia diffida una delle discariche a non accettare il pattume indifferenziato, visto che la legge ne vieta il trasferimento oltre i confini regionali. La società fa ricorso al Tar e i giudici danno ragione alla Puglia. Il Consiglio di stato, a luglio, sospende la sentenza e fissa la discussione di merito al 6 dicembre 2011. Sempre a luglio arriva un decreto legge del governo (in soccorso della Campania), che tuttavia esige l’accordo tra Regioni prima dei trasferimenti. La norma non dispiace alla Puglia, ma il decreto viene mandato su un binario morto e scade il 31 agosto. Siamo al dunque.
La Regione, a settembre, chiede all’Arpa di eseguire dei sopralluoghi, prima della consegna. Vengono svolti il 12 e il 14 settembre alla discarica Italcave di Statte (Taranto). Il primo giorno (tir di «Ambiente srl» di San Vitaliano) vengono individuati «un materasso ancora incellofanato, gomme e fari per auto, cartucce di toner». Il secondo sopralluogo (tir di «Irpinia recuperi srl») si imbatte in un carico di eco-balle. «Sembrava materiale trattato – dice Nicastro – ma aperte le balle, sono stati rinvenuti sacchetti ancora integri di rifiuti urbani». Significa che l’immondizia non è stata trattata, dunque «non corrisponde al codice Cer 19.12.12» che, se rispettato, consentirebbe lo smaltimento in discariche per rifiuti speciali. Inoltre, annotano i dirigenti dell’Arpa, in entrambi i casi mancava la documentazione che attestasse «l’assenza di furani e diossine» e dunque «escludesse la presenza di rifiuti pericolosi».
In pratica, si trattava di rifiuto tal quale. «La Campania – osserva Nicastro – non può pensare di chiudere in Puglia il proprio ciclo di rifiuti». Tanto più che finora sono arrivati 120mila tonnellate di immondizia napoletana. Ben più di quelli concordati a dicembre scorso. L’assessore all’Ambiente chiama i pugliesi «allo slancio collettivo», ad «un rigurgito di dignità per consentire il primo e più indispensabile dei controlli: quello sociale». «Abbiamo la coscienza a posthttp://www.blogger.com/img/blank.gifo – commenta il tarantino Pelillo – e la nostra disponibilità verso la Campania è manifesta. Tuttavia la zona di Statte è una delle più inquinate dell’area industriale tarantina (per la presenza di Ilva, ndr). Ci siamo dati norme per il contenimento dell’inquinamento atmosferico: non possiamo subire l’arrivo di pattume non in regola».
La Regione non può molto. I controlli competono soprattutto a carabinieri e alla polizia provinciale. Ma, intanto, ha diffidato le 4 discariche pugliesi di rifiuti speciali (Blue a Canosa, Vergine a Fragagnano, Italcave a Statte, Ecolevante a Grottaglie) «non ricevere dalla Campania i rifiuti con codice Cer 19.12.12». Per la Regione non corrispondono alla qualità che ne consentirebbe lo smaltimento. Dall’inizio del 2011, ad Italcave sono arrivati e accettati 92 carichi. Altri 22 sono stati respinti e 13 di questi erano campani. La Regione si prepara a trasmettere le informazioni alla procura antimafia di Lecce (competente per materia e territorio) sul traffico illecito di rifiuti. (CdM)

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“Sui rifiuti la Regione arriva in ritardo, ma nel frattempo la Puglia è diventata la pattumiera d’Italia”

BARI. “E’ quantomeno strano che i componenti della Giunta regionale si rendano conto solo oggi che la più grande discarica d’Europa, l’Italcave, sia ubicata nella zona industriale tarantina, ovvero nei pressi dell’Ilva e della sua grande discarica industriale. Purtroppo la loro presa di coscienza arriva in netto ritardo, visto che per loro stessa ammissione, 180mila tonnellate di rifiuti di ogni specie sono state già riversate nelle discariche pugliesi ed in particolare in quelle ioniche. In dispregio, peraltro, alla disposizione che imponeva alle stesse di accogliere solo rifiuti selezionati e trattati”.
E’ l’opinione di Aldo Pugliese, Segretario Generale della UIL di Puglia e di Bari, in seguito alla conferenza stampa dell’Assessore Regionale all’Ambiente Nicastro e dell’Assessore al Bilancio, Pelillo, che hanno annunciato una diffida nei confronti delle quattro principali discariche Pugliesi (Vergine, Italcave, Ecolevanhttp://www.blogger.com/img/blank.gifte e Canosa) ad accettare rifiuti provenienti dalla Campania aventi codice 191212.
“Dati forniti da associazioni ambientaliste nazionali – continua Pugliese – hanno chiarito come la Puglia sia ormai sul podio delle regioni con più alto tasso di discariche, specie abusive. Non a caso, negli ultimi anni abbiamo sollecitato più volte la Regione ad evitare che ben dieci regioni, non solo la Campania, trasformassero la Puglia nella pattumiera d’Italia riversando sul nostro territorio tonnellate su tonnellate di rifiuti, a volte di dubbia composizione. Allo stesso modo abbiamo chiesto fino alla nausea di vigilare puntigliosamente sulle lunghe carovane di Tir provenienti da ogni dove. La politica dello struzzo – conclude il Segretario Generale regionale della UIL – non porta da nessuna parte. Così come il barbaro utilizzo delle discariche. Ci auguriamo che si cominci a segnare un cammino che porti a strade alternative, in primis quella del riciclaggio, risolvendo una volta per tutte la problematica dei rifiuti solidi urbani e di quelli tossici e nocivi”. (Giornale di Puglia)

lunedì 19 settembre 2011

Stefano: un quaquaraquà coi baffi!


E' il Sindaco o un Avatar?
"scrivi al Sindaco, il Sindaco è su Facebook".........questo cari amici è quello che si legge sul sito del Comune di Taranto.

Altamarea evidentemente non aveva tenuto conto che il Sindaco è sin troppo su Facebook e sin troppo poco nel suo Ufficio.
Sarà questo il motivo per cui il SIndaco risponde ai post su Facebook ma non alla richiesta che Altamarea gli ha inviato il 26 agosto 2011 con tanto di raccomandata con ricevuta di ritorno nonchè in forma di lettera aperta pubblicata sui principali quotidiani locali.
Quella lettera aveva come titolo "STEFÀNO HA TRADITO I CITTADINI IONICI" e riguardava per l'appunto il comportamento, da noi ritenuto ondivago, dimostrato dal Comune di Taranto nella istruttoria relativa al procedimento A.I.A.
Non ci risulta che alcun cittadino ionico abbia ricevuto alcuna spiegazione al "tradimento" di cui Altamarea accusava il Sindaco, certamente non noi di Altamarea.
Ebbene, grazie al post pubblicato da Rosella Balestra di Donne per Taranto, leggiamo che........" il Comune di Taranto ed il Comune di Statte sono stati gli unici ad esprimere parere contrario"....... ed ancora "....siamo stati messi in minoranza e le nostra posizione è stata prevaricata dagli altri si".
Detto questo abbiamo quindi imparato innanzitutto che, se vogliamo una risposta dal nostro Sindaco, non abbiamo altra strada che rivolgerci a lui sulla bacheca di Facebook ma ci restano altri dubbi:
- di chi sono stati gli altri sì che hanno messo in minoranza il nostro Sindaco?
- anche il Ministro Prestigiacomo puo ritirare una copia del verbale presso l'Ufficio Ambiente del Comune? Ci piacerebbe infatti comprendere se il Ministro abbia ben inteso quanto il nostro Sindaco dichiara su Facebook visto che il Decreto autorizzativo Ministeriale con cui viene rilasciata l'Autorizzazione Integrata Ambientale recita testualmete a pagina 11 di 19 "....rilevato che il Sindaco del Comune di Taranto non ha formulato per l'impianto specifiche prescizioni ai sensi degli articoli 216 e 217 del Regio Decreto del 27 luglio 1934 nr. 1265?
- nessuna presunta maggioranza avrebbe potuto impedire al Sindaco di formulare tali prescrizioni e far prevalere il proprio presunto parere contrario;
- ed in ultimo, se il Comune di Taranto ha espresso parere contrario perchè il Sindaco Stefàno ha rilasciato il 5 Luglio 2011 le seguente TESTUALE dichiarazione congiunta con il Presidente della Provincia Florido?:

"Quella odierna è una giornata storica. Il rilascio dell'Autorizzazione Integrata Ambientale all'Ilva di Taranto segnaun decisivo passo in avanti nei rapporti tra stabilimento siderurgico, istituzioni locali e popolazione ionica. Con il concorso di tutte le parti in causa, siamo riusciti ad ottenere limiti emissivi più bassi tramite l'adozione dellemigliori tecnologie esistenti a tutela della salute dei tarantini e con il raggiungimento del primario obiettivo diabbattere drasticamente i fattori inquinanti. Con il rilascio dell'Aia, la Regione Puglia insieme alle associazioni ambientaliste e le forze sociali, il Comune e la Provincia di Taranto segnano un importante punto a favore nella battaglia di civiltà tesa a coniugare ambiente, salute dei cittadini e difesa del lavoro".
E proprio con riferimento alla palese contraddizione tra le due diverse dichiarazioni, a questo punto ci sorge un ultimo dubbio piu' amletico ma forse oseremmo dire...... kafkiano:

quello su Facebook il nostro vero Sindaco o un Avatar, lo stesso Avatar, ormai irriconoscibile, della campagna elettorale a cui molti Tarantini nel 2007 hanno creduto?

ALTAMAREA (Dalla bacheca di facebook)
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Rosella Balestra (dalla bacheca di facebook)

E in altre zona viene NEGATA l'AIA grazie alle prescrizioni presentate da AMMINISTRATORI e POLITICI
"grazie ad un pronunciamento unanime del Consiglio comunale supportato con decisione dal Comune e ribadito oggi, per voce dell’Assessore all’Ambiente Leonardo Roscioni che, a supporto del dissenso già manifestato nei mesi scorsi dalla massima assise cittadina ha consegnato all’attenzione della Conferenza, così come richiesto per legge, anche una prescrizione specifica del Sindaco Moscherini"

Niente autorizzazione Aia, il quarto gruppo di Tvs va smantellato - Centumcellae News
www.centumcellae.it

CIVITAVECCHIA – Il quarto gruppo di Torre Valdaliga Sud deve interrompere il suo esercizio ed essere smantellato. Questo il verdetto della Conferenza dei Servizi svoltasi questa mattina a Roma presso il Ministero dell’Ambiente per esprimersi sull’autorizzazione Aia di Tvs, su cui è giunto un severo ...

La risposta di Stefàno:
"Certamente vi hanno riferito cose non vere. Il Comune di Taranto e il Comune di Statte, sono stati gli unici ad esprimere parere contrario. Siamo stati messi in minoranza e la nostra posizione è stata prevaricata dagli altri si. Siamo in grado di mostrare, con il verbale della riunione romana, che la vostra informazione è errata. La copia del verbale è a vostra disposizione presso l'Ufficio Ambiente del Comune."

domenica 11 settembre 2011

Il lupo perde il pelo... ma non il fumo!

Di nuovo «nuvole rosse» dall’acciaieria dell’Ilva

TARANTO - È di nuovo allarme slopping, le nuvole rosse dell’acciaieria Ilva finite nel mirino dei carabinieri del Noe (Nucleo operativo ecologico). È stato ancora il tam-tam fotografico delle «ecosentinelle» sui social network, ieri, ad «avvisare» la cittadinanza che, intorno alle 13, si era nuovamente verificato un consistente fenomeno di emissione di fumi rossi.
Lo scorso luglio i militari dell’Arma, in una relazione alla magistratura, chiesero il sequestro degli impianti siderurgici annoverando proprio quel tipo di emissioni tra le anomalie che genererebbero il reato di emissioni non autorizzate in atmosfera. Lo slopping, secondo il direttore generale dell’Arpa, Giorgio Assennato, non comporta emissioni inquinanti particolarmente pericolose, ma contenendo minerale ferroso può incidere su alcune affezioni come l’asma.
Sempre ieri è tornato a far sentire la sua voce il comitato «Donne per Taranto». In una nota ha polemizzato sulla campagna di comunicazione avviata dall’Ilva. «È centrata sul tema dell'impegno. In particolare, quello verso l'ecocompatibilità che l'azienda avrebbe dimostrato di aver attuato nell'ultimo anno (ma che, al di là dei dati e dei numeri che sciorinano alla città, è molto ben distante dal parametro per noi fondamentale e imprescindibile che è la salute)». Il comitato parla di «un'autocelebrazione nei confronti di una gente che si vede ammalare e morire; di un territorio gravato nella sua economia e identità da ben tre ordinanze di divieto che riflettono la realtà e spengono la speranza: accesso alle aree a verde nel quartiere Tamburi, che non ci risulta affatto nè ritirata nè applicata, ma piuttosto "pasticciata"; divieto di pascolo nei 20 km intorno all'area industriale e mitilicultura nel primo seno del Mar Piccolo, con danni incalcolabili agli allevatori e ai mitilicoltori oltre che alla nostra economia locale e alla nostra storia».
Secondo «Donne per Taranto» l’iniziativa dell’Ilva è «lo schiaffo su una ferita aperta. Ci appare una grottesca estremizzazione della parodia di interventi a favore della comunità tarantina che l'industria pesante sta a gran voce pubblicizzando e alla quale i nostri amministratori, insieme anche a qualche esponente della cultura, stanno ingenuamente (?) ed entusiasticamente abboccando. Ci preme sottolineare, ancora una volta, qualcosa che risulterebbe ovvio a qualunque bambino: così come non ci può essere lavoro senza vita e salute, non ci può essere sport, musica, area verde (magari contaminata e non fruibile come quella dei Tamburi? Oppure si, perchè meno prossima ai veleni?), nè una viabilità più efficiente, nè altri miraggi di una qualità della vita migliore, in assenza di questo presupposto irrinunciabile: le condizioni ambientali inalienabili e fondamentali alla tutela della salute e alla salvaguardia del territorio. Tali condizioni, evidentemente, non ci sono. E non ci saranno - aggiunge il comitato - al di là dei proclami, fino a quando la realtà, anche economica, di Taranto rimarrà soffocata dall'industria che la attanaglia e le fa perdere "vita". Va rivendicato un impegno da parte dei nostri amministratori ancora troppo assenti: l'assolvimento dei compiti a tutela della salute dei cittadini. Obblighi sanciti dalla legge, ma riteniamo, ancor prima "morali"». (GdM)

Una riunione di Altamarea

AltaMarea domani decide il suo futuro

Altamarea domani sera decide il suo futuro. L’appuntamento è per le 18, nel salone del Centro Giovanile Universitario, in via Viola. L’assemblea generale dovrà eleggere il nuovo Consiglio composto da 21 persone. Il “parlamentino” successivamente nominerà i sette componenti del direttivo che eleggeranno il nuovo presidente.
Il sodalizio ambientalista, attualmente, è guidato da Biagio De Marzo cui toccherà aprire i lavori. «Si tratta di un appuntamento importante – sottolinea – non solo per l’elezione del Consiglio e la conseguente costituzione degli organi previsti dallo statuto, con l’assegnazione dei vari incarichi, ma anche perchè sarà occasione per relazionare su tutto quanto è stato fatto e sui risultati ottenuti in questi mesi ed ancor di più per parlare delle prospettive e degli obiettivi futuri».
E’ questo, infatti, l’aspetto su cui si concentrerà la maggiore attenzione e, intorno al quale, probabilmente, si svilupperà il dibattito. Già nei mesi scorsi, a conclusione della vicenda Aia Ilva, AltaMarea aveva lasciato intendere di voler percorrere altre strade. Sul “che fare” si sono svolti anche una serie di incontri tra le anime dell’ambientalismo ionico nel tentativo di giungere ad una linea condivisa. Nonostante gli sforzi, le divisioni restano, anche se le associazioni hanno tacitamente sancito tra loro un patto di non belligeranza. Domani AltaMarea chiama a raccolta il suo popolo: i circa 250 iscritti ma anche simpatizzanti e quanti, in ogni caso, si sentono idealmente vicini alle battaglie sostenute dall’associazione. Un percorso cominciato trionfalmente a novembre del 2009 con la marcia dei trentamila che costrinse il Consiglio regionale ad approvare la legge antidiossina. Non fa mistero dell’importanza del momento Luigi Boccuni che interverrà dopo la relazione del presidente. «A mio modo di vedere – dice - abbiamo il dovere morale di illustrare al popolo di Altamarea cosa abbiamo in mente: è arrivato il momento di coagulare intorno a noi quanta più gente possibile, desiderosa di provare a cambiare i destini della nostra amata città e dei suoi figli. Ci siamo assunti la responsabilità di consegnare una prospettiva degna alle future generazioni e allora mi appello alla coscienza di tutti affinchè possiamo in questa fase dare quel qualcosa in più, ognuno nel suo piccolo. La nostra assemblea è aperta a tutti ed a costo di avere problemi logistici chiediamo di partecipare a tutti i cittadini che condividono le nostre battaglie. Sarebbe il primo passo per uscire dalle nostre stanze e far vedere con i numeri che abbiamo le potenzialità per ambire ad un progetto così elevato. Sarebbe inoltre una spinta importante anche per noi stessi, per pensare che ce la possiamo fare davvero. Vogliamo trasmettere alla gente l’entusiasmo e la voglia necessarie per credere fermamente alla meravigliosa utopia che abbiamo in testa».
AltaMarea, quindi, dopo aver acceso il movimento ahttp://www.blogger.com/img/blank.gifmbientalista e dopo essere stata la spina dorsale delle battaglie contro l’inquinamento in questi anni, cambia veste. O per lo meno ci prova chiamando a raccolta il suo popolo e chiedendone il sostegno. Una scelta che farà, sicuramente, discutere e che animerà il dibatitto cittadino nei prossimi mesi. (CdG)

sabato 10 settembre 2011

Cozze. Col senno di poi...

COMUNICATO STAMPA

Recentemente Fabio Matacchiera è intervenuto sull'emergenza diossina in mare rompendo un silenzio che si era imposto da gennaio.
Anche io, con lui, interrompo il mio silenzio per dichiarare che i fatti ci hanno dato ragione.
Sette mesi fa in una conferenza stampa vennero presentati i dati delle analisi di laboratorio compiute su frutti di mare raccolti dal fondale del primo seno del Mar Piccolo.
Quelle analisi, commissionate dal Fondo Antidiossina Taranto, costituivano un campanello di allarme in quanto venivano superati i 13 picogrammi di diossina e pcb per grammo di peso fresco. Era un valore molto alto (il limite di legge è 8). Con quella conferenza stampa volevamo evidenziare la necessità di circoscrivere e recuperare le aree a rischio per salvare la mitilicoltura a Taranto e bloccare ogni eventuale nuovo inquinamento a danno del Mar Piccolo e delle attività dei mitilicoltori.

Fabio Matacchiera fu oggetto di un attacco senza precedenti.
Alcuni esponenti del mondo politico si accanirono in modo indecoroso verso di lui, senza avere un solo dato scientifico in mano.
Inutile dire che la stessa sgradevole esperienza l'ho subita anche io.
Sembrava che il problema non fosse chi inquinava ma chi rivelava i dati sull'inquinamento.
Eravamo diventati i nemici della città per il solo fatto di aver diffuso correttamente dei dati di laboratorio sui frutti di mare di fondale, dati che poi la Asl ha confermato anche per le cozze di allevamento.
Tutto quello che abbiamo presentato nella conferenza stampa di gennaio è stato confermato dalla Asl e ora la magistratura indaga anche sulle cozze e su chi le ha inquinate.
La diffusione di quei dati era un campanello d'allarme per una classe politica che avrebbe dovuto difendere il Mar Piccolo come il gioiello della città.
Per lunghi mesi abbiamo invece subito l'esilio civile per aver documentato che nei fondali di una parte del Mar Piccolo c'era diossina.
Il pericolo non era chi inquinava ma chi parlava!
Una cupa sensazione di paura ha segnato questi mesi difficili. I diritti di espressione sono stati messi a rischio.
Tuttavia, come ha detto Fabio Matacchiera, il tempo e i fatti ci hanno dato ragione. Hanno anzi aggravato l'emergenza. Un'emergenza che viene da lontano, dall'incuria e dallo scempio ambientale.
I politici che ci hanno attaccato, illudendosi di conquistare facili consensi fra i mitilicoltori, cosa hanno fatto per difendere la città e il nostro mare? Ancora oggi non hanno trovato una soluzione per le aree da destinare alla coltivazione dei mitili. Ben comprendo quindi la rabbia dei mitilicoltori, ai quali esprimo la mia solidarietà e il mio appoggio perché la sitazione venga sanata con un intervento straordinario.
Occorre un'alleanza fra tutti coloro i quali sono stati danneggiati dalla diossina e dall'inquinamento. Occorre un'alleanza fra gli allevatori a cui sono state abbattute le pecore e i mitilicoltori a cui è stato tolto il cuore produttivo del Mar Piccolo, il primo seno.
Dobbiamo avviare una nuova "Vertenza Taranto" per ottenere il risarcimento per tutti i danni subiti.
Lo Stato deve indennizzare subito tutti i danneggiati, garantendo loro finanziamenti agevolati per avviare nuove attività economiche.
La Magistratura dovrà indagare per condannare e far pagare, con gli interessi, chi ha inquinato.
Confido nella Magistratura affinché a Taranto venga applicato ancora una volta il principio che "chi inquina paga".

Alessandro Marescotti, PeaceLink

venerdì 9 settembre 2011

Sicurezza e l'ambiente all'Ilva? Questione di marketing!

L'Ilva di Taranto si 'impegna' con Cayenne
Al via la nuova campagna

Saranno quattro i temi della nuova campagna firmata da Cayenne per l'Ilva di Taranto. La comunicazione realizzata per l'autunno 2011 mette al centro l'impegno. L'impegno che lo stabilimento siderurgico di Taranto e i suoi 11.500 lavoratori ha profuso per raggiungere due importanti obiettivi: la sicurezza sui posti di lavoro e una più efficace ecocompabitibilità. La nuova campagna di comunicazione per l'anno 2011 sarà 'on air' da oggi e per tre settimane su tutti i principali quotidiani, televisioni e radio locali. (Pubblicitaitalia)

Truffa all'Ilva... Perizia conclusa.

Ilva, truffa da tre milioni
Sotto accusa dipendenti e imprenditori

TARANTO -L’Ilva pagò forniture gonfiate: «Stangata da tre milioni di euro». Il consulente della Procura ha concluso il lavoro peritale ed ha consegnato il fascicolo. L’Ilva sarebbe stata raggirata da accordi fraudolenti stretti da suoi dipendenti con società di forniture di materiale, il cui valore sarebbe stato «gonfiato» ad arte ben oltre il valore reale. Sott’accusa ci sono imprenditori e dipendenti infedeli. Un’altra inchiesta, aperta dal procuratore aggiunto dottor Pietro Argentino, come è noto, riguarda il complesso dei rapporti commerciali della società siderurgica anche sul fronte delle acquisizioni di ferro provenienti dalle demolizioni industriali, in cui sono indagati classificatori del siderurgico e imprenditori (Quotidiano)

giovedì 8 settembre 2011

Ilva di Bagnoli: a che punto siamo?

Dopo la fabbrica, il nulla: la mia Bagnoli sta morendo

Quando la passerella assume il colore della ruggine, sul lungomare azzurrino dalla sabbia avvelenata spunta un guard rail. La deviazione stradale è segnalata così: con quel nastro di ferro che ovunque fascia l’autostrada ma qui, a Napoli, avvolge la Grande Incompiuta.

La fabbrica, uno spazio chiuso, il vuoto dentro. Proprio a causa dell’arenile inquinato da quasi un secolo d’industria, la riqualificazione di un tratto di costa è rimasta in sospeso. Da completare la bonifica della spiaggia per procedere all’ultimazione dei lavori: nell’attesa, è scattata la soluzione d’emergenza, il guard rail-paradosso, d’alto impatto visivo e simbolico. Passa, per così dire, attraverso questa strettoia, tra il passato operaio e il formidabile futuro promesso, l’anima precaria di Bagnoli, oltre alla mia giovinezza e la delusione giovane.

La Coppa America ha appena imboccato la rotta di Venezia, lasciando (per ora) inviolato un campo di regata dal suggestivo quanto singolare orizzonte d’archeologia industriale. Ma queste occasioni perdute non sono rimpiante da Assise e comitati civici che chiedono, piuttosto, che sia completata la riqualificazione dell’ex area siderurgica, puntando su recupero di ambiente e vivibilità. Quel che resta ancora da scrivere, in questo viaggio nel quartiere dalle mute sirene. Gi allarmi squillanti nella notte scandivano infatti il ritmo dell’altoforno: sino a qualche lustro fa richiamo per le tute blu, silenzio oggi condiviso nella memoria.

Fondi e ritardi. Chiusa nel 1993, l’Italsider rimane incastonata tra i palazzi in stile liberty. Da prezioso simbolo dell’acciaieria italiana, storia anche densa di tragedie (come dimenticare le morti sul lavoro) a totem inossidabile nell’attesa di restituire un’anima al quartiere. «A Bagnoli la bonifica è stata finanziata con 259 milioni di finanziamenti, a partire dal 1994: cifra ragguardevole, ma i risultati sono scarsi e i ritardi terribili, per evidente inadeguatezza ai vari livelli istituzionali, di competenze e responsabilità» è il richiamo già lanciato attraverso Panorama dal presidente dell’istituto italiano per gli studi filosofici, Gerardo Marotta, voce di rilievo internazionale nel segnalare i problemi di Napoli. Come dargli torto: 350 milioni di lire, in principio i fondi statali assegnati a Bagnoli spa, del gruppo Iri. Poi, con il piano approvato dal ministero dell’Ambiente nel novembre 2006, per la bonifica sono stati stanziati 107 milioni, di cui 75 da parte dello Stato, 15 dalla Regione e 17 da Bagnolifutura. Ne sono stati spesi oltre 60, ma alle lungaggini in quest’intervento si è aggiunto lo stop ai lavori per la realizzazione delle opere pubbliche - chiarisce la società partecipata del Comune, provocato dal blocco dei fondi europei deciso dal governatore Caldoro, a settembre 2010, per chiarire progetti e costi dopo la violazione del patto di stabilità che s’era avuta con il governo Bassolino.

Bonifica e amianto. Tutto, o quasi tutto, è da inaugurare. Da bonificare il 30 per cento dell’area, termine delle attività fissato entro l’anno prossimo per la rimozione del pericoloso asbesto. Nell’area ex Ilva, soprattutto nella zona denominata “ex campo americano”, ne sono state smaltite circa 15.800 tonnellate. Nell’area ex Eternit, dove l’intervento è in corso, sono state raccolte 42.700 tonnellate di materiali. Per Bagnoli Hub, il nuovo centro di servizi al turismo di Napoli - prima struttura dell’area occidentale dedicata al leisure, al benessere, alla cultura e all’intrattenimento, pesa invece l’altolà nel collaudo: l’impresa che ha l’opera in appalto vanta crediti per 7 milioni da Bagnolifutura che, a sua volta, ne avanza oltre 11 dalla Regione.

Opere e debiti. Verdi le casse anche per il parco dello sport: 25 ettari, con una forma a tre crateri che riprende la morfologia tipica dei Campi Flegrei. L’azienda è creditrice di circa 10 milioni (e Bagnolifutura ne deve avere 4 dalla Regione). Così per accedere all’acquario tematico: c’è da attendere il completamento della strada e la ditta appaltatrice avanza 3 milioni. Senza parlare dei debiti, e quindi dei mutui, circa 76 milioni, accesi dalla società partecipata per assumere il possesso dell’area e portare avanti il cronoprogramma di interventi. Con interventi che scontano, appunto, difficoltà a effetto domino.

Più indietro il progetto degli Studios, centro multimediale fermo per il blocco dei finanziamenti. Più controversa la destinazione dei terreni da cedere ai privati. Una prima gara d’appalto è andata deserta, la seconda è in corso. Scadenza il 30 ottobre prossimo, ma potrebbe essere disposta una proroga, per volontà del sindaco, secondo indiscrezioni che circolano a Palazzo San Giacomo, per introdurre tra le condizioni del bando una quota di edilizia popolare.

Cemento e barche. La vendita dei suoli è per 35.000 metri quadri: il 65%, questa la previsione iniziale, da destinare alla costruzione di alloggi e il 35% di uffici e negozi. Con una variante da poco indicata passano, però, da 1200 a 1800 le case da realizzare; mentre la quota allo studio, riservata all’edilizia popolare, sarebbe del 10%. Non di competenza di Bagnolifutura, le aree demaniali, altra questione aperta. Ad aprile 2011 il Consiglio di Stato ha annullato la gara per la realizzazione del porto turistico: bando di gara per l’affidamento della concessione giudicato irregolare perché non adeguatamente pubblicizzato.

Spiagge e colmata. L’arenile ai veleni, contaminato dagli scarti delle lavorazioni industriali, è stato in parte ripulito attraverso la parziale sostituzione della sabbia e resta da realizzare la bonifica dei fondali. Al progetto è collegata la rimozione della colmata dal mare, circa un terzo da eliminare per completare il porto turistico. Oltre due 30 mesi di lavori previsti per quest’operazione, già finanziata mentre un piano più articolato è al centro del programma elettorale del neoeletto sindaco de Magistris e della battaghttp://www.blogger.com/img/blank.giflia di Assise e comitati ambientalisti. Lungo tira e molla. In base all’accordo di programma Bagnoli-Piombino del dicembre 2007 da 115,6 milioni, di cui 100 assicurati dal Ministero dell’ambiente e 15,6 dalla Regione Campania, la colmata si sarebbe dovuta eliminare del tutto, trasportando via mare i materiali a Piombino.

Ma i fondi oggi non bastano. Così il destino di Bagnoli appare ancora sospeso. Simbolo imperfetto, quel guard rail che in autostrada avverte di rallentare, ma qui, sul lungomare dei contrari, dovrebbe spingere piuttosto ad accelerare i progetti. Per far correre anche i desideri. Prima che si arrugginiscano anche quelli. (Maria Pirro - Panorama.it)

mercoledì 7 settembre 2011

Giunta e regione comuniste serve dei palazzinari!

Taranto, anche affari immobiliari intorno al progetto del San Raffaele
di Massimiliano Scagliarini

Aspettando che la tavola venga apparecchiata, i commensali hanno già preso posto. E, per ora, pregustano: con l’operazione San Raffaele del Mediterraneo, infatti, a Taranto potrebbe partire la più grande operazione immobiliare del dopoguerra. Intorno all’area su cui dovrebbe sorgere l’ospedale negli ultimi 12 mesi sono già passati di mano, con modalità che la «Gazzetta» è in grado di documentare, oltre 6 ettari di suoli edificabili. Che sommati ai 15 ettari interessati dalla variante urbanistica e ad almeno altri 60 di proprietà dell’Ilva, quasi tutti destinati a case, conducono a un business da qualche centinaio di milioni di euro.
Ma che c’entra il nuovo ospedale San Raffaele con gli appartamenti? Nulla, appunto. Tuttavia la variante, che gli uffici della Regione stanno esaminando in queste settimane, è la scintilla che può innescare una reazione a catena: aree fino ad oggi abbandonate e inutilizzabili, nella difficile zona del «Paolo IV», saranno trasformate in un quartiere di lusso con ville e palazzine basse. Moltiplicando per cinquanta il valore dei suoli vicini, già tutti pronti per essere trasformati.
Al centro di questa storia c’è la Fintecna Immobiliare, la società che tre anni fa aveva offerto al Comune di Taranto di cedere gratuitamente le aree per costruire il nuovo ospedale. Gratuitamente, sì, ma in cambio della variante urbanistica con cui diventano edificabili gli altri 15 ettari che Fintecna possiede giusto a pochi passi dal San Raffaele. I costruttori tarantini, naturalmente, non sono rimasti a guardare. E hanno bussato alla porta della società pubblica, che tra marzo e novembre del 2010 ha ceduto altri 6 ettari di aree edificabili.
I primi 2,8 ettari se li è aggiudicati in marzo Mario De Sarlo, un imprenditore edile che negli ultimi tempi ha diversificato nel fotovoltaico. Il resto, a novembre, è andato a Paolo Ruta, il costruttore che sta tirando su Taranto 2, con ottime amicizie trasversali che partono però dal centrodestra. In totale Fintecna ha incassato un milione e duecentomila euro, vale a dire circa 20 euro al metro cubo: contro un prezzo di mercato che si aggira sui 50.
Parliamo, per intenderci, di aree per 200 appartamenti, che sommati ai circa 200 previsti grazie alla variante portano già a immaginare un nuovo quartiere destinato a un target medio-alto. Un business da 20-30 milioni di euro. Noccioline, se si allarga un po’ lo sguardo. Perché la gran parte dei suoli nella zona intorno al nuovo ospedale, parliamo di oltre 60 ettari, sono già da decenni destinati a ospitare case. Solo che fino ad ora non conveniva.
Il tesoretto è di proprietà dell’Iclis, sigla che significa Istituto per la casa dei lavoratori siderurgici: è una «società a responsabilità illimitata» (come si usava un tempo) che i padroni delle ferriere costituirono ai primi del ‘900. Oggi l’Iclis si è trasformata in una cooperativa che fa capo al gruppo Riva, quelli dell’Ilva, ed ha in pancia praticamente metà delle aree del quartiere Paolo VI, acquisite cinquant’anni fa quando l’acciaio era un industria di Stato. Erano terreni destinati a ospitare le case popolari per gli operai, ma ne è stata realizzatahttp://www.blogger.com/img/blank.gif solo una piccolissima parte. Se l’operazione San Raffaele andrà in porto, le aree varranno sul mercato non meno di 30 milioni di euro.
A chiudere il cerchio c’è il fatto che, giusto alcune settimane fa, Fintecna Immobiliare ha messo sul mercato un altro pezzettino del suo sterminato patrimonio: l’ex centro direzionale dell’Ilva che si trova giusto al di là della statale rispetto all’area del San Raffaele. Sono oltre 100mila metri quadrati, con quattro vecchi edifici abbandonati dal 1990 che però non traggono in inganno un occhio esperto. Su quell’area, piano regolatore alla mano, si possono realizzare non meno di 280mila metri cubi di direzionale, case e uffici in torri alte fino a 15 metri. Fanno, in termini economici, circa 50 milioni di euro, un investimento talmente importante da aver attirato l’attenzione dei gruppi nazionali. Un altro tesoretto che è stato nascosto sotto la polvere per vent’anni, aspettando un’occasione che si chiama ospedale. (GdM)

martedì 6 settembre 2011

Un interessante parallelo...

Progresso...

Ore 13.20: diluvio a Taranto!

Ecco alcune immagini degli effetti di un potente acquazzone sulle strade di Taranto.
Fiumi in piena, black out di elettricità e linee telefoniche, traffico bloccato, pedoni a mollo...

lunedì 5 settembre 2011

Buon lavoro!!!

Inquinamento dall'Ilva periti al lavoro per le emissioni

Tornano oggi al lavoro i periti incaricati dal giudice per le indagini preliminari Patrizia Todisco di svolgere l’incidente probatorio sulle emissioni dell’Ilva, così come chiesto dal procuratore capo Franco Sebastio, dall’aggiunto Pietro Argentino e dal sostituto Mariano Buccoliero.
L’ultima riunione risale al 2 luglio scorso. In quella occasione erano inziate le operazioni peritali a Roma, negli uffici del dipartimento di Epidemiologia della Regione Lazio, dove proseguiranno quest’oggi.
Sono tre i quesiti ai quali dovranno rispondere il professor Annibale Biggeri, docente ordinario all'università di Firenze e direttore del centro per lo studio e la prevenzione oncologica, la professoressa Maria Triassi, direttore di struttura complessa dell’area funzionale di igiene e sicurezza degli ambienti di lavoro ed epidemiologia applicata dell’azienda ospedaliera universitaria «Federico II» di Napoli, e il dottor Francesco Forastiere, direttore del dipartimento di Epidemiologia, ASL Roma. Eccoli: quali sono le patologie interessate dagli inquinanti, considerati singolarmente e nella loro interazione, presenti nell’ambiente a seguito delle emissioni dagli impianti industriali in oggetto? Quanti sono i decessi e i ricoveri per tali patologie per anno, per quanto riguarda il fenomeno acuto, attribuibili alle emissioni in oggetto? Qual è l’impatto in termini di decessi e di ricoveri ospedalieri per quanto riguarda le patologie croniche, che sono attribuibili alle emissioni in oggetto?
Il professor Forestiere ha sviluppato un progetto di lavoro che riguarda gli effetti delle emissioni dell’Ilva sulla popolazione e sui lavoratori, con la raccolta di tutta la letteratura scientifica riguardante la situazione di Taranto. L’incontro odierno servirà a far partire l’analisi dei dati sinora disponibili. La Provincia di Taranto ha nominato quale proprio consulente il dirigente il dottor Fernando Graziano, gli allevatori il medico Emilio Gianicolo, il Comune di Taranto il professor Benedetto Terracini e la dottoressa Mariangela Bisotti, l’Ilva la dottoressa Eva Negri. Parti lese erano state individuate anche il ministero dell’Ambiente, la Regione Puglia ma anche sinora nessun rappresentante di questi due enti è comparso alle udienze.
Al lavoro dal 2 dicembre del 2010 ci sono, invece, i precedenti periti nominati dal gip (il chimico industriale Mauro Sanna, il funzionario dell’Arpa Lazio Rino Felici, il chimico Roberto Monguzzi, l’ingegnere chimico Nazzareno Santilli), l’ingegnere Antonio Carrozzini (nominato dagli avvocati Carlo e Claudio Petrone, costituitisi per conto della Provincia), il dottor Stefano Baccanelli e il dottor Vincenzo Cagnazzo (nominati dall’avvocato Sergio Torsella, legale di otto allevatori parti lese), la dottoressa Daniela Spera (nominata dall’avvocato Maria Teresa Mercinelli, costituitasi per conto di un nono allevatore).
Disastro colposo e doloso, avvelenamento di sostanze alimentari, omissione dolosa di cautele contro gli infortuni sul lavoro, danneggiamento aggravato di beni pubblici, getto e sversamento di sostanze pericolose, inquinamento atmosferico sono i reati per i quali sono indagati Emilio Riva, 84 anni, presidente dell’Ilva spa sino al 19 maggio 2010, Nicola Riva, 52 anni, presidente dell’Ilva dal 20 2010, Luigi Capogrosso, 55 anni, direttore dello stabilimento Ilva, Ivan Di Maggio, 41 anni, dirigente capo area del reparto cokerie, Angelo Cavallo, 42 anni, capo area del reparto Agglomerato, tutti difesi dagli avvocati Francesco Mucciarelli, Egidio Albanese, Adriano Raffaelli, Tullio Padovani, Francesco Perli e Cesare Mattesi. Gli esiti della maxi-perizia saranno discussi nell’udienza già fissata dal gip Patrizia Todisco per il 17 febbraio del 2012. (GdM)

sabato 3 settembre 2011

Salviamo i mari e le "leggendarie" cozze di Taranto

GIORNALISTI D’INCHIESTA VERSUS COMUNICATORI DISINFORMATI
La spinta per dire la nostra sull’inquinamento delle acque marine e sulla drammatica vicenda delle leggendarie cozze di Mar Piccolo è figlia del gran bailamme di commenti e dichiarazioni di amministratori, politici, opinion leader e semplici cittadini accomunati da scarse conoscenze, contrapposto al grande spessore di alcuni recenti articoli firmati da giornaliste e giornalisti tarantini, tutti molto giovani, che non fanno i "velinari" ma i “cronisti” dando, cioè, notizie frutto di ricerca e studio di importanti documenti pubblici finora maldestramente ignorati o addirittura "coperti". Chi fosse interessato a leggere quegli articoli può trovarli facilmente sfogliando le ultime collezioni dei principali quotidiani di Taranto. A quei bravi cronisti ed ai rispettivi direttori va l’ammirato apprezzamento e ringraziamento del popolo di “AltaMarea” e di qualunque altro cittadino che d’istinto sposa e plaude a ogni forma di “pressione” sulle Istituzioni perché si attrezzino meglio per tutelare la salute di tutti e pensino con competenza, generosità e lungimiranza al futuro della città.

UNA PANORAMICA GENERALE

Beneficiando anche di competenze e conoscenze specifiche interne, in “AltaMarea” riconosciamo che in Mar Piccolo l'inquinamento deriva dai reflui urbani e industriali (compresi quelli militari) carichi di sostanze inquinanti, dalle acque basse poco movimentate e dall'innalzamento della temperatura, specie d’estate. Si favorisce così la proliferazione di organismi semplici planctonici e si provoca una diminuzione dell'ossigeno in acqua, una crescita abnorme di alghe e flora batterica, un accumulo di fanghi di fondo da cui fuoriescono anche sostanze tossiche.
L’ecosistema marino generale di Taranto è stato ferito dai liquami cittadini riversati in mare senza trattamenti di depurazione, dalle attività portuali con perdite di greggio e scarichi di sentine, dagli impianti industriali con scarichi di liquidi, fanghi, sversamenti di materie prime d’importazione; da qui la morte di piante superiori e di Posidonia e la difficile sopravvivenza di pesci e mitilicoltura.
Le rilevazioni dei contaminanti presenti nell’area ad ovest di Punta Rondinella (fuori rada), in Mar Grande e in Mar Piccolo, evidenziano l’imponente presenza di inquinanti soprattutto nei pressi degli scarichi industriali e degli insediamenti militari, poi diffusi ovunque anche per il particolare sistema di circolazione delle correnti. Solo le idrovore ILVA prelevano da Mar Piccolo 120.000 mc/ora per i circuiti di raffreddamento e li scaricano fuori rada, complicando l’equilibro dell'ecosistema.
L’elevata temperatura dell’insieme delle acque di raffreddamento scaricate in mare dalle varie industrie tarantine causa altri scompensi nella vita marina. All'innalzamento della temperatura corrisponde un'accelerazione del metabolismo dei batteri con conseguente aumento del consumo di ossigeno e morte degli esseri viventi Si verificano abnormi produzioni di fitoplancton, talvolta con proliferazione di specie tossiche. Il danno alle popolazioni ittiche, che si può verificare anche dopo anni, ne compromette la riproduzione e l’accrescimento, con danni a pesca e allevamenti.
Nei mari di Taranto sono stati trovati anche inquinanti organici persistenti (POP), altamente pericolosi, in particolare i pcb-dossinasimili e vari insetticidi. In mare si trovano spesso coli batteri e batteri fecali da liquami urbani non depurati e convogliati direttamente in mare.
Dall’analisi dei sedimenti marini, risulta che sono presenti: oli minerali (o idrocarburi totali), fenoli e metalli (in particolare l’arsenico). Dalla caratterizzazione delle acque sotterranee in corrispondenza dell’area industriale si apprende che nell’area ENI (nell’acquifero superficiale) si sono riscontrati superamenti dei limiti in diversi punti per la presenza di arsenico, benzene, toluene, etilbenzene e xileni (BTEX), idrocarburi e MTBE (metil-ter-butil-etere ), sostanza quest’ultima che ha proprietà tali da alterare profondamente le caratteristiche organolettiche della qualità delle acque.
Risultano, inoltre, superamenti dei valori di idrocarburi e MTBE nella zona di Punta Rondinella.
Per i pcb le maggiori concentrazioni si ritrovano invece nell’area di Mar Piccolo (1° seno).
Relativamente agli altri composti organici, è da ricordare la presenza costante negli scarichi ILVA di fenoli e alchilfenoli oltre che di dibenzofurano e di dibenzotiofene di provenienza cokerie .
In merito ai metalli, le criticità riguardano tutti i mari ma in particolare Mar Piccolo (1° seno). I metalli più rilevanti dal punto di vista ambientale sono il mercurio e il piombo. Ad ovest di Punta Rondinella (scarichi industriali) si riscontrano elevate concentrazioni di piombo, vanadio e nichel.
Infine, banalmente, ciò che è nell’aria di Taranto inevitabilmente va a finire nei mari di Taranto; nei sedimenti dei fondali marini si trova di tutto, con concentrazioni di mercurio altissime rispetto agli altri mari italiani.
In sintesi, persino l’European Pollution Report individua Taranto come un’area a rischio di contaminazione per quanto riguarda il mercurio, presente nelle immissioni in acqua ed aria.

COSA è SUCCESSO ALLE LEGGENDARIE COZZE DI MAR PICCOLO

Studi sanitari indiscutibili stabiliscono che i mitili coltivati in acque non salubri sono un veicolo di infezioni intestinali, quali epatite virale A, gastroenteriti e febbre tifoide e di accumulo di sostanze tossiche nell’organismo. Gravissimi sono i pericoli per la contaminazione da pcb. Coltivate in acque divenute malsane le leggendarie cozze di Mar Piccolo 1° seno risultano contaminate da pcb.
Le leggi per tutelare coltivatori e consumatori sono: la Direttiva 91/492/CEE che stabilisce le norme sanitarie applicabili alla produzione e commercializzazione dei molluschi bivalvi vivi; il Decreto Legge 30 dicembre 1992 n°530 (comprese modifiche del D.L. 15/3/96 n. 249) che fissa i requisiti microbiologici, biologici, chimici e fisici delle acque destinate alla mitilicoltura e quelli delle acque destinate agli impianti di depurazione. ASL e Amministratori comunali e regionali non possono che attenersi alle leggi! Da tutto questo deriva l’ineludibile divieto alla commercializzazione delle cozze del 1° seno di Mar Piccolo. Urgono interventi di disinquinamento preceduti, ovviamente, dalla razionalizzazione delle reti fognanti, fondamentale soprattutto per Mar Piccolo e Mar Grande.

ALLORA CHE FARE?
In AltaMarea non ci sono “amministratori pubblici” ma solo “cittadini sollecitatori”, fuori da qualsiasi conflitto di interessi ed attenti ai bisogni della collettività nel suo insieme. In quest’ottica presentiamo alla collettività ionica e ai suoi amministratori il nostro contributo di idee.
1. La situazione è gravissima in assoluto con ripercussioni sociali ed economiche comunque pesantissime e dagli sviluppi imprevedibili. E' difficile immaginare che esista una soluzione salvifica e immediata. Affinché tutti se ne rendano conto, serve fornire il quadro d'insieme aggiornato della situazione di fatto dell'inquinamento e delle correlazioni sanitarie riconosciute da organismi internazionali. Quando diciamo "affinché tutti se ne rendano conto", per TUTTI intendiamo scienziati, medici, istituzioni pubbliche, forze politiche, sociali ed economiche, mitilicoltori, cittadini. Per evitare continue e dilatorie discussioni sui risultati delle rilevazioni e delle analisi, tale situazione di fatto dell’inquinamento deve provenire da un organismo scientifico istituzionale che garantisca l'assoluta veridicità dei dati.
2. Assunta e condivisa tale situazione di fatto dell'inquinamento, occorrerebbe muoversi in maniera coordinata su direttrici parallele: A) Interventi di sostegno immediato ai danneggiati (per la sopravvivenza); B) Interventi normativi urgenti per una sorta di "cassa integrazione" a medio lungo termine; C) Progettazione, finanziamento, pianificazione e realizzazione degli interventi di bonifica e risanamento, inclusa ovviamente la cessazione dell'inquinamento, con il conseguente ripristino in Mar Piccolo della situazione precedente in virtù della quale le sue cozze sono diventate un mito; D) Caccia agli inquinatori e risarcimento danni.
3. Riteniamo che il dramma delle cozze di Taranto sia insostenibile se affrontato solo a livello locale. Va affrontato a livello centrale (ad es. con intervento straordinario della Protezione Civile), come se si trattasse di una calamità naturale, un'alluvione, un terremoto. Anche in quelle calamità ci sono sempre gli uomini e le Istituzioni che, con la loro incuria, sprovvedutezza, sottovalutazione e inciuci vari, ne hanno moltiplicato le dimensioni e le conseguenze nefaste.
“Altamarea” è nata contro l’inquinamento e contro gli inquinatori e continuerà a farlo stando sempre al fianco delle incolpevoli vittime di esso e spronando continuamente in tutti i modi possibili le Istituzioni sonnacchiose, titubanti e talvolta tremebonde di fronte alle dimensioni delle situazioni.

Altamarea. Vincenzo Popio e Biagio De Marzo